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 2011  settembre 22 Giovedì calendario

SPREAD BTP-BUND A QUOTA 399 COSÌ AUMENTA IL COSTO DEL MUTUO

L’onda lunga dell’allargamento dello spread tra BTp e Bund, che ieri ha chiuso a quota 399, inizia ad abbattersi sui mutui degli italiani. I tassi finali applicati ai nuovi prestiti ipotecari sono passati dal 3,16% di giugno, al 3,22% di luglio fino a toccare il 3,5% in agosto. In tre mesi, il costo medio per sottoscrivere un mutuo è aumentato del 10,8% secondo i dati diffusi dall’Abi. Non è poco. Soprattutto alla luce del fatto che Irs ed Euribor, ovvero i tassi base cui le banche aggiungono il ricarico, sono lievemente aumentati se non scesi: l’Irs, base per il fisso a 20 anni, è calato dal 3,77% di metà giugno al 2,81 per cento di ieri. L’àncora di riferimento per il tasso variabile - l’Euribor a tre mesi - nello stesso periodo è rimasto praticamente invariato (dall’1,49% del 15 giugno all’1,54%).

Insomma, saggi di riferimento in calo e mutui più cari: come è possibile? Sono diverse le ragioni di questa accelerazione. La prima è che è aumentata la quota di italiani (dal 19 di luglio al 24% di agosto) che ha comprato casa con un finanziamento a tasso fisso, che è ovviamente più costoso del corrispondente mutuo a tasso variabile. Sul totale dei nuovi mutui, insomma, rispetto al passato è aumentato il peso dei prestiti con prezzi più alti. Tuttavia, oltre a questo, sull’aumento generalizzato dei prezzi ha inciso un altro elemento, forse più nascosto ma pur sempre decisivo: ovvero l’aumento del costo del finanziamento delle banche italiane. Tra i deleteri effetti dell’allargamento del differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, c’è infatti la crescita del costo della raccolta di denaro a medio e lungo termine per le nostre banche. Più lo spread sui titoli governativi aumenta, più gli istituti devono pagare per collocare il loro debito. Nelle ultime settimane, dunque, i maggiori costi per le banche hanno iniziato a riversarsi sulla clientela. A farne più le spese, guarda caso, sono stati proprio i sottoscrittori del mutuo a tasso fisso, prodotto che per la sua natura di lunga scadenza appare più rischioso per gli istituti emittenti. Ebbene, mentre vedevano scendere l’Irs ai minimi storici, dove si trova oggi, i sottoscrittori di questa tipologia di prestito a partire da giugno hanno registrato un incremento dello spread (ovvero del ricarico da parte delle banche) in media di 30 centesimi di punto, secondo i dati forniti dal broker specializzato Mutuionline.it. Tanto che oggi non mancano sul mercato offerte sul fisso a 20 anni al 5%, con uno spread quindi superiore al 2 per cento. Più contenuto, ma comunque significativo, l’incremento del "cuscinetto" applicato sul tasso variabile, salito in media di circa 10 punti base. Cosicchè le migliori offerte oggi garantiscono prestiti a 20 anni al 2,7 per cento.

L’effetto finale, in sostanza, è che oggi il tasso fisso risulta relativamente più costoso rispetto al variabile. Sia chiaro, la sua convenienza rimane evidente: chi stipulasse oggi un mutuo a tasso fisso si troverebbe infatti a sfruttare i minimi storici dell’Eurirs e si garantirebbe tassi di interesse bassissimi (impensabili solo qualche mese fa) per i prossimi decenni. Ma in futuro? Se è vero che alcune banche si sono mosse da subito per ritoccare il differenziale al rialzo, e qualche altra lo sta facendo proprio in questi giorni, altre lo faranno a partire dalle prossime settimane. Molto ovviamente dipenderà dalle dinamiche che muoveranno il mercato del debito governativo in futuro: certo è che se la tensione sui BTp italiani dovesse continuare a rimanere elevata, con tutta probabilità a farne le spese maggiori sarebbero proprio i sottoscrittori di questa tipologia di mutuo, che agli occhi degli istituti diventerà sempre più rischiosa e quindi relativamente più cara. Alternativamente, è realistico pensare che le banche facciano retromarcia sulle mosse recenti.