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 2011  settembre 21 Mercoledì calendario

ROMA - «Noi non formiamo la nostra opinione leggendo i giornali». Martin Winn, responsabile della comunicazione nella sede di Londra di Standard & Poor´s, scandisce bene le parole

ROMA - «Noi non formiamo la nostra opinione leggendo i giornali». Martin Winn, responsabile della comunicazione nella sede di Londra di Standard & Poor´s, scandisce bene le parole. E´ chiaramente infastidito dall´affermazione di Berlusconi su una presunta influenza della "stampa avversa" sul downgrading. «La nostra valutazione è basata su un´analisi dettagliata e indipendente delle prospettive economiche e fiscali dell´Italia. Noi applichiamo dei parametri molto dettagliati e pesiamo diversi fattori secondo criteri seri e rigorosi». L´inconsueta attenzione posta da Standard & Poor´s agli aspetti politici del rischio-Italia non è frutto insomma, come sostiene il premier, della "fuorviante campagna mediatica". Non c´entra niente. Semmai, deriva da una modifica delle linee guida con cui l´agenzia valuta ogni Paese, pubblicate il 30 giugno 2011 con l´obiettivo di rendere ancora più trasparenti i criteri con cui opera. Nei nuovi "Metodi per stabilire il rating dei governi" si dice con chiarezza che tra i fattori su cui si basa la valutazione dell´affidabilità di un Paese ci sono «il rischio di instabilità politica, gli effetti dei fattori sociali ed economici e la potenziale influenza di organizzazioni internazionali nel determinare politiche nazionali» (verosimilmente la Bce e la commissione Ue che stanno finanziando e controllando l´Italia). «I rating - puntualizza S&P - indicano come diverse iniziative politiche possono impattare l´affidabilità finanziaria, sempre senza voler dare suggerimenti sulle scelte dei governi». La situazione di ognuno dei 123 Paesi "clienti" di S&P viene monitorata in modo continuo e metodico. «I rating vengono aggiornati periodicamente. Non è che ci svegliamo un mattino e diciamo all´improvviso: quel Paese sembra a rischio», dice Winn. Gli analisti dell´agenzia seguono con attenzione una pluralità di fonti ufficiali, «tutte carte pubbliche»: provvedimenti governativi e parlamentari, rapporti della Banca d´Italia, e poi fonti esterne come le pubblicazioni di Ocse, Eurostat, Fmi, Bce. Quando qualcosa non torna si avvia un´analisi più approfondita, che si arricchisce di colloqui diretti con esponenti del governo, delle istituzioni, dell´economia, del Parlamento. Anche dell´opposizione? Qui Winn non risponde: «Sono tutti incontri riservati». Il primo passaggio è la focalizzazione su cinque fattori-chiave: la situazione politica, quella economica, la posizione commerciale sull´estero, la flessibilità fiscale e l´andamento del bilancio dello Stato, la flessibilità monetaria. Per ognuno di questi fattori viene redatta una "pagella" con voti da 1 (il migliore) a 6 (il peggiore). Questi elementi vengono "distillati" secondo una serie di algoritmi e raggruppati in due aree, "Profilo politico/economico" e "Flessibilità e performance". Quindi si trae una sintesi comune, e vengono inseriti i fattori eccezionali e imprevisti. Infine un comitato interno di almeno cinque esperti decide a maggioranza se il rating va cambiato, in che misura e in quale "direzione": prima dell´unione monetaria si stabilivano due rating in successione, in valuta straniera e infine locale. Ora per i Paesi dell´euro i due valori coincidono.