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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

I PREZZI DA PAGARE I SACRIFICI DA CHIEDERE - È

ormai chiaro a tutti che l’Italia è in una situazione di emergenza. Il differenziale di tassi tra i nostri titoli pubblici e quelli tedeschi è schizzato oltre i 350 punti base, 3,5%; le Borse sono in calo; le cifre sull’andamento dell’economia sono deludenti nel nostro Paese, ma anche negli Usa, Inghilterra e nell’area euro, inclusa la Germania. I temi in gioco sono due: sostenibilità del nostro debito pubblico e crescita economica, due questioni strettamente connesse.
L’Europa uscì dalla guerra con un rapporto del debito rispetto al Prodotto interno lordo (Pil) di oltre il 100%: ci mise anni a ridurlo e lo fece gradualmente, grazie alla crescita. Oggi le prospettive di sviluppo ci dicono sia irrealistico pensare che questa sarà la soluzione al problema della sostenibilità del debito. La Finanziaria dell’estate 2010 e la manovra appena approvata, contando sull’ipotesi ragionevole di una crescita reale del Pil dell’ 1%nel 2011 e nel 2012, ci porterà a rispettare l’impegno con Bruxelles sul raggiungimento di un deficit inferiore al 3%entro il prossimo anno. Tuttavia, il livello dei tassi di interesse raggiunto oggi, non sembra sufficiente a rassicurare i mercati sul fatto che sapremo onorare i nostri impegni.
È urgente quindi considerare l’opportunità di una manovra bis. Un ulteriore aggiustamento, tuttavia, avrebbe un effetto di stabilizzazione sul rapporto debito-Pil solo se non avesse conseguenze negative sulla crescita. Il consolidamento fiscale (le azioni per tenere in ordine i conti pubblici), come indica uno studio recente del Fondo monetario internazionale, basato sull’esperienza di vari episodi in diversi Paesi, ha un effetto frenante sulla crescita. Questo è vero soprattutto in situazioni in cui la Banca centrale, nel nostro caso la Bce, non sia disposta ad abbassare i tassi d’interesse per controbilanciarne le conseguenze sulla spesa. Un costo del denaro più caro ha un effetto negativo sugli investimenti e quindi sulla domanda di beni e servizi e una diminuzione dell’inflazione attesa con a catena nuove conseguenze sul costo reale del credito e quindi, negativamente, sulla crescita. Queste considerazioni ci porterebbero a dire «aspettiamo e speriamo che i mercati si calmino» .
Tuttavia, quando un Paese ha, come l’Italia, un debito oltre il 100%del Pil, l’effetto di una manovra bis sulla crescita potrebbe avere segno opposto perché determinerebbe un abbassamento del premio di rischio, quella parte cioè degli interessi di mercato che dipende dalla percezione della possibilità che il prestito non venga restituito. Se il debito è alto, il cosiddetto rischio Paese (che come abbiamo visto si manifesta in una maggiore spesa per finanziare il debito pubblico), è correlato molto strettamente al costo del credito alle imprese. Le nazioni con un alto rapporto tra debito e Pil mostrano infatti una alta correlazione tra il premio di rischio sul debito pubblico e quello del loro settore privato. I credit default swaps (che sono strumenti finanziari che misurano di fatto questo rischio) sia del settore bancario sia delle imprese industriali e di servizi, sono intrecciati agli spreads, il differenziale tra i tassi di interesse dei vari Paesi. Quindi, a parità di tassi determinati dalla Bce, il costo del credito nelle nazioni con alto debito è più alto di quelle con indebitamento più moderato. In questo caso il consolidamento fiscale, producendo un ribasso sul costo del credito attraverso l’effetto dei premi di rischio, avrebbe un effetto positivo sulla crescita.
Un lavoro recente di Corsetti, Kuester, Meier e Muller— studiosi europei di politica fiscale — mostra per esempio che con un rapporto debito-Pil oltre il 90%, gli effetti sul costo del credito dovuto al contenimento del premio di rischio prevalgono su quelli relativi alle aspettative sull’inflazione. Nella situazione italiana, in cui è realistico pensare che si possa arrivare nel corso dell’estate a spreads anche superiori ai 400 punti base (cioè una situazione in cui la correlazione tra rischio Paese e rischio impresa diventa vicina a uno), è imperativo considerare seriamente l’opzione di una manovra addizionale da fare subito. Questo non solo in nome del rigore, ma anche in quello della crescita.
Gli italiani sono entrati nell’euro grazie ai sacrifici fatti negli anni Novanta. Se sia possibile chiedere gli stessi sacrifici oggi dipende tuttavia dall’equità di una possibile ulteriore manovra e dalla capacitá di trovare un consenso ampio tra le parti sociali attorno ad un progetto per tutti. Non c’è tempo da perdere.
Lucrezia Reichlin