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 2011  agosto 02 Martedì calendario

Ma perché la sinistra detesta l’Ikea? - Dev’esser che loro, la sinistra da salotto, il salotto non lo arreda­no all’Ikea

Ma perché la sinistra detesta l’Ikea? - Dev’esser che loro, la sinistra da salotto, il salotto non lo arreda­no all’Ikea. In effetti la libreria «Bil­ly », quella dei proletari a 49 euro e 90, a casa di Piero Fassino non te la immagini,lì ci sarà di certo un arre­d­amento in noce e pelle umana al­l’altezza di Piero, che come si sa non scherza. E però chi l’avrebbe mai detto che dopo essere uscita dalle fabbriche la classe dirigente della sinistra avrebbe abbandona­to la classe operaia anche in casa. Eppure. Dopo Pisa Torino, prima di Torino Padova, dopo Padova Ri­mini: da una decina d’anni quando arrivano gli svedesi gli amministra­tori «rossi» fanno le barricate. «Un ponte per il futuro», diceva loslogandiGiancarloLunardiilsin­daco di Vecchiano. Sarebbe basta­to un divano Ektorp. O lo scaffale Expedit, che suona meglio. Invece laggiù in quel di Pisa la giunta di Pd e sinistra varia dall’Idv a Sel passan­do per Rifondazione, non è riuscita ad accordarsi (non è dato sapere se con se stessa o con la giunta di simil colori in Provincia), e alla fine Ikea ha preso armi, soluzioni per il sog­giorno e bagagli e ha detto addio a un progetto da 100 milioni e 350 po­sti di lavoro, perché sei anni di trat­tative passati invano sfianchereb­b­ero il peggior tirannosauro del sin­dacato, figurarsi gli svedesi. Non che non ci siano abituati ormai, alle lungaggini italiane: ogni volta uno slalom fra vincoli urbanistici, piani regolatori, uffici occupazioni suolo pubblico. Ma qui non è la burocra­zia, bellezza, è la politica. I paletti che a volte, da Milano a Catania, vengono abbattuti in perfetto swe­dish style, altrove si trasformano in palizzate inamovibili, come se il gruppo non stesse chiedendo, in ul­tima analisi, l’autorizzazione ad as­sumere dalle 250 alle 600 persone alla volta, per di più in strutture eco­logicamente sostenibili, per vende­re mobili low cost senza i quali un paio di generazioni di under 30mi­la euro l’­anno mai avrebbero potu­to arredare casa. Insomma le paro­l­e d’ordine della sinistra ci sono tut­te. Spiegava il capo di Ikea Italia Lars Petersson che «chi lavora con noi deve aderire al nostro codice di condotta Iway: rispetto dell’am­biente, prevenzione incendi, salu­te e sicurezza dei lavoratori, stato a norma delle strutture; ossequio del­le normative sui salari; prevenzio­ne del lavoro minorile». Ma se li metti tutti in fila, tentati o riusciti i boicottaggi hanno tutti un’aria ra­dical chic. Due giorni fa la lunga diatriba pi­sana era appena finita niente me­no che sull’ International Herald Tribune come esempio della «sco­raggiante via per la prosperità »del­­l’Italia, che è arrivata Torino a far parlare di sé per quei cinque anni di trattative al termine dei quali la Provincia ha detto no,i 160mila me­t­ri quadri nell’hinterland restano a destinazione agricola, con tanti sa­luti a un investimento da 60 milioni e 250 posti di lavoro. Racconta Gior­gio Rocchia, consulente Ikea, che la storia sarebbe ridicola se non fos­se tragica: «Siamo andati a parlare con l’allora governatore Mercedes Bresso. Era il 2006. La Regione vole­va anche un parco. Così abbiamo incominciato a opzionare i terreni e il progetto è diventato di 20mila metri quadrati di sviluppo urbani­stico e 80mila di parco lineare ». So­lo che poi le cose si sono ingarbu­gliate e adesso l’è tutto da rifare. Per non dire di Rimini, che oggi festeg­g­ia i fasti di cifre da traino per l’eco­nomia locale, ma che tre anni fa ha costretto Ikea a un calvario di mesi, i dipendenti ormai assunti pagati a sede ancora chiusa, i giornali che di­speravano: «Gli svedesi credono ancora a Babbo Natale».Prima an­cora c’era stata Padova, era il 2002 e in consiglio comunale si faceva not­tata per l’ostruzionismo della sini­stra contro l’invasore nordico. Uno se l’aspetta da Giovanardi, la crociata contro i disinvoltoni sve­desi, memorabile l’attacco contro lo spot «Siamo aperti a tutte le fami­glie » che ritraeva una coppia gay: «Offende la Costituzione» disse, e fu rissa. Ma a sinistra non si capi­sce. A guardarla dal lato economi­co, il mercatone Ikea funziona: la domanda cresce e l’offerta rispon­de, facile. Sarà un meccanismo troppo da destra liberale? Sarà che le Coop del mobile protestano? Di certo,c’è che un giretto all’Ikea alla sinistra farebbe bene. Magari al re­parto assemblaggio per ricostruir­si, con 12 euro e 99 ti danno l’avvita­tore e porti a casa pure le viti.