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 2011  settembre 22 Giovedì calendario

GAT Emanuel

GAT Emanuel Chadera (Israele) 1969. Coreografo • «[...] Da noi è ancora poco conosciuto. In Francia invece non c’è festival che non lo inviti [...]» (Sergio Trombetta, “La Stampa” 22/11/2007) • «[...] sefardita di origini marocchine, coreografo e danzatore, bruno e dagli occhi neri come il carbone [...] danza “facile” su musiche arcifamose. Niente impegno in un paese, Israele, dove la danza parla sempre di cose serie, riflette sul disagio giovanile (Jasmeen Godder), la condizione umana (Ohad Naharin), temi sociali (Rami Be’er). Lui invece sceglie la salsa cubana per la Sagra della primavera; passi di disco per il Requiem di Mozart. Così il pubblico si diverte anche se i critici (pure quelli nostrani) arricciano il naso. Per questo i francesi lo hanno adottato e lui, dopo 15 anni di attività in Israele, ha accettato l’invito. Ha mollato tutto e con i suoi danzatori, la moglie scultrice e cinque bambini [...] si è installato alla Maison de la danse di Istres, un centro a ovest di Marsiglia. [...] “Lavorare e sopravvivere in Israele senza finanziamenti era diventato impossibile. Avevo base là, ma per la maggior parte del tempo lavoravo all’estero. Solo con le tournée riuscivo a mettere insieme i fondi necessari per far vivere la compagnia. Passavamo nelle grandi rassegne, nei festival internazionali e poi ci ritrovavamo in un quotidiano impossibile, a livello amatoriale: mancanza assoluta di strutture in cui lavorare e provare”. Da giovane ha cominciato a studiare direzione d’orchestra e poi è passato alla danza: “Per la maggior parte del tempo ho lavorato a Tel Aviv, poi ho cercato di trovare una soluzione in un paesino a sud che si chiama Kiriat Gat. Per 3 anni abbiamo cercato di realizzare un centro coreografico in questa cittadina che avrebbe dovuto essere la casa della mia compagnia, ma poi mi sono reso conto che non riuscivo a trovare veri partner in Israele e allora ho deciso di mollare”. Niente impegno politico o sociale nella sua coreografia: “Parla di più all’anima la purezza di un brano di Bach, la bellezza della danza che un manifesto politico”» (Sergio Trombetta, “Panorama” 3/1/2008).