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 2011  ottobre 05 Mercoledì calendario

FEMMINISTE E PASSIONALI LE SIGNORINE DEL ROMANZO

Ci sarà una ragione per cui da decenni, non sapendo come rimediare alla confusione dei tempi e a corto di ispirazione, si finisca per chiedere aiuto, per un film, una miniserie tivù, una ristampa, alle antiche signorine Brontë: ragazze tossicolanti, bruttine, povere, figlie di un reverendo anglicano che sopravvisse a tutte, orfane di madre, con un amato fratello presuntuoso, alcolizzato, oppiomane (il primo a morire, di delirium tremens, a 31 anni, nel 1848).
Chiuse in una casina di pietra, buia, disagiata e isolata in una sconfinata, ventosa, nebbiosa, umida brughiera nel West Yorkshire, tutta sassi, cespugli e mai un raggio di sole; unica possibilità di lavoro per assicurarsi una vita comunque di stenti, quella di governante in famiglie villane o insegnante in scuole miserande. Tanto per aggiungere una nota briosa, morte giovani di tisi: tranne Maria ed Elizabeth, che pur già colpite da tbc, vengono uccise bambine dalla febbre tifoide che stermina le allieve di un orribile collegio che ritroveremo in Jane Eyre. Poi: Emily si spegne a 30 anni, Anne a 29, la più longeva, Charlotte, a 39. Vittime di esistenze femminili d´epoca vittoriana, fatte di oppressione, indigenza, crudeltà, lutti, rassegnazione, le ragazze Brontë trovarono rifugio nella loro fantasia tumultuosa e nella scrittura fiammeggiante di poesie, di romanzi, che sostituivano la vita esangue, raccontando di passioni invincibili.
Ma perché Charlotte ed Emily (meno Anne, autrice di Agnes Gray)) con tutte le loro disgrazie fuori moda, non conoscono l´oblio, perché regolarmente arriva sugli schermi una nuova e sempre più grandiosa Jane Eyre (di Charlotte) o l´ennesimo angosciato rifacimento di Cime tempestose (di Emily)? I due romanzi considerati dagli studiosi tra i capolavori della letteratura anglosassone, hanno sempre invaso l´adolescenza femminile mondiale (attualmente impazzano siti cinesi dedicati alle Brontë) sino a quando le adolescenti hanno usato la lettura come le Brontë, irrefrenabili lettrici, per esorcizzare la vita e per sognarla. Ma il cinema non si è fermato e via via ha adattato Jane Eyre e Catherine Earnshaw, Heathcliff e Rochester, ai sogni romantici e a quelli bigotti, alle ribellioni del femminismo, alle aspirazioni borghesi, alle donne liberate, a quelle scontente della liberazione.
Oggi l´ultima Jane Eyre diretta dall´americano Cary Joji Fukunaga e il nuovo Cime tempestose, diretto dall´inglese Andrea Arnold, premio per la fotografia alla Mostra di Venezia, insinuano la loro carica melò tra le giovani escort in cerca di evasione dalle spaventose cene eleganti, tra le ragazze sfiancate da lavori tristi e precari, tra quelle che aspirando al principe azzurro, si vedono proporre la faccia da furbetto sconfitto di Lavitola. Sono innumerevoli i rifacimenti, per Jane Eyre si dice addirittura 17, per Cime tempestose c´è stato anche un musical, un film indiano, uno giapponese, uno messicano (di Buñuel), per tutti e due varie miniserie tivù. E ogni volta la spettatrice (gli uomini, se non degli accaniti anglisti, evitano questo tipo di storia che reputano zuccherosa, appunto di signore per signore), guarda con occhi diversi un film diverso, che racconta la stessa storia.
Ma quale può essere oggi, in tempi di sguaiataggine vincente, di sceme che esaltano la loro trionfante puttanità, di trasgressione sessuale, il glamour appassionato e puritano di una orfanella, Jane Eyre, che come la sua autrice, è povera, bruttina, maltrattata e orgogliosa e proprio per questo conquista il castellano misterioso, infelice e seducente (Charlotte si accontentò svogliata di un modesto reverendo, ma morì, incinta, nove mesi dopo il pio matrimonio)? E qual è, nell´epoca dei lenoni, dei corrotti e dei corruttori, dei vecchi ricchissimi che per una palpata regalano collanine, il fascino di uno zingarello straccione, bastonato, che diventa un uomo ricchissimo, vendicativo e crudele, ma mai smette di tormentarsi per la divorante e inesausta passione per la fanciulla, la sorellastra, che pur ricambiandolo, sposa un altro di migliori natali e poi muore? (Emily muore trentenne poco dopo la pubblicazione di Cime tempestose, senza aver incontrato né buoni reverendi né folli ex-zingarelli).
Tra i tanti Heathcliff, quello indimenticabile per dolorosa avvenenza è certamente Laurence Oliver (1939), poi tra i tanti dimenticati, Ralph Fiennes (1992) e pure Alessio Boni, in una miniserie Rai del 2004. Tutti comunque dotati di fascino virile del genere triste: per cui ci sono stati brontolii quando la regista Arnold ha scelto per il personaggio che ancora le donne sognano (bello, pazzo d´amore e alla fine anche ricco) un ragazzo di colore, James Howson, senza attrattive fisiche, essendo però molto selvatica e stracciona anche l´amata Catherine, prima di sposare il ricco Linton e indossare ricchi abiti postnapoleonici. Se l´ultimo Heathcliff è una ovvia personificazione del reietto contemporaneo, del clandestino venuto dal nulla, l´ultimo Rochester di Fukunaga è nientedimeno che Michael Fassbender, il gran figo del momento, premiato a Venezia come miglior attore in Shame (regia del videoartista inglese Steve McQueen). I precedenti li sotterra tutti, ovviamente Orson Welles (1944) e persino William Hurt (Zeffirelli).
È la lacrimante richiesta di baci di questo dolcissimo Rochester a ristabilire come deve essere un uomo di cui innamorarsi e che errore fatale compiono certe fanciulle magari montenegrine, condannate dalla loro sciocca insipienza a vite da Susanna che si guarda bene dal cacciare i vecchioni. Anche la nuova Jane pare la meglio delle sue antenate, da Joan Fontaine a Charlotte Gainsbourg: è Mia Wasikowska, che fu un´antipatica Alice in Wonderland di Tim Burton, e oggi, a 21 anni, o una meravigliosa Jane riscatta i sogni di milioni di ragazze che si rifiutano di diventare merce. Questa Jane 2011 è la giovinetta cui si prepara un destino grigio, una fanciulla non bella, chiusa in abiti severi che al massimo le lasciano nudo una porzione di collo, che da diseredata affronta la vita con armi oggi apparentemente spuntate eppure sempre vincenti; l´intelligenza, la sapienza, l´educazione, la fermezza, l´orgoglio, la certezza del proprio valore, la capacità di rinunciare alla passione, al castello turrito e alla ricchezza (a Rochester!! A Fassbender!!!) per non cedere all´inganno e a ciò che la legge e la morale non consentono. (Allora, primo Ottocento inglese, ma, ad essere seri, anche oggi primo Duemila italiano).