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 2011  ottobre 04 Martedì calendario

UN GIORNO NELLA REDAZIONE IN TRINCEA CONTRO LA CAMORRA

Al citofono la segretaria si fa ripetere il nome due volte. E preme il pulsante del cancello elettrico solo quando è certa di chi sta entrando. “Fino a ieri aprivamo senza fare troppe domande, ma ora…”. Ora nella sede di Metropolis, il quotidiano capofila dell’area stabiese e torrese dove camorra, disoccupazione e crisi industriale producono un mix micidiale di sopraffazione e degrado, la prudenza non è mai troppa. Sì, il clima è sereno e i giornalisti sono chini sui computer come se nulla fosse accaduto. Ma è ancora fresco il ricordo della visita dei guaglioni della malavita. La sorella di Salvatore Belviso, ras del clan D’Alessandro, imputato dell’omicidio del consigliere comunale del Pd Luigi Tommasino, che bussa all’alba di sabato insieme a due uomini.
IL TONO CORTESE ma fermo, che intimidisce i pochi giornalisti presenti in quel momento. La richiesta di smentire la notizia delle “nozze in carcere del ras pentito” e di far ritirare le copie del giornale. Una curiosa domanda su “dove si trova la tipografia”, che preoccupa chi l’ascolta. Le donne del clan e personaggi ben noti sul territorio che nelle ore successive fanno il giro delle edicole e impongono agli esercenti di tenere ‘o Metropolis nascosto sotto al bancone e di non venderlo “perché ha pubblicato cose false, infamità”.
La conseguente denuncia ai carabinieri del direttore-editore, Giuseppe Del Gaudio. E il ritorno nel pomeriggio della sorella di Belviso, che chiede e ottiene sulla pagina 3   dell’edizione di domenica una trentina di righe per dire la sua: “Salvatore non è pentito, abbiamo chiesto il ritiro di Metropolis dalle edicole per tutelare l’incolumità della nostra famiglia. Anche nei colloqui che abbiamo avuto in carcere con lui, non più tardi di dieci giorni fa, ci ha confermato che non ha deciso di collaborare” . Nella struttura di due piani che ospita la redazione del quotidiano e di Metropolis Tv, l’emittente che rilancia sul digitale terrestre le notizie e le inchieste della testata, i giornalisti hanno discusso a lungo sull’opportunità di offrire ai parenti del boss la possibilità di replicare. Ha prevalso la linea del sì.
IL SINDACO di Castellammare di Stabia, l’ex pm dell’Antimafia Luigi Bobbio (Pdl), che da mesi sta combattendo una sua guerra personale contro questo giornale fino a cancellarlo dalla dalla mailing list dei comunicati, dopo aver taciuto l’intera giornata di sabato ne ha approfittato per sferrare un attacco frontale: “Sarebbe interessante conoscere le reali motivazioni di questa scelta. Questa camorra lurida e stracciona, se l’episodio di intimidazione si fosse svolto nei termini riportati, non avrebbe certamente meritato voce alcuna sulle pagine della parte offesa”.
Del Gaudio si morde le labbra e dice: “Ha perso l’ennesima occasione per stare zitto”. Giovanni Taranto, direttore di Metropolis Tv, è un cronista di nera della vecchia scuola. Riflette ad alta voce mentre impartisce disposizioni ai cronisti: “Li vede? Si continua come sempre. Se abbiamo paura? No, anche se lavorare per anni nel posto in cui si abita, si è noti a tutti, e incontri ogni giorno le persone di cui scrivi, non è facile. Negli anni scorsi mi è stata assegnata la tutela due volte, ad agosto un nostro operatore è stato pestato a sangue durante le riprese di un funerale. Ma se la criminalità pensa che queste cose ci possano far fare un passo indietro, ha proprio sbagliato”.
E LE PAROLE del sindaco? “Abbiamo un codice deontologico che ci impone di pubblicare tutte le notizie, anche quelle che non ci fanno comodo. Secondo la famiglia, Belviso non si è pentito? È un loro diritto affermarlo, è un nostro dovere scriverlo. Non si può decidere a monte cosa si deve scrivere e cosa no, a seconda delle convenienze. Del resto siamo abituati a non tacere nulla. Specie sui casi più scottanti. Siamo l’unica emittente d’Italia che ha chiesto e ottenuto di riprendere integralmente il processo per l’omicidio Tommasino”. Resta il paradosso: minacciati dalla camorra e accusati di essere veline della camorra. Chi risponde? L’autore dell’articolo non firmato che ha scatenato il putiferio, e che vuole restare anonimo: “Chi fa il cronista su questo territorio deve portare la croce del rischio di essere minacciato. Ma non posso tollerare, e mi offende profondamente, che qualcuno possa solo pensare che io e i miei colleghi siamo strumenti nelle mani dei clan che raccontiamo e combattiamo tutti i giorni”.