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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

Il muro di Giugliano Arroccati in un fortino per difendersi dai rom - Da una parte la zona industriale di Giugliano, che con i suoi 120 mila abitanti è il Comune non capoluogo di provincia più popoloso d’Italia, dall’altra quattrocento rom, numeri ufficiali alla mano, che secondo le stime ufficiose potrebbero essere almeno il doppio

Il muro di Giugliano Arroccati in un fortino per difendersi dai rom - Da una parte la zona industriale di Giugliano, che con i suoi 120 mila abitanti è il Comune non capoluogo di provincia più popoloso d’Italia, dall’altra quattrocento rom, numeri ufficiali alla mano, che secondo le stime ufficiose potrebbero essere almeno il doppio. In mezzo seicento e passa metri di cemento con blocchi alti più di due metri. Un muro, anzi una recinzione, come preferisce chiamarla Angelo Punzi, il presidente del Cig, il Consorzio di aziende promotore dell’iniziativa, che è costata 300 mila euro, interamente sborsati dalla Provincia di Napoli. Realizzazione a tempi di record, visto che si tratta comunque di un’opera pubblica: gara d’appalto a maggio, prima pietra a fine mese e consegna dei lavori domani, con tanto di cerimonia. «Ha funzionato tutto - spiega Punzi - dal canto nostro avevamo scelto una persona che ha avuto come compito quello di monitorare l’avanzamento dei lavori». La parola d’ordine era fare presto: nel mese di aprile Prefettura e Procura erano riuscite a sgomberare quel campo rom nato e prosperato in oltre vent’anni di abbandono della zona Asi, l’acronimo che dovrebbe individuare l’area destinata alle industrie, allo sviluppo, al lavoro insomma. Storia strana quella dell’Asi. Qui a Giugliano c’è sempre stata, ma era nascosta da questo formicaio che ospitava oltre un migliaio di persone. Una baraccopoli a ridosso di aziende altamente specializzate e in affari con gli Emirati Arabi e gli Stati Uniti. Un assalto continuo a cavi e stampi di rame, materie prime preziose, linee telefoniche, centraline elettriche. Tre furti alla settimana in media, per oltre dieci anni. All’immediato danno economico, le 53 aziende che avevano sede lì dovevano farsi carico anche di spese di sorveglianza e di diversi giorni di fermo delle macchine. Perché rubare i cavi del telefono o asportare uno stampo in rame può portare fino a 16 giorni di stop alla produzione. Certo, non è detto che a rubare siano sempre e solamente i rom. «Noi non abbiamo mai detto che a rubare sono stati i rom - ci tiene a precisare Punzi, titolare della Gma, un’azienda che fornisce componentistica al gruppo Finmeccanica - anzi sappiamo che potrebbero esserci altre persone che si nascondono dietro questo alibi». Anche perché, tranne in rari casi, le denunce fatte alle forze dell’ordine sono state sempre a carico di ignoti. «Col passare dei furti - continua il presidente del Consorzio - abbiamo adottato anche un sofisticato sistema di videosorveglianza, ma alla fine chi rubava aveva capito che bastava indossare un cappuccio». Torniamo al 12 aprile scorso. L’Arpac (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania) stabilisce che i rom vivevano su una bomba ecologica: nel sottosuolo c’erano concentrazioni di veleni mai visti prima. Così la Prefettura e la Procura danno il via allo sgombero. Circa 120 rom vengono ospitati nel campo che il comune di Giugliano aveva appena allestito: 23 container adiacenti alla zona industriale con tutti i servizi del caso. Il restante, 400 quelli censiti ma il conto fa sicuramente difetto, è stato semplicemente allontanato. «Mi avvilisce il fatto che la costruzione di questa recinzione sia passata come un atto razzista - mastica amaro Punzi. Per anni abbiamo lottato contro il degrado di questa zona. I campi rom, l’immondizia che qui si accumulava a tonnellate». Poi Punzi ricorda: «Una volta un mio socio, un arabo, iniziò a ridere perché per entrare nella mia azienda doveva passare tra due ali di immondizia. Mi sono vergognato come un ladro». Ieri in quei viali sono spuntati per la prima volta i fiori: il consorzio di imprese impiega 1800 operai, la maggior parte della zona. «Io sono convinto conclude Angelo Punzi - che qui si può fare impresa, occorre solo rimboccarsi le maniche come abbiamo fatto noi. Razzisti? Ma quando mai, noi vogliamo solo lavorare». E i rom cacciati dal campo abusivo? Si sono accampati a meno di un chilometro di distanza, dilagando su campi di agricoltori della zona e occupando abusivamente dei casolari. Saranno meno di un migliaio e contro di loro lottano il gruppo di proprietari di fatto espropriati. Ma questa è un’altra storia.