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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

FINI CI DEVE 100 MILA EURO

C’è un caso evidente per capire dove i costi della politica siano necessari per l’esercizio della democrazia, come rivendicano con orgoglio i parlamentari che ieri hanno approvato il bilancio della Camera che prevede 150 milioni di tagli in tre anni ai costi della politica, e dove invece quei costi siano solo ipocrisia beffarda verso i cittadini. Il caso è quello di Gianfranco Fini, presidente della Camera. Proprio lui avrebbe potuto mostrare il colpo d’ala in questi giorni in cui si discuteva il taglio delle spese della Camera dei deputati. E non l’ha fatto, pur avendo a disposizione quasi 100 mila euro netti all’anno che i cittadini gli versano in modo quanto meno ingiustificato. Non si tratta dello stipendio, ma di rimborsi spesa per spese che Fini non ha. Intendiamoci, Fini non si comporta diversamente da tutti i suoi predecessori, né diversamente da decine di parlamentari che quei rimborsi ottengono senza spendere e senza giustificazione logica che li possa motivare. Ma il presidente della Camera è il capo della truppa, e da lì si pretenderebbe il buon esempio, che è arrivato ad esempio dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Non si tratta nemmeno di tagliare il suo stipendio, che pure è generoso. FIOR D’AFFITTO Ma almeno ci si sarebbe attesi da Fini il buon esempio della rinuncia volontaria dei rimborsi ottenuti per spese che lui non sostiene. Cominciamo dalla diaria.Oggi ammonta a 3.503,11 euro al mese perché in versione ridotta fino al 2013. Poi tornerà a salire di 500 euro al mese, a 4.003,11. Come lo stesso sito Internet della Camera dei deputati spiega la diaria “viene riconosciuta, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma”. È comprensibile quindi che sia percepita da un deputato residente a Milano, a Palermo, a Venezia o a Bari. Eletto a Roma, ha bisogno per andare alle sedute parlamentari di affittare un appartamento, un residence o una stanza d’albergo per soggiornare nella capitale. Ma Fini, che a Roma vive, che spesa di soggiorno ha per andare in piazza Montecitorio? Quei 3.503 euro da lui percepiti rimborsano dunque una spesa che non sostiene. Sono una sorta di mutuo che gli italiani pagano a Elisabetta Tulliani, la proprietaria della casa dove Fini risiede con la famiglia. Che senso ha? Sono 40 mila euro all’anno (quasi 50 mila dal 2013), non una bazzecola. Ed è una non-spesa che gli italiani rimborsano non solo a Fini, ma a una cinquantina di deputati residenti a Roma e a qualche decina di senatori che si trova nella stessa identica condizione. Non era un bel segnale iniziare proprio da lì, da quella spesa ipocrita e ingiustificata, il taglio dei costi del palazzo che Fini per primo aveva invocato ma non praticato? TAXI CARISSIMI E non sono i soli. Perché ai deputati (i senatori sono trattati perfino meglio), è concesso un rimborso spesa trimestrale di 3.323,70 euro. Circa 1.108 euro netti al mese, che per decine di migliaia di italiani vale uno stipendio. Quel rimborso è giustificato - lo dice sempre il sito Internet ufficiale della Camera - “per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra l’aeroporto di Roma - Fiumicino e Montecitorio”. È una sorta di rimborso taxi da e per l’aeroporto allo scopo di raggiungere dalla propria città di residenza la Camera dei deputati dove si svolge il proprio mandato. Lo percepisce anche Fini, che abita a Roma. Scusi, signor presidente della Camera, lei che volo aereo deve prendere dal quartiere romano Aurelio - dove abita - fino a Montecitorio? E perché non rinuncia a quel rimborso per una spesa che lei non sostiene, e che invece è giustificata per colleghi di altre regioni? Si tratta di 13.300 euro netti all’anno, si può iniziare da lì a risparmiare. Naturalmente nella stessa situazione di Fini sono anche la cinquantina di altri deputati e le decine di senatori che sono residenti a Roma. Anche loro non dovrebbero ricevere un rimborso per spese che non sostengono di sicuro. E non sono gli unici. Perchè nell’attesa di tagli sostanziali alle auto blu, tutti i ministri, viceministri e sottosegretari, così come i membri dell’ufficio di presidenza della Camera, i presidenti di commissioni e perfino i vicepresidenti, non usano il taxi per andare in aeroporto. Li porta una delle macchine di servizio legate allo status. Che sia personale o ad uso collettivo, poco importa: non c’è ragione che a loro sia data una somma chiamata “rimborso spesa” per una spesa che non è sostenuta. Stiamo parlando di 140 - 150 parlamentari, non pochissimi. Se diaria e rimborso taxi fossero concessi solo a chi ha spese vere, il palazzo potrebbe riuscire a risparmiare subito 4 milioni di euro all’anno che sono buttati via. Sarebbe un taglio che non toccherebbe alcuna prerogativa del parlamentare, né metterebbe a rischio l’esercizio della democrazia. Toglierebbe solo lo spreco, l’inutile. PORTABORSE Nel caso di Fini, come di tutti i presidenti della Camera, non è giustificato nemmeno un altro rimborso, quello di 3.690 euro per “le spese inerenti al rapporti fra eletti ed elettori”. È la cifra che si dà ai deputati per assumere collaboratori (un tempo chiamati portaborse) che li aiutino nell’ufficio. Il presidente della Camera ha diritto a collaboratori assunti e pagati direttamente dall’istituzione (Fini non paga di tasca sua nemmeno le due segretarie che si è portato dietro, né il portavoce). Quel rimborso, quasi 45 mila euro all’anno, per Fini è dunque ingiustificato. Paga spese che non sono sostenute. Sarebbe stato il minimo gesto annunciare ieri la rinuncia mentre si votava il bilancio della Camera. E magari partire da sé per annunciare anche la fine dell’andazzo con cui si rimborsavano spese non sostenute. Invece solo il silenzio ha accompagnato ieri il voto di quel bilancio dove ancora vivono decine di ipocrisie. Si fa finta di tagliare spese, e invece si rinuncia solo ad aumenti di spesa (per altro imposti dal governo Prodi fino al 2012). Si racconta che l’inflazione fa crescere il costo dei servizi quando (a iniziare dalla spesa telefonica) è vero il contrario: da anni dove c’è concorrenza, il costo diminuisce e aumenta solo nel bilancio del Palazzo. Ieri c’era una buona occasione per avvicinare la casta ai cittadini italiani. È stata buttata alle ortiche. Come i centomila euro di rimborsi per spese che non ha, a cui Fini si è ormai affezionato.