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 2011  settembre 21 Mercoledì calendario

Ciuni Roberto

• Palermo 23 luglio 1944, Milano 24 aprile 2010. Giornalista • «[...] Era stato molte cose: direttore della Nazione, del Mattino, del Giornale di Sicilia; inviato speciale e saggista impegnato; direttore editoriale delle Grandi opere della Rizzoli; corrispondente da Londra; esperto di mafia e, da vero palermitano, amante dei romanzi di Sciascia, delle bellezze di Capri, dello sport; iscritto alla lista massonica della Loggia P2 pur senza che processi o provvedimenti dell’Ordine a suo carico venissero innescati da prove. Tutto questo è stato Roberto Ciuni, ma per i neo corrieristi di via Solferino alla fine degli anni settanta — cresciuti con l’esempio di Walter Tobagi — “Roberto” ha rappresentato un altro possibile modello. Del Corriere, a partire dal 1977, era stato prima inviato speciale e poi redattore capo, senza distacco gerarchico, né psicologico, dalla generazione successiva. Scriveva di tutto quanto sapeva di Sud: dai disoccupati di Napoli al clan Gava agli agguati di camorra. Gli piaceva confrontarsi, contestare ironicamente le verità ufficiali e anche stupire: ad esempio con un elogio di Stalin in quanto “grande politico”, benché cattivo tiranno. Avrebbe stupito ancora, sostenendo che la stessa P2 non era affatto segreta, ma funzionava da garante verso il Pci, rendendo possibile il compromesso storico anche all’interno della Nato. Oppure, in uno dei suoi migliori saggi, L’Italia di Badoglio, rivelando che il famoso “Manuale Cencelli” sulla lottizzazione era stato inventato dal Maresciallo dopo la svolta togliattiana di Salerno. Più tardi, Roberto Ciuni ha sperimentato le conseguenze dell’intreccio perverso, allora inevitabile, fra giornalismo e politica, impegno professionale e invadenza dei partiti: le sue direzioni, dal Mattino alla Nazione, furono accompagnate da polemiche parlamentari, scioperi a oltranza dei giornalisti, dimissioni e accuse tra amici e detrattori. Fu allora che invocò Sciascia contro la “politica della decimazione”, segno distintivo del giornalista che non accetta d’arrendersi» (Dario Fertilio, “Corriere della Sera” 25/4/2010).