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 2011  settembre 22 Giovedì calendario

IO, CAMPIONE DI MEMORIA

Fino a poco tempo fa il ventottenne Joshua Foer era un qualsiasi giornalista scientifico freelance. Nel giro di pochi mesi, è diventato campione di una specialità nella quale non si era mai esercitato fino a qualche mese prima. Poi ha raccontato la sua storia in un libro dal successo immediato,"Moonwalking with Einstein": i diritti cinematografici di quel testo li ha venduti per 1,2 milioni di dollari. L’argomento del volume è a dir poco inusuale, ed è chiaro nel titolo con cui uscirà, tra pochi giorni, nelle librerie italiane per Longanesi: "L’arte di ricordare tutto". Perché il bestseller di Foer non è un thriller o un romanzo d’amore, ma un saggio che riesce a trasformare la mnemotecnica in un’avventura irresistibile.
Tutto è cominciato quattro anni fa. "Una rivista mi ha incaricato di scrivere un articolo con taglio scientifico su un’insolita competizione che avviene tutti gli anni a New York: il campionato americano della memoria", racconta seduto davanti a un bicchiere di vino bianco. "Pensavo fosse un compito facile, di quelli che si risolvono in un paio di giorni di lavoro: un giorno a osservare la competizione e intervistare questi bizzarri personaggi, un giorno a scrivere l’articolo e via pronto per il prossimo incarico giornalistico".
E invece la memoria è diventata un’ossessione per i quattro anni successivi...
"Ma non è stato un colpo di fulmine. Mi trovai in un salone di un grande albergo dove per la verità non accadeva alcunché di eccitante. C’erano dozzine di persone - un po’ secchioni, un po’ eruditi, un po’ trasandati. Persone di tutti i tipi e tutte le età, per lo più uomini ma anche qualche donna, che si esibivano in quello che viene chiamato il decathlon della memoria. Dieci prove che comprendono memorizzare una poesia, imparare l’ordine esatto di un mazzo di carte, ricordare una lunga sequenza di numeri".
Fa venire in mente Raymond, l’autistico protagonista del film "Rain Man", interpretato da Dustin Hoffman.
"Era proprio questo che mi aspettavo di trovare. Ma la realtà è differente. Nessuno dei concorrenti ha niente a che vedere con l’autismo. Sono persone per le quali le esibizioni di memoria sono uno sport dove per eccellere c’è bisogno di molta tecnica e moltissima pratica".
Quindi non sono geni ma persone normali che imparano a esercitare la memoria a livelli estremi.
"Persone normalissime. Guardi me: io ho una memoria molto normale, oserei dire al di sotto della media. Mi dimentico dove ho messo le chiavi della macchina o dove l’ho parcheggiata. Eppure quando è stato il momento di mettere la mia memoria alla prova...".
A che prova di memoria si è sottoposto?
"Per approfondire l’articolo incominciai a intervistare i grandi maestri, personaggi come Ben Pridmore, un contabile inglese che nel 2009 divenne campione mondiale. Fu lui a convincermi che pure io avrei potuto cimentarmi se solo avessi dedicato tempo ad allenarmi. Presi seriamente la sfida e iniziai. Dopo un anno mi ritrovai a essere uno dei concorrenti nel campionato americano della memoria. Sorprendentemente vinsi, e qualche mese dopo mi ritrovai a rappresentare il mio paese, gli Stati Uniti, nel campionato mondiale. Non feci bella figura perché gli europei sono molto più forti degli americani. I tedeschi e gli inglesi sono fortissimi ma almeno ho avuto la soddisfazione di battere il francese".
Come si è allenato?
"Mi sono esercitato dieci o quindici minuti al giorno, per una decina di mesi. Una mattina tentavo di memorizzare una poesia nel minore tempo possibile, un’altra mattina tutti i nomi contenuti in un annuario scolastico o una sequenza di numeri a caso. Avevo un trainer, un inglese che mi insegnava le tecniche europee: gli americani si allenano in un modo differente".
Come?
"Gli europei hanno tecniche elaborate per trasformare le informazioni in immagini. I migliori campioni europei sono in grado di trasformare in immagini qualsiasi numero da zero a un miliardo. La memoria non è altro che l’abilità di creare velocemente immagini indelebili. È quella che nel libro chiamo "l’elegante struttura architettonica della memoria". Solo dopo la mia imprevista vittoria anche gli americani hanno incominciato ad addestrarsi col metodo europeo: il vincitore di quest’anno è veramente forte".
Cosa l’ha sorpresa di più, rispetto alla concezione corrente della memoria?
"Che le immagini puoi costruirle nella tua mente ma non riceverle dall’esterno: la "memoria fotografica" non esiste. Gli scienziati negano che si abbia l’abilità di imprimere un’immagine nella memoria, come se la memoria fosse una fotocopiatrice. Mi ha sorpreso anche scoprire quanto gli antichi sapessero sulla memoria. Già duemila anni fa si conosceva la differenza fra memoria naturale e artificiale - quella che abbiamo fin dalla nascita e quella che siamo in grado di esercitare Sfruttando le informazioni che tentiamo di immagazzinare possiamo sviluppare la memoria artificiale. Io così ho fatto grandi progressi: ma questo non significa che la mia memoria naturale sia migliorata. È rimasta quella che era prima".
Gran parte del suo libro è un viaggio nella ricerca che è stata fatta nel corso dei secoli per capire la memoria. C’è anche il contributo di un italiano.
"Giulio Camillo. Era uno studioso che nel sedicesimo secolo ebbe la bizzarra idea di fabbricare un palazzo della memoria, come un teatro pieno di immagini che rappresentano la natura del Cosmo. Non realizzò mai completamente il suo progetto ma sembra che disegnò davvero una struttura architettonica dettagliata".
Ora che tutto è finito nella grande memoria di Internet, sta cambiando la nostra capacità di memorizzare?
"Ora abbiamo molta più informazione da memorizzare e sempre più strumenti che ci aiutano a ricordare. Gli antichi memorizzavano libri perché allora i libri erano pochi. Adesso leggiamo cose nuove ogni giorno: non avremmo né la capacità, né il tempo, né l’energia di memorizzare le cose che leggiamo".