Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  agosto 02 Martedì calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 144 - LA CONTESSA DI CASTIGLIONE

La contessa di Castiglione.

Senta, non è stata così importante. Specialmente durante il congresso di Parigi. Glielo dico con le parole di Ghisalberti, il nostro grande risorgimentista: «Per l’amor di Dio e della verità, non trasformiamo Nicchia in uno dei protagonisti del Risorgimento e non facciamo della camicia di finissimo lino indossata nella notte di Compiègne, e che ella avrebbe voluto, e non ottenne, avere addosso anche nella bara, una bandiera nazionale». Nicchia è uno dei soprannomi di Virginia. Virginia Oldoini, detta Nicchia, Ninì o Nini, Mina, Nina eccetera. «Vulva d’oro del Risorgimento» secondo Rattazzi. Mah, sono romanzi.

Non sottovalutiamo il mito. Mito, è un mito.

D’accordo, era effettivamente bellissima, e le sue foto colpiscono parecchio anche oggi. Si sapeva esibire, ed era in questo di una modernità sconcertante, per esempio quella sua immagine titolata Scherzo di follia in cui ci guarda col solo occhio destro attraverso un portafoto vuoto. Piega delle labbra leggermente all’ingiù, in posa di broncio o di preludio all’ira. Ambiguissima. Si faceva fotografare i piedi, ci sono sculture che rappresentano semplicemente i suoi piedi o le sue mani. Era capace di presentarsi alle feste in abiti trasparenti...

Che cos’è la «camicia di finissimo lino indossata nella notte di Compiègne»?

Una camicia talmente fine che la si stringeva tutta in un pugno. Virginia la mise per il primo incontro con Napoleone III. L’imperatore s’intrufolò nel suo letto in veste da camera, cioè camicione e pantaloni a sbuffo, tipo zuava. Mancava qualche settimana al Natale 1856. La faccenda durò mezz’ora, dall’una e mezza di notte alle due.

Come abbiamo questi dettagli?

Il diario della marchesa Tisey-Chatenoy. Ma a quell’epoca tutti scrivevano di Nicchia e lei stessa teneva un journal, mezzo distrutto alla sua morte per volontà dei politici italiani e francesi (era il 1899, le sigillarono la casa e l’allora giovane Carlo Sforza fece piazza pulita di tutto quanto potesse esservi di compromettente). Parliamoci chiaro, la Castiglione era una spia.

Questa storia, delle decine di amori e amorazzi, è vera?

Sì, certo, è andata a letto praticamente con tutti. Ma non direi con Cavour, anche se non si può giurare. Cavour era forse l’unico uomo che le faceva paura. A proposito, la lettera sgarbata riportata da Grillandi nella sua biografia-best seller è un falso. Storie con Vittorio Emanuele II, con Henri d’Ideville, con i fratelli Doria, con Nigra eccetera. Una lista molto lunga. Sulla storia con Nigra (e soprattutto di Nigra con l’imperatrice Eugenia), può leggere il best-seller degli anni Quaranta Ottocento di Salvator Gotta, da cui venne poi tratto un famoso sceneggiato tv (1959) in cui Nigra era interpretato da Sergio Fantoni e la contessa da Lea Padovani. Non sto a farle l’elenco degli altri film e degli altri sceneggiati. Certo, Nigra era bellissimo anche lui. Quanto a Virginia, donna facile se eri ricco, anche se al banchiere Thomas Smiles, che le aveva offerto un palazzo per vederla nuda, rispose di no. Vittorio Emanuele II l’avrebbe presa la prima volta in giardino, di notte, durante una festa, cinque volte consecutive, contro un albero...« La contessa era una giumenta araba che bisognava tenere bene stretta in mano e che comunque vi f...a terra ». Così scrisse a Matilde Bonaparte.

Ma era sposata?

Sì, sposata a 17 anni, col conte Francesco Verasis di Castiglione, il quale un mese dopo averla impalmata parlava già di divorzio (divorziarono in effetti dopo pochi anni). Pessima moglie e pessima madre di un solo figlio, morto a 24 anni. Era nata a Firenze, città della madre (un altro stinco di santo), e aveva passato l’infanzia a far su e giù tra Firenze e La Spezia, allora un borgo marinaro, dove era nato il padre. Era del ‘37, quindi all’epoca del congresso di Parigi aveva 19 anni. Cavour ne fa cenno il 22 febbraio 1856, in una lettera a Cibrario. « Vi avverto che ho arruolato nelle file della diplomazia la bellissima contessa di Castiglione, invitandola a coqueter ed a sedurre, ove d’uopo, l’Imperatore; gli ho promesso che ove riesca avrei richiesto pel suo padre il posto di Segretario a San Pietroburgo. Essa ha cominciata discretamente la sua parte al concerto delle Tuileries di ieri ». Qui deve esserci un inganno, perché da altre fonti sappiamo che l’imperatore la conosceva già. La fama della sua bellezza la precedeva ovunque andasse e bastava a radunare di fronte a casa sua uomini come mosconi. Quanto al padre, ottenne poi sul serio quel posto. Cavour lo chiamava regolarmente «quell’imbecille del marchese Oldoini». In effetti un uomo da poco, in tutti i sensi.

Queste coquetteries della Castiglione non servirono davvero a niente?

Cavour era così disperato, e così convinto che il congresso sarebbe stato un disastro...S’attaccò a tutto. La Castiglione e i fondi neri per corrompere russi e turchi. Se i russi e i turchi avessero ceduto all’Austria qualche terra in Oriente, l’Austria avrebbe dovuto mollare almeno la Lombardia (vecchio progetto Balbo). Lei non ci crederà, ma i russi e i turchi si meravigliarono delle offerte del conte: non erano assolutamente disposti a farsi comprare. Romeo commenta sconsolato: «Sono espedienti che deludono non solo come innegabili cadute di stile ma anche per la loro pressoché totale sterilità».