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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

La chiusura dell’azienda familiare da parte del mio compagno Umberto Maria Anzolin è stata una scelta sofferta e dolorosa

La chiusura dell’azienda familiare da parte del mio compagno Umberto Maria Anzolin è stata una scelta sofferta e dolorosa. Chiudere un’impresa di lunga tradizione è come privarsi di una parte di sé e della propria storia. Il fatto che alcune famiglie di lavoratori perdano la certezza del proprio posto di lavoro in un momento difficile per l’economia italiana è, in aggiunta, un avvenimento tragico. A distanza di un anno dalla chiusura, più della metà dei dipendenti dell’azienda, fortunatamente, ha trovato un’altra occupazione e solamente venti operai rimangono in cassa integrazione. Capisco la preoccupazione e comprendo la rabbia che attanaglia queste famiglie. Non mi sono mai sottratta dal trasmettere parole di conforto e comprensione a quelli che in privato hanno sentito il bisogno di scrivermi. E continuerò a farlo, se me lo chiederanno. Li esorto, tuttavia, a non farsi strumentalizzare da una certa informazione, che specula sulla mia sofferenza e sul dolore altrui al solo scopo di ottenere una facile visibilità. Trovo ingiusto e ipocrita il silenzio nei confronti di tante altre famiglie di lavoratori che, in questi ultimi anni, hanno perso il loro posto di lavoro in seguito alla chiusura delle aziende. Non fanno notizia, perché non c’è di mezzo una persona conosciuta e famosa, ma soffrono allo stesso modo. Grazie al conferimento degli immobili in garanzia da parte del mio compagno, in qualità di socio di maggioranza dell’azienda, ogni lavoratore, al pari di tutti i creditori privilegiati, avrà la totalità di quanto gli spetta. I creditori chirografari otterranno una percentuale del loro credito di gran lunga superiore a quella pagata, negli ultimi anni, in analoghi casi di chiusura aziendale. Del settore della concia abbiamo letto, in questi ultimi anni, di scandali a ripetizione, eppure mai è apparso il nome del mio compagno, né in qualità di indagato né in qualità di destinatario di provvedimenti giudiziari. I legali hanno appurato che non risulta iscritta alcuna notizia di reato relativa alla messa in liquidazione dell’azienda, come erroneamente è stato riportato da alcuni quotidiani e organi di informazione. Quando, a 18 anni, ho lasciato San Francisco per l’Italia, non sono fuggita dagli Sati Uniti! E allo stesso modo oggi non fuggo dall’Italia. Ho imparato da mio nonno Frank, povero emigrante di prima generazione negli Stati Uniti, che cercare fortuna in un Paese diverso non è scappare. La vita è una storia di viaggi di sola andata e di ritorni inaspettati, di terre lontane dal sapore dolce e amaro, di voglia di scoprire, di osare e di credere nel proprio talento. E per questo che mi trovo a Hong Kong.