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 2011  settembre 21 Mercoledì calendario

«INUTILE ATTACCARE SILVIO. DECIDERA’ LUI QUANDO LASCIARE LA SCENA»

«Ero il preside dell’istituto per periti agrari di Coronata, sulle colline di Genova. Una mattina venne l’ispettore del ministero e mi chiese perché avessi la macchina targata Savona: "Lei arriva tutte le mattine da Albenga? Ma come fa?". In realtà, io arrivavo tutte le notti dal Derby di Milano. Cabaret. C’erano Andreasi, Cochi e Renato, Funari. Abatantuono curava le luci. Era il figlio della guardarobiera. Gli feci credere che "buliccio" in ligure volesse dire bullo, tosto. Lui si pavoneggiava: "Sono un buliccio...". Poi un giorno mi cercò Beppe Grillo. Era il 1977. L’avevano preso in Rai, gli serviva un autore...».
Antonio Ricci è nel suo piccolo ufficio a Milano2. Alle spalle, una foto di Berlusconi truccato da Stalin. Tutto è pronto per la ventiquattresima edizione di Striscia.
Ricci, ora il suo amico Grillo fa il capo partito. Lo voterà?
«A questo giro mi sono astenuto. Ma mi interessa la sua parte provocatoria. Mi fido più di un comico che di un politico di professione. Come mi fido più di un poeta che di un economista».
Da quando vi conoscete?
«Da una vita. Facevamo le serate insieme. E scherzi feroci. Tipo l’arrivo di Woody Allen al Derby: una truffa. Una volta mi presentò a Emilio Fede come manager della Bic, e gli propose di dirigere un tg nelle discoteche, a patto che mostrasse la nostra biro. "E che problema c’è?" rispose. Bisognerebbe anche ballare, aggiunsi io. Si sottopose al provino di ballo lì, al ristorante, davanti a tutti».
È vero che con Grillo abitavate a casa di Pippo Baudo?
«Sì. Fu un inverno gelido, il riscaldamento nel residence era rotto, Beppe tentava di scongelarsi mettendo a bollire pentole piene d’acqua. Così Baudo ci invitò da lui a Morlupo. Lo facemmo impazzire. Gli aprivamo l’armadio, indossavamo i suoi parrucchini. Lui era triste: Maria Grazia Grassini l’aveva lasciato, dopo una lite perché lei aveva recitato a seno nudo con Carmelo Bene. Pippo soffriva, si lamentava. Prendeva gli oggetti che avevano comprato insieme e diceva: "Questo l’ha toccato Maria Grazia, e io lo bacio!"».
Quando ha incontrato Berlusconi?
«In Rai era dura. Attaccammo la Dc e ci salvò Pertini, che conoscevo fin da bambino, quando il nonno mi portava ai suoi comizi ad Albenga (i comizi di Pertini erano cabaret puro). Poi Beppe attaccò il Psi e il viaggio in Cina di Craxi: "Ma se qui sono tutti socialisti, a chi rubano?". Mi chiamarono a Milano2 per Hello Goggi. Feci venire Leo Ferré: un mito, anarchico come il nonno, almeno pensavo. Sua moglie arrivò carica di pacchi comprati in via Montenapoleone. Lui prima di andare in scena si mise davanti allo specchio e si spettinò. C’erano anche Franco e Ciccio e io, stupido e snob, dicevo: spero di non incontrarli mai. Erano invece due grandi personaggi. Ciccio lo trovavi alle quattro di notte che fissava i cigni del laghetto. Oggi li rivedo in Ficarra e Picone».
Sì, ma Berlusconi?
«Gli proposi Drive In. Un programma dissacrante, che prendesse in giro gli Anni ’80. Lui rimase interdetto. La tv che aveva in mente era tutt’altra: Johnny Dorelli, Mike Bongiorno, la Goggi appunto; nulla di trasgressivo, una super-Rai per attirare gli sponsor. Mi disse: "Lei è proprio sicuro di fare questa cosa? Sì? Allora facciamola. E diamoci del tu"».
Drive In è considerato l’inizio della degenerazione televisiva.
«Tanti ci hanno confuso con Colpo grosso. Drive In era satira. Il bocconiano. La modella di Armani che smoccolava in barese. Il paninaro che inventò dal nulla un linguaggio. E le ragazze fast-food: la caricatura del ritorno della maggiorata. Scoprii solo dopo che usavano un marchingegno per alzare il seno. Staino, Pietrangeli, Disegni e Caviglia, Gino e Michele: gli autori di sinistra lavoravano tutti lì».
Poi vennero le veline di Striscia. Lerner, con cui polemizzate ogni anno, dice che lei è stato finalmente costretto a dar loro la parola.
«Lerner è strumentale. Marketing. Lo fa per trarne giovamento, per apparire. Come Giovanardi quando attacca i gay e attizza la sua antagonista, la Concia. O come Masi, quando telefona a Santoro in diretta. In realtà, le veline hanno sempre parlato. La parte più importante, la telepromozione, è loro».
La parte più importante?
«La tv non è una finestra sul mondo. È una finestra sul mercato. Comunque Striscia sta dalla parte dei consumatori, delle associazioni. Fa, in tv, un po’ quello che fa Grillo in politica».
Le spiace non rivedere Santoro?
«Sì. Michele è un maestro. Ha rifatto il Processo di Biscardi. Santoro è il puparo. Travaglio è il moviolista, che fa il punto della situazione; anche se il pubblico in studio, come le curve, fa il tifo e rimane della propria idea. Sceneggiata napoletana. C’è sempre un malamente: Ghedini, Belpietro, la Santanché. Seguirà brillante farsa, come dalle suore: ed ecco il finale con Vauro e le sue mossette».
Mai votato Berlusconi? Neanche una volta?
«Mai. Per motivi religiosi non posso non essere di sinistra. Un po’ come Marco Rizzo: neo-vetero. Cinque anni fa ho anche fondato il Movimento SSSS: Si può essere di Sinistra Senza essere Stronzi. Ho avuto molte adesioni nella base. Tra i Vip però non ho sfondato».
Quella che secondo lei è satira, per Berlusconi è diventato stile di vita. Può continuare a guidare il governo?
«Lo san tutti che le ragazze in realtà venivano pagate solo per ascoltare le sue terribili barzellette. La difesa riuscirebbe facilmente a dimostrarlo e nessun giudice lo condannerebbe. Ma lui non vorrà. Secondo me ci gode che si conoscano le intercettazioni».
Sia serio.
«Lo sono. Come tutti gli uomini che si sono fatti da sé, Berlusconi si disfarrà da sé. Tentare di farlo fuori in modo forzoso è un esercizio di stile. Deciderà lui come uscire di scena, con un guizzo da comédien».
Berlusconi si è mai lamentato di Striscia?
«Molte volte. Fin da quando Greggio fingeva una telefonata con Moana per poi scoprire che in realtà era Berlusconi nudo. A un Telegatto lui prese da parte i miei autori e disse: "Per cortesia, fatela finita. Le mie zie suore ci soffrono. E non ditelo a Ricci". Ovviamente me lo riferirono un minuto dopo. La volta successiva Greggio descrisse Moana-Berlusconi coperto di cinture Gibaud. Non la prese bene. Come quando andammo a intervistare Cuccia».
Cosa le disse quella volta?
«Era il momento in cui Mediaset doveva essere quotata in Borsa. Berlusconi usò un’altra delle sue tattiche: "Non sei stato tu, vero? Tu non avresti mai mancato di rispetto a una persona anziana, giusto?". Gli risposi: certo che sono stato io. So per certo che non ha gradito neppure rivedersi nella saga di Benny Hill».
Mandaste in onda anche il filmato della Tulliani con Gaucci. Fini se la prese con Berlusconi.
«Era già passato sui siti dei quotidiani. A segnalarmelo non fu il Cavaliere ma Edmondo Berselli, che non era un estimatore di Fini. Poi, certo, Striscia ha il suo peso».
Perché, secondo lei?
«Perché, anche se non siamo giornalisti ma cialtroni, noi andiamo in giro a cercarci grane, abbiamo 250 cause aperte, siamo noiosi e fastidiosi come le mosche. E ci attaccano. Dall’altra parte, la tv pubblica dà milioni di euro con i giochini. E nessuno ha nulla da obiettare».