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 2011  settembre 21 Mercoledì calendario

È ora di togliere l’Irlanda dalla lista dei Paesi Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna)? I rendimenti obbligazionari irlandesi a dieci anni sono scesi di quasi tre punti percentuali dal mese di giugno, attestandosi all’8,6% e fruttando ai coraggiosi investitori un guadagno del 24%

È ora di togliere l’Irlanda dalla lista dei Paesi Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna)? I rendimenti obbligazionari irlandesi a dieci anni sono scesi di quasi tre punti percentuali dal mese di giugno, attestandosi all’8,6% e fruttando ai coraggiosi investitori un guadagno del 24%. Nello stesso periodo i rendimenti sul debito portoghese sono rimasti fermi all’11% circa, mentre quelli della Grecia sono aumentati di quasi otto punti, arrivando al 24%. L’Italia, un possibile sostituto dell’Irlanda nel gruppo dei paesi periferici, ha visto i suoi rendimenti aumentare di quasi un punto percentuale fino al 5,6%. I rialzisti sosterrebbero che Dublino, con la sua economia flessibile, è stata sempre ingiustamente accostata a Lisbona e Atene. La robusta performance dell’Irlanda dal suo salvataggio di novembre 2010 sta cominciando a dare loro ragione. L’anno del maggior disavanzo, concluso a luglio, ha registrato 0,7 punti percentuali sotto la previsione del 5,6%, mentre finora il costo per la ricapitalizzazione del provato settore bancario è stato circa la metà dei 35 miliardi destinati al salvataggio. Quest’anno, un settore delle esportazioni in ripresa e i guadagni di produttività dovrebbero contribuire a una modesta crescita dell’Irlanda, mentre Deutsche Bank prevede una crescita dell’1,3% nel 2012, superiore a quella di Spagna, Italia e Francia. I costi del lavoro sono scesi del 3,5% nel secondo trimestre, a fronte di un aumento del 3,6% nell’area euro. Il debito dovrebbe salire al 118% del Pil nel 2013, sotto il 125% previsto al momento del salvataggio nel 2010. Ma sarebbe prematuro sostenere che l’Irlanda si sia staccata dalla periferia. I prossimi dodici mesi potrebbero dimostrarsi difficili. I consumi nazionali sono un tallone d’Achille; i consumatori sono scossi dalla disoccupazione e da un mercato immobiliare in caduta libera. A marzo, gli arretrati dei mutui sono aumentati all’8,3% dal 5,2% del 2010, mentre la riscossione dell’Iva è stata inferiore all’obiettivo. Anche se i consumi possono essere in parte compensati dall’export, il rischio è che anche queste ultime vengano colpite da un calo della crescita globale.