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 2011  agosto 01 Lunedì calendario

QUANDO MARIO SOLDATI CREAVA CON GLI OCCHI

Si conclude con l´uscita del terzo volume la pubblicazione delle opere di Mario Soldati nei Meridiani, molto ben curati da Bruno Falcetto, autore dei saggi introduttivi, della vasta cronologia e della bibliografia (con Stefano Ghidinelli). Ora che, grazie all´ultimo Meridiano, ho rimesso le mani su America primo amore, ripercorrendolo ancora una volta con piacere perché non ha perso niente della sua freschezza, mi chiedo quale sia la cifra vera di Soldati. Ci sono grosso modo due Soldati da prendere in considerazione: il primo è il diarista o se si preferisce il cronista che rende conto in modo piano e immediato della propria esperienza. America primo amore è un libro di questo genere. C´è già dentro il Soldati regista e viaggiatore. Se avesse avuto una macchina da presa portatile, invece che scriverlo, questo libro avrebbe potuto girarlo e di fatto è un libro scritto molto con gli occhi, con una serie di scene magnificamente visive, come il pranzo in casa degli emigrati italiani o la corsa in taxi attraverso Harlem e la successiva scena in cui il giovane Soldati invita a ballare, in un locale frequentato solo da neri, una nera piuttosto in carne e si fa respingere da lei perché si avvicina troppo…
Insomma questo Soldati si rivela nei diari in cui mette in primo piano la propria faccia, come farà poi, da autore televisivo, nei memorabili reportage alla ricerca dei cibi genuini. Nel libro-diario Fuga in Italia ancora una volta è questo Soldati a prevalere. L´Italia è distrutta (siamo nel ‘43) e viaggiare non è facile. I treni sono affollatissimi, le strade malsicure. I tedeschi risalgono la penisola incalzati dagli Alleati. Soldati attraversa questi momenti difficili, ma per allora "normali", quasi senza restituire il senso di tragedia e di incertezza che tutto avvolge, attento invece a cogliere appena possibile un brandello di felicità, in genere dovuto al cibo o al vino. Un contadino gli offre addirittura una sorta di champagne. "Sciampagna, lo chiama lui…E´ il vino più buono che ho bevuto in vita mia...Bombardano, ora, non lontano da noi. Mitragliano forse i camion tedeschi sulla strada maestra. Ma anche il bombardamento ci sembra allegro, tranquillo, come i mortaretti della festa del villaggio". Anni dopo scriverà un libro sui vini italiani, pieno di colori e di sapori. E di gente e di storie. Soldati non esita a scomodare Benedetto Croce e Gaetano De Sanctis per discutere il modo in cui bisogna valutare un vino. Il libro è spesso spassoso. Probabilmente anche utile, perché insegna a diffidare delle etichette. In fondo i vini non dovrebbero avere nome: dovrebbero essere semplicemente "il vino". Mi è accaduto di notare, leggendo Pavese, che quasi mai accenna al vino dandogli un nome. Il vino è vino e basta. Oggi è il contrario: conta la "griffe" molto più del contenuto.
Il secondo Soldati è il costruttore di racconti e di romanzi: un Soldati che usa la testa e costruisce la macchina narrativa talvolta con più, talvolta con meno sapienza. Sebbene il suo intento sia quello di scandagliare l´umana esistenza, il Soldati narratore riesce quasi sempre a far prevalere la trovata narrativa sul resto e quanto più la trovata è studiata bene, tanto più essa stessa sarà protagonista. Chi non ricorda La giacca verde dove una sorta di scherzo del destino fa sì che un buon musicista sia vittima e quasi preda di un musicista mediocre? La verità sul caso Motta che ricorda alla lontana il caso dello smemorato di Collegno, gioca sulla perdita di identità di un avvocato che si innamora perdutamente di una donna e finisce al manicomio. E ancora una volta molto elaborata è la storia narrata ne La busta arancione con donne perdute, madri caparbie e lettere decisive contenute, appunto, in una busta arancione: l´intreccio richiama questa volta il romanzo ottocentesco di cui Soldati fu alla fine un attento lettore, anche a causa dell´imprinting materno.
A Fogazzaro si dedicò anche come regista. Una storia complessa, tuttavia, quella della formazione culturale di Soldati, cresciuto nelle scuole dei Gesuiti. Non è forse "gesuitico", nel senso popolare del termine, l´atteggiamento del protagonista di Vittoria (uno dei racconti del libro d´esordio, Salmace) che è attratto veramente dalla moglie solo quando scopre che lei ha un´amante?
Uno dei romanzi più impegnativi (ed impegnati) di Soldati resta Le due città del ‘64. Le due città sono Torino e Roma: la prima rappresenta la solida tradizione, la seconda la corruzione. Emilio Viotti, il protagonista, vive tra le due realtà, attratto dal denaro e dalle donne. Cosa manca al romanzo? La tragicità. Soldati è in realtà più uomo da commedia che non da tragedia e quando imbastisce una trama che lo porta dritto al dramma esistenziale, si tira indietro. Ecco perché il Soldati di testa è meno felice dell´altro Soldati, quello che "ci mette la faccia" e tutto se stesso, ma senza farsi intimidire dagli intrecci o dalla necessità di buttarla sempre in filosofia. In questo senso America primo amore trionfa, insieme ai viaggi e alle cronache. Una controprova l´ho trovata in una lettera aperta scritta da Soldati a Garinei e Giovannini apparsa nel ‘57 sull´Illustrazione italiana e riprodotta in questo terzo Meridiano. Soldati confessa di non uscire più volentieri per andare al cinema o al teatro di prosa. L´unica cosa che lo diverte davvero è il varietà. "Sarà l´aria del libertinaggio. Sarà il liquore del vizio". Fatto sta che la passerella lo esalta, con tutte le soubrettine quasi nude e il crescendo dell´orchestra. In questo è in linea con Fellini (che per altro invidierà). Il varietà è anche una struttura libera: popolare fin che si vuole, ma "opera aperta" a saperla ben guardare. Ecco, il miglior Soldati lo si ottiene con il montaggio dei suoi "numeri" più belli, laddove è più libero e inventivo. Ha oltretutto il pregio di essere uno scrittore simpatico e frequentarlo sarà sempre un piacere.