Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  settembre 22 Giovedì calendario

LA FINE DEI DINOSAURI? ORA MANCA IL COLPEVOLE

È innocente. Il gigantesco asteroide Baptistina, fino ad oggi ritenuto responsabile d’aver estinto i dinosauri sulla Terra 65 milioni di anni fa, ha un alibi di ferro. Non può essere stato lui. Lo ha stabilito la Nasa, grazie ai dati raccolti nella recente missione Wise («Wide-field Infrared Survey Explorer», cioè esplorazione a raggi infrarossi su campo vasto), che si è giovata di strumentazioni molto più raffinate di quelle usate per le precedenti analisi. Per la «storia spaziale più misteriosa» resta tuttavia in piedi la teoria colpevolista di base: sarebbe stata la pioggia di uno o più corpi celesti sul nostro pianeta a decretare la fine della specie dei più grandi animali mai esistiti. Ma per individuare il killer si riparte da zero.
Ad incolpare Baptistina era stato uno studio della Nasa del 2007, basato principalmente su osservazioni telescopiche dalla Terra. Gli scienziati avevano ricostruito le mosse dell’asteroide a partire dallo scontro con un altro corpo celeste, avvenuto nello spazio siderale tra Marte e Giove circa 160 milioni di anni fa. La collisione avrebbe prodotto «schegge» grandi quanto montagne, che si sarebbero sparse nel cosmo fino a raggiungere il nostro pianeta. L’impatto avrebbe creato lo shock ambientale risultato responsabile dell’estinzione dei dinosauri. La tesi accusatoria non ha però retto allo sviluppo della tecnologia. Wise (che in inglese significa «saggio») ha portato gli scienziati della Nasa a scagionare Baptistina. «Alla luce delle nostre indagini ha detto Lindley Johnson, autore del nuovo rapporto e responsabile Nasa del programma di osservazione dei corpi celesti - la scomparsa dei dinosauri resta tra i casi irrisolti».
Wise ha una precisione cento volte maggiore rispetto ai sistemi che l’hanno preceduto. Grazie alla luce infrarossa, ha potuto dare una stima più accurata delle tempistiche e ha dimostrato che la teoria riguardo a Baptistina non regge. Con la nuova luce infrarossa, Wise ha compiuto un’analisi dell’intero cosmo due volte, dal gennaio 2010 al febbraio 2011. La parte del sistema incaricata di dare la caccia agli asteroidi, chiamata «Neowise», ha usato i dati raccolti per catalogare oltre 157 mila corpi celesti, scoprendo ben 33 mila nuovi asteroidi. Wise ha migliorato notevolmente la capacità degli scienziati di capire le caratteristiche degli asteroidi: il tipo di raggi usati scopre anche la luce emanata dagli asteroidi stessi, che varia in relazione al calore interno del corpo celeste e alla sua grandezza. Grazie a un complesso procedimento, gli esperti della Nasa hanno potuto determinare le vere dimensioni di ogni asteroide e riscrivere tempi e movimenti della sua «vita» celeste.
I nuovi calcoli hanno evidenziato che l’asteroide denominato Baptistina si ruppe nella collisione nel cosmo circa 80 milioni di anni fa, solo 15 milioni di anni prima dell’appuntamento con l’estinzione dei dinosauri, avvenuta 65 milioni da anni fa. Ma per fare il suo viaggio, Baptistina avrebbe avuto bisogno di un tempo notevolmente più lungo. Il processo dallo scontro tra corpi celesti all’arrivo sui pianeti lontani «di solito richiede molte decine di milioni di anni», ha spiegato Amy Mainzer del laboratorio californiano di propulsione Jet della Nasa, che ha firmato il rapporto insieme a Johnson.
La famiglia degli asteroidi che uccise i dinosauri è dunque ancora uccel di bosco, e gli investigatori cosmici devono ora riprendere a cercare l’assassino che venne dal cosmo. L’identikit è quello di un asteroide di circa 10 chilometri di diametro, che colpì il nostro pianeta causando la formazione di un «cratere» nel golfo del Messico e lasciando minerali e meteoriti ora custoditi dai fossili.