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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

OSTAGGI DI UN SEGRETO PERENNE

La notizia è curiosa e affasciante: con l’ausilio della scienza e delle nuove tecnologie siamo finalmente in grado di risolvere uno dei tanti misteri italiani. Anzi, il primo, forse il più appassionante di tutti: la morte del bandito Salvatore Giuliano. Il cadavere riesumato e sottoposto al test del dna permette di scoprire se nella tomba c’è proprio lui o se lo Stato allora mentì. Si era nel 1950, la Repubblica italiana aveva appena quattro anni di vita, ma non il controllo su tutto il suo territorio. La Sicilia, per esempio, non fa mistero di preferire l’America (vorrebbe diventare la 51esima stella); e quelli che preferiscono l’Italia non fanno mistero di preferire, tra i vari partiti, quello comunista. E infatti, nel 1947, alle prime elezioni i comunisti vincono.
Sull’isola c’è un bandito, si chiama Salvatore Giuliano, viene dalla miserrima Montelepre, ha contatti con i servizi segreti americani, con i fascisti, con la mafia e se ne va in giro rubando, sequestrando e ammazzando. Ai comunisti vittoriosi spara addosso il primo maggio 1947, a Portella della Ginestra. Il 5 luglio 1950, lo Stato italiano dichiara che Giuliano è stato ucciso dopo uno scontro a fuoco con i carabinieri e mostra il suo cadavere nel cortile di una masseria di Castelvetrano, paesello polverosissimo, mafiosissimo e caldissimo in provincia di Trapani. Ma è tutta una messa in scena. Giuliano è stato tradito da suo cugino, Gaspare Pisciotta, che lo ha ucciso nel sonno. Il cugino Pisciotta, però, invece di ottenere la ricompensa, viene arrestato e in un’aula di tribunale a Viterbo minaccia: «Siamo un corpo solo, banditi, polizia e mafia, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo» e annuncia che Giuliano ha scritto un “memoriale”. Nell’attesa che elabori il concetto, nel carcere dell’Ucciardone lo avvelenano con un caffè alla stricnina. Si troverà il memoriale? Mai.
Il caso Giuliano è affascinante perché è il protomistero italiano. Vi si trovano già quasi tutti gli ingredienti: il memoriale scomparso, il traditore avvelenato, la mafia (un’entità che di per sé non esiste) come parte della Santissima Trinità, la congiura internazionale (fu la Cia a ordinare la strage dei comunisti?). E per la sua durata: il “caso Giuliano” ha continuato a occupare la nostra storia, con “falsi memoriali”, “omissis”, “segreti di Stato” fino ai giorni nostri.

La storia infinita però ha una svolta nel 2010, quando la procura di Palermo ordina la riesumazione della salma di Giuliano. È veramente lui, il morto? È possibile che il “vero” Salvatore Giuliano sia stato fatto espatriare in America con tutti i suoi segreti? Ah, ora la scienza ci permetterà di sapere la verità! Si apre la tomba, si preleva un pezzo di quello che resta, si estrae il dna e lo si compara con gli indumenti che sicuramente sono appartenuti al bandito. Mannaggia! La scienza non ci viene incontro: non si riesce a estrarre nessun dna dalla camicia. Niente da fare: non saranno i computer, gli spettrofotografi, i microscopi elettronici, gli algoritmi, l’antropologia forense, la psicobiologia a risolvere i misteri italiani. CSI non si adatta alla nostra storia: la nostra “scena del crimine” non è mai scientifica. È, piuttosto, “italiana”. E questo spiega come mai la nostra polizia scientifica abbia una storia di errori e dimenticanze clamorose, fino all’ultimo caso di Meredith Kercher.
Adesso prendete una persona che, come me, ha abbondantemente compiuto i sessant’anni. Quando ero giovane, uno dei più grandi poeti italiani, forse il maggiore, Pier Paolo Pasolini, scrisse un articolo che divenne subito famoso e ancora adesso è stampato sulle T-shirt. Cominciava così: «Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). /Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. /Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974...». E continuava con un lungo elenco di nefandezze, per dire infine: «Io so. Ma non ho le prove. Non ho neppure indizi».
Ebbene, con ogni probabilità statistica morirò senza sapere nemmeno come è andata davvero l’uccisione del poeta Pier Paolo Pasolini, la quale, a 35 anni di distanza, è ancora avvolta nel mistero.
Con ogni probabilità la mia generazione morirà senza sapere alcune cosette che la hanno accompagnata nel corso della sua esistenza, ovvero:
Chi e perché ha messo la bomba in piazza Fontana nel 1969. Come è stato possibile che un ferroviere anarchico che non c’entrava nulla sia stato portato in Questura, ivi tenuto tre giorni e poi trovato morto nel cortile della stessa?
Chi aveva ordinato di muovere i carri armati per un colpo di Stato a Roma nel 1970?
Perché sono stati compiuti attentati ai treni. E in piazza a Brescia. E alla Questura di Milano. E poi, ancora, alla stazione di Bologna nel 1980.
Come è stato possibile che le Brigate Rosse abbiano tenuto prigioniero Aldo Moro nel centro di Roma per quasi due mesi senza che i servizi segreti di mezzo mondo lo trovassero. E come è stato possibile che il ministro degli Interni di allora, Francesco Cossiga, abbia affidato tutte le indagini a mèmbri di un’associazione segreta, la loggia massonica P2, che Aldo Moro lo voleva morto. E come è stato possibile che quello stesso uomo politico (reduce da tanto disastro) sia stato nominato presidente della Repubblica.
Chi è stato a tirare giù il DC9 Itavia sui cieli di Ustica.
Come è stato possibile che Giulio Andreotti sia stato l’uomo politico più popolare della prima Repubblica e poi, una volta si sia riconosciuto che, perlomeno fino al 1981, incontrava di persona i capi della mafia, in riunioni in cui si parlava di omicidi, non abbia perso molto in popolarità.
I misteri italiani sono molti più di questi, ma una cosa li accomuna. La loro natura intrinseca è tale che, da una parte, non possano essere risolti; e dall’altra producano nuovi misteri.
Ecco due esempi di questa particolarità nazionale. Nel 1963 venne istituita la prima “Commissione antimafia”, formata da deputati e senatori. Doveva stabilire se quella mafia di cui si parlava, esisteva davvero, oppure se era una invenzione dei comunisti. La Commissione interrogava, raccoglieva materiali e alla fine produceva le Relazioni finali. Da allora come nella Biblioteca di Babele di Borges ogni legislatura ha prodotto la sua Antimafia e le sue Relazioni, con gli immancabili “omissis”.
È il più grande corpus cartaceo della Repubblica italiana: decine di migliaia di volumi, oggetto di una lentissima digitalizzazione.
Ma la fantasia istituzionale della Commissione antimafia era destinata a essere superata, nel 1988, dalla “Commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi” (detta “Commissione stragi”). Nata per indagare ulteriormente sul delitto Moro, in vent’anni la Stragi ha aggiunto numerosi altri misteri ai suoi compiti e soprattutto ha assunto giornalisti e consulenti per essere assistita; non ha mai prodotto nulla di significativo, ma ha distribuito moltissimi stipendi. (Qualche bello spirito prevede che il momento magico arriverà quando il numero, di consulenti delle commissioni stragi eguaglierà il numero dei morti delle stragi stesse).
Visti i precedenti, sembra difficile che anche la generazione giovane riesca a sapere qualcosa. L’immediatezza di Google, la sua virtuale abolizione del tempo di ricerca, la sua dilatazione spropositata di sinapsi dovrebbero in teoria facilitare la risoluzione dei misteri, ma due potenti fattori giocano contro: segretezza e oblio da una parte; dall’altra, assenza di autorità nella rete, che fa si che le interpretazioni più diverse possano avere la stessa credibilità, e dunque annullarsi. Uno dei risultati più duraturi della produzione di misteri resta così il linguaggio che da anni caratterizza il nostro paese. Cosi come siamo stati l’unico paese europeo ad avere avuto i nostri 70 anni di pace punteggiati di bombe, stragi, esplosioni; così come siamo stati l’unico paese europeo a essere stato attraversato da un’incredibile mattanza mafiosa (diecimilamorti nel decennio’80-’90) nelle regioni meridionali; così alcune espressioni legate ai misteri sono entrate nel lessico quotidiano, ricevendo poi addirittura la dignità di espressioni scientifiche.
Ne faccio qui un breve elenco:
POTERI OCCULTI. Il termine viene dall’Ottocento. Poteri occulti sono quelli massonici e, parallelamente, anche quelli vaticani. Manovrano le grandi istituzioni e sono annidati praticamente dappertutto: magistratura, esercito, guardia di finanza. I più noti poteri occulti sono organizzati in “logge”, alcune delle quali sono ufficiali, altre sono “coperte”: praticamente tutte le persone importanti italiane sono sospettate di far parte di una loggia e porgono ossequio e fedeltà a un VENERABILE MAESTRO. Se non lo sono vuoi dire che non sono importanti. I “poteri occulti” sono anche al vertice della mafia siciliana (come si può infatti credere che dei contadini analfabeti possano essere a capo di una così potente holding finanziaria?). La loggia più famosa è la Loggia Propaganda Due, detta P2, scoperta nel 1981, guidata da Lido Gelli (ancora in attività) e da Umberto Ortolani (morto nel 2002). Inchieste giudiziarie hanno scoperto nel 2010 una P3 e nel 2011 una P4, guidata da Luigi Bisignani, che era uno dei più giovani iscritti alla P2. Iscritti alla P2 erano anche, per esempio, Silvio Berlusconi e Fabrizio Cicchitto. Da P3 viene il termine PIDUISTA, usato come insulto.
LA PIRAMIDE ROVESCIATA. L’immagine si deve all’onorevole Tina Anselmi che guidò la commissione d’inchiesta sulla loggia P2. «Abbiamo scoperto il vertice della piramide, solo per accorgerci che sopra il suo apice ne sorge un altro, speculare». Naturalmente le commissioni d’inchiesta non raggiungono mai la verità. La VERITÀ, peraltro, è difficile da stabilire. Ai tempi del PCI, esisteva per esempio la DOPPIA VERITÀ (una si riferiva al fatto che i dirigenti del partito si mettevano d’accordo con i democristiani, l’altra al fatto che ai militanti veniva detto che quella era una messinscena, mentre l’obiettivo rimaneva la rivoluzione socialista).
IL TERZO LIVELLO. Il termine si riferisce a Cosa Nostra e alla gradazione dei suoi omicidi. Quelli di primo livello sono i più banali, quelli di secondo livello un po’ più impegnativi; di terzo livello sono Quelli politici. Generalizzando, però, il “terzo livello” è diventato un livello superiore a quello di Cosa Nostra stessa, una specie di circolo in cui convivono politici e mafiosi. Sopra il terzo livello, esiste poi il “quarto livello”. I morti ammazzati dal terzo livello sono detti CADAVERI ECCELLENTI.
I SERVIZI DEVIATI. Come tutti gli Stati, l’Italia ha i suoi servizi segreti. Ma in genere ogni quattro-cinque anni, gli italiani vengono a sapere che i servizi segreti sono “deviati”. Da che cosa? Dalla retta via. Questi servizi segreti deviati sono al servizio di poteri occulti, terzi livelli, logge massoniche. Oppure della Cia o del Kgb. Cosa fanno? In genere mettono bombe, coprono chi ha messo bombe, lucrano sulle note spese, assumono famigliari, ricattano uomini politici. Ma la principale attività dei servizi deviati è il DEPISTAGGIO. Quando si scopre che i servizi sono deviati, viene loro cambiato nome. Così si è passati dal Sifar al Sid al Sisde al Sismi al Sismi al Cesis all’Aisi. Poteri occulti e servizi segreti deviati fanno funzionare la MACCHINA DEL FANGO (definizione di Roberto Saviano).
PRESUNTO. Non ancora condannato definitivamente. In Italia il numero dei presunti è altissimo. Altre volte chi sembra un capo, invece non lo è, e viene comunemente chiamato PUPO. Ovvero una marionetta che viene mossa da un PUPARO.
PENTITO. È forse la nostra più brillante invenzione linguistica, che nobilita alla luce della religione cattolica, i comportamenti del delatore. Il “pentito” è quasi sempre un membro di un’organizzazione criminale. Non ci sono pentiti nel mondo della politica. Nella P2 ce ne fu uno solo, Maurizio Costanzo. Il pentito di mafia si confessa (in genere tonnellate di omicidi) e dichiara due cose: 1) Cosa Nostra non è più quella di una volta. 2) D’ora in poi righerà dritto. Cambia nome e appena lo lasciano libero, toma al paese per regolare alcuni conti in sospeso. Nell’apice della lotta alla mafia, ci furono 1850 pentiti di mafia: un numero notevole, se si pensa che molti ancora sostenevano che la mafia non esisteva proprio. Contro il pentito la mafia mette in pratica la VENDETTA TRASVERSALE, ovvero uccide i suoi parenti strettì per convincerlo a tenere la bocca chiusa. Ma il termine oggi è anche usato per una pratica politica normale.
Nei misteri italiani ci sono poi delle circostanze che si ripetono con incredibile frequenza. Per esempio, di fronte a un cadavere eccellente c’è sempre un qualcosa appartenente all’assassinato che non si trova più. La borsa di Aldo Moro, l’agenda di Paolo Borsellino, il floppy disk di Giovanni Falcone, gli appunti segreti del generale Dalla Chiesa, i documenti di Roberto Calvi, la lista dei 500 di Michele Sindona. Spesso sparisce anche un “memoriale”, che il defunto aveva scritto in previsione del suo assassinio. Altre costanti: la fonte maggiore del ricatto sono le abitudini sessuali dell’“attenzionato”. Dai tempi del Sitar fino al “caso Boffo” quello che si cerca è l’omosessualità. Seguono gli adulteri e i figli segreti. Le informazioni confluiscono in “fascicoli” sempre rigorosamente senza firma. (Il Sifar, di questi fascicoli, nel 1970 ne possedeva 157mila. Una legge ordinò di farne un falò, ma non andò proprio così).
Al vecchio corpo cartaceo dei fascicoli si sono oggi sostituiti il respiro, l’intonazione di voce, le pause, il dialetto delle “intercettazioni telefoniche”. Ci sono quelle ufficiali, e ci sono quelle che alcune agenzie private possono recuperare. Ci sono quelle che dovrebbero essere distrutte, ma non lo sono. Ci sono le espressioni dialettali (o lo slang malavitoso) di difficilissima interpretazione. Il risultato è che quasi mai l’interettazione inchioda; al massimo consegna il profilo culturale di una persona. Per esempio: quando il famoso banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia dei tempi di Mani Pulite disse, intercettato, al telefono: “Di Pietro mi ha sbancato”, intendeva forse dire che gli aveva dovuto pagare dei soldi sotto ricatto? “Ma no”, rispose il banchiere: “Avevo detto sbiancato”, che vuoi dire, mi ha stupito, mi ha colpito così forte che sono diventato pallido. E quando lo stalliere mafioso Vittorio Mangano offrì un carico di droga per Berlusconi e Marcello Dell’Utri gli rispose “Iddu nun sura”: quel “sura”, voleva dire “non suda” o “non scuce”, “non sgancia”? Non gli interessa proprio l’oggetto, o non ha i soldi per pagare? Bei problemi. Aveva ragione il vecchio Provenzano, che si affidava solo ai “pizzini”. Fogliettini di carta che ci hanno riconsegnato un’Italia del passato, fatta di brani del Vangelo accompagnati da benedizioni divine, dimostrazioni di affetto, effusioni familiari. I misteri d’Italia non finiranno mai. La tecnologia non aiuterà a risolverli, ma piuttosto ne moltiplicherà il numero e gli addetti; l’unico antidoto pare essere la cattolica confessione, frutto del pentimento. Quanto poi alla ragione dei misteri, essa si è persa nella notte dei tempi. Dicono alcuni che si trattasse della collocazione geopolitica dell’Italia; dicono altri, di una vocazione nazionale al complotto e alla lettera anonima (Machiavelli è pur sempre il nostro esempio di uomo pubblico); sostengono storici che vi abbia molta parte l’istituto dell’Inquisizione e la colonna infame manzoniana. Altri ancora accusano la divisione in classi sociali e una certa avversione degli abbienti nei confronti dei meno abbienti. Altri il clima: certi pomeriggi italiani, così immobili, così eterni, così caldi sono così noiosi, che qualcosa bisogna pur fare per passare il tempo.