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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

SOLO LA RETE PUO’ FERMARE LE CRISI

Dopo un anno e mezzo in cui i più tra gli osservatori dicevano il contrario, ecco che in pochi giorni l’Italia finisce dritta nel vortice dell’eurocrisi. Malgrado il fatto che abbia realizzato i più bassi deficit pubblici in questi anni, insieme alla Germania. Come nel post Lehman Brothers, si torna a porre la classica domanda. Ma allora a che cosa serve l’economia, se non predice mai niente di ciò che avviene? In realtà, l’economia non è una scienza, ma una disciplina che studia le interrelazioni umane, e usa la formalizzazione matematica per sempre più sofisticati modelli interpretativi e previsivi. E ogni modello incorpora in sé l’assunto di fondo teorico della scuola che l’ha sviluppato, quindi è tutt’altro che assimilabile a un modello della fisica, sia essa newtoniana, einsteiniana o quantistica. Nel classico "single agent models" si ipotizza che la macroeconomia è basata su macroapplicazioni dei comportamenti standard di un tipo di agente per categoria, al variare di alcuni fattori: un consumatore, un risparmiatore, una banca, un’impresa, e via dicendo. I modelli ipotizzano come la loro interazione al variare di prezzi e offerta monetaria, spesa pubblica e tasse, possa tradursi in fluttuazioni del Pil o dei prezzi, dei consumi e degli investimenti. Ma ecco due domande. Funziona davvero così, il mercato laddove c’è, e l’economia pianificata laddove purtroppo persiste? No, in realtà l’economia è un enorme aggregato di transazioni in cui milioni di operatori interagiscono tra loro non secondo comportamenti standard, ma con logiche di "rete" influenzate da moltissimi fattori. In più, per capire le origini della crisi del 2008, cioè delle bolle finanziarie e immobiliari, dobbiamo scegliere un’altra prospettiva. Per esempio quella indagata dal geniale Hyman Minsk che ha "modellizzato" gli effetti di rapido apprezzamento degli asset, seguite poi da euforia creditizia, ulteriore rialzo dei prezzi, crollo e corsa alla vendita, con panico generale. Conclusioni. Per studiare meglio la grande crisi alle nostre spalle abbiamo bisogno di modelli non solo macro, ma sempre più micro. In cui gli agenti vanno tipizzati per i loro comportamenti "di rete". Ed è la fisica delle reti, insieme alla capacità di calcolo del digitale, a dover venire in soccorso all’economista, se quest’ultimo non vuole restare tristemente incapace di predire nuove crisi. I ribassisti contro l’euroarea (che si parli di Grecia, Portogallo o Italia) sono intermediari che si muovono a scia, per soglia di massimizzazione a breve e brevissimo termine. Ma non si comportano tutti allo stesso modo. Se sono hedge funds, fondi d’investimento non bancari, o altre banche clienti di grandi banche che smerciano credit default swap sovrani (mirati a coprire il rischio di default di un paese) a tonnellate e i loro comportamenti ribassisti sono diversificati. Ed è per capirlo meglio, che agli economisti servono i modelli fisici evolutivi delle reti.