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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

IL TESORO VA A CACCIA DEI RICCHI FONDI ASIATICI —

La missione è partita all’inizio della settimana e nel suo genere per l’Italia non ha precedenti. Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro, ieri ha dovuto partecipare via teleconferenza al comitato di stabilità finanziaria di Roma perché si trova in Estremo Oriente. Ieri è atterrato a Hong Kong, prima era stato a Pechino e nelle prossime ore proseguirà per Singapore.
Non è difficile capire perché Grilli sia in Asia proprio quando la crisi di sfiducia dei mercati verso l’Italia arriva alla resa dei conti. Per il Tesoro, si tratta di trovare nuovi investitori di peso interessati a comprare titoli di Stato di Roma mentre alcuni dei soggetti occidentali— banche, assicurazioni, fondi pensione — prendono le distanze. Di qui la missione del massimo responsabile tecnico delle finanze: né a New York, né a Londra né a Francoforte, ma diecimila miglia più a est fino a Pechino. Qui Grilli ha visto i responsabili del fondo sovrano cinese, un motore di liquidità che vale attualmente circa tremila miliardi di dollari. È la prima volta che l’Italia chiede il sostegno della nuova potenza globale, di cui in passato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva criticato l’aggressività commerciale. Ma ora anche il governo italiano vorrebbe un po’ di sostegno dai proventi del surplus cinese. A Hong Kong Grilli invece ha incontrato investitori privati, prima dei contatti a Singapore con il fondo sovrano della città-Stato, un polmone finanziario da varie centinaia di miliardi.
Prima dell’Italia, anche la Grecia, il Portogallo e la Spagna hanno cercato il sostegno cinese. Che lo faccia il governo di Roma mette in luce però anche il rapporto difficile che sembra esserci fra l’Italia e la Banca centrale europea. Il Tesoro ne vorrebbe il sostegno, magari tramite acquisti di titoli di Stato. Ma la Bce non vuole neppure parlarne se il governo non mostra a sua volta di voler prendere misure economiche — di risanamento e per la crescita — adeguate alla serietà della situazione. Il premier Silvio Berlusconi in questi giorni si è consultato con il governatore Mario Draghi, ma non con il presidente della Bce Jean-Claude Trichet: un silenzio impensabile, in circostanze diverse, fra il leader di un Paese sotto attacco e il capo della sua banca centrale.
Non che all’Eurotower la crisi non sia seguita con cura: oggi e domani ne parlerà il consiglio dei governatori. È ormai chiaro a Francoforte che nelle grandi piazze finanziare vendere i titoli italiani, bancari o governativi, è il modo più diretto per puntare allo sfascio dell’euro. A questo Trichet non è certo indifferente. In certi segmenti del mercato italiano la liquidità sembra molto indebolita, mentre c’è già chi si prepara a un attacco alla Francia. Alla fine della riunione di domani, Trichet potrebbe anche annunciare che l’Eurotower lancerà nuove aste a lungo termine per dare ossigeno agli istituti di credito sotto attacco. Non è scontato, ma in passato lo ha fatto. Certo, al francese piacerebbe che nel frattempo l’Italia annunciasse che anticiperà l’obiettivo del pareggio di bilancio. È uno sforzo comparabile a quello compiuto nel ’ 96-’ 97 per entrare nell’euro. E la posta, stavolta, forse è anche più alta.
Federico Fubini