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 2011  agosto 03 Mercoledì calendario

La guerra del cibo per salvare il Corno d’Africa - È immenso, il Paese della Fame. Va da Gibuti, dove il polso del Mar Rosso batte contro due continenti, al Lago Turkana nel Nord del Kenya, dall’Ogaden etiopico alla Somalia

La guerra del cibo per salvare il Corno d’Africa - È immenso, il Paese della Fame. Va da Gibuti, dove il polso del Mar Rosso batte contro due continenti, al Lago Turkana nel Nord del Kenya, dall’Ogaden etiopico alla Somalia. E il suo popolo dolente conta ormai 12 milioni di persone, almeno. Migliaia di loro ogni giorno, da mesi, si mettono in moto, lasciano dietro di sé capanne vuote, campi e pascoli uccisi dal sole, le tombe dei bimbi e dei vecchi che la siccità ha già falciato. Marciano senza sosta, per giorni, fino allo sfinimento, in pianure sabbiose che riflettono luci gialle, tra colonne di polvere che si alzano verso il cielo, il caldo che li assale come una bestia: cercano di raggiungere le città e, ancora più lontano, le zone dove hanno aperto campi di soccorso. È una biblica migrazione; queste bucce di essere umani non hanno in mente che due cose, ossessivamente: acqua e cibo. Prima di morire. Li guidano le tracce di coloro che sono già partiti. Impossibile sbagliare strada; a segnare la via restano le carcasse del bestiame, e i poveri oggetti che gli altri hanno gettato via per essere più leggeri, perché ormai non servivano a nulla, a un passo dalla morte. La siccità ha asciugato i pozzi, anche quelli che da secoli, nella memoria puntigliosa dei nomadi, restavano sempre come ultima risorsa. I più vecchi la ricordano, l’hanno già percorsa, questa pista: è la stessa di vent’anni fa, quella che scende verso Baidoa e il Giuba, fendendo le regioni disperate di Bakool e dello Uebi Shebeli, terre uccise da una maledizione ormai antica. Anche allora fuggivano la carestia, altre colonne esauste, asciugate dalla fame, scivolarono nelle steppa arida, cercarono un po’ di ombra sotto i cespugli spinosi, lasciarono dietro di sé migliaia di morti. Incrociarono pick-up zeppi di uomini in armi, arroganti, affaccendati nella loro guerra. Quegli affamati, che pure erano loro fratelli, non ebbero diritto alla fraternità. Erano i lanzichenecchi dei signori della guerra. Oggi passano gli stessi pick-up e altri uomini armati, i guerrieri di al Shabab. Dicono di battersi in nome di Dio, ma è un Dio che non ha insegnato loro la misericordia. Non hanno tempo da perdere per questi disperati, il paradiso ha una porta stretta; e la guerra li tiene stretti e li rende pazzi. Molti degli affamati in fuga sono vittime di questi fanatici, derubati del poco che restava loro per estorcere la «zakat», l’elemosina che alimenta la guerra. La siccità aveva portato via tutto, ucciso capre e montoni; ma questo dio avido non concede sconti o rinvii. Sono gli shebab che hanno cacciato le organizzazioni umanitarie, accusandole di uccidere l’agricoltura locale con le razioni alimentari. E già la Somalia moriva di fame. Esigevano, questi devoti, diecimila dollari per concedere alle Ong un permesso di sei mesi di aiutare la gente a non morire. Così, mentre la siccità, la peggiore da sessant’anni, annientava i raccolti, un sacco di mais da cinquanta chili da cinque euro è salito a 40, un prezzo che la maggior parte della popolazione non può pagare. Il 31% della popolazione rischia di morire. Fino a ieri era una «situazione di emergenza», ora nel vocabolario dell’Assistenza è diventata «carestia». È una corsa contro il tempo, feroce, dove non c’è la possibilità di rimediare se si perde. Tutti generosamente si battono, senza tregua, senza respiro. La Croce Rossa ha appena distribuito tremila tonnellate di cibo a 160 mila persone nelle aree controllate dagli islamisti. È la prima di queste dimensioni dall’inizio dell’anno, ma Andrea Heath, uno dei responsabili, è cauto, ha raggiunto solo una piccola parte di coloro che hanno bisogno. Il programma alimentare mondiale (Pam) prosegue a sua volta il ponte aereo per Mogadiscio, mentre nel campo di Dadaab l’Unicef ha avviato la campagna di vaccinazione contro la poliomielite che rischia di fare strage fra i bimbi stremati. Un aereo del governo italiano arriva a Nairobi oggi, con aiuti per la Croce Rossa. Oltre un milione di bambini in tutta la Somalia del Sud devono essere salvati e 640 mila soffrono di malnutrizione acuta. Si calcola che occorrano, per sconfiggere la carestia, almeno 2,4 miliardi di dollari. Oggi è disponibile un solo miliardo.