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 2011  agosto 01 Lunedì calendario

L’Italia è invasa dagli scandali Pd - Se i sondaggi dicessero la verità e se ieri si fosse votato per il rinno­vo del Parlamento, oggi Pier Luigi Bersani sarebbe a palazzo Chigi e il Pd avrebbe la maggioranza dei seg­gi

L’Italia è invasa dagli scandali Pd - Se i sondaggi dicessero la verità e se ieri si fosse votato per il rinno­vo del Parlamento, oggi Pier Luigi Bersani sarebbe a palazzo Chigi e il Pd avrebbe la maggioranza dei seg­gi. Interrogarsi sulle violazioni di legge più o meno gravi che vengo­no imputate a questo o a quel diri­gente del Pd non significa dunque imbracciare il giustizialismo per fa­vorire un’altra parte politica, né ac­canirsi su una forza marginale o sconfitta, ma chiedere al presiden­te del Consiglio in pectore di rassi­curare gli italiani. Se davvero vuol essere un candidato credibile per Palazzo Chigi, Bersani non può più nascondersi dietro la propa­ganda: lo esigono non i suoi avver­sari, ma i suoi elettori. La scorsa settimana, subito do­po a­ver scritto due lettere al Corrie­re eal Fatto per rispondere ad alcu­ne obiezioni sull’inchiesta che coinvolge Filippo Penati, il segreta­r­io del Pd ha repentinamente cam­biato linea: i giornali,anziché esse­re il luogo d­ove liberamente si con­frontano i politici e l’opinione pub­blica, sono improvvisamente di­ventati il motore della «macchina del fango». La propaganda ha avu­to la meglio sulla chiarezza, e poi­ché il Pd non se la sente di incolpa­re i magistrati, per esempio solle­vando un dubbio sulla sospetta coincidenza di tante inchieste vec­c­hie e nuove proprio quando le ele­zioni anticipate sembrano vicine, volge i suoi strali contro i giornali, la cui unica colpa (o merito) è pub­b­licare quello che le Procure forni­scono loro. È un trucco antico: l’attenzione si sposta su un avversario ricono­scibile e cattivissimo (i media vici­ni a Berlusconi), e così si occulta la cosa in sé, cioè le inchieste e i reati contestati. Il Giornale qualche vol­ta potrà pure esagerare nei titoli e negli aggettivi, come del resto spes­so esagerano nella direzione inver­sa i giornali di centrosinistra, ma quel ch’è certo è che le inchieste non se l’è inventate la «struttura Delta»,ma i magistrati tanto cocco­lati dal Pd. L’elenco pubblicato dall’ultimo numero di Panorama- che sarà pu­re di proprietà di Marina Berlusco­ni, ma che qui si limita a mettere in­sieme fatti già noti - è impressio­nante: sono oltre un centinaio in tutta Italia (e soprattutto nelle Re­gioni dove governano) i democrati­ci coinvolti a vario titolo­dall’avvi­so di garanzia al rinvio a giudizio al­la condanna­in inchieste per reati di corruzione, abuso d’ufficio, pe­culato, falso, truffa, turbativa d’asta e via elencando. Parte di questi reati, come sanno bene gli amministratori locali di ogni partito, sono frutto di una legi­sla­zione farraginosa e di una giuri­sdizione barocca: si può essere condannati per abuso d’ufficio sol­tanto­per aver accelerato una prati­ca urgente e necessaria. In altri ca­si (impressionante quello dell’ex governatore dell’Abruzzo,Ottavia­no Del Turco) si tratta di un clamo­roso errore giudiziario ( se non peg­gio). Ma, fatta la debita tara, il pro­blema resta, ed è di primaria gran­dezza. Dall’ex sindaco di Bologna Fla­vio Delbono all’ex governatore del­la Calabria Agazio Loiero, dagli ex sindaci di Napoli Antonio Bassoli­n­o e Rosa Russo Iervolino all’ex go­vernatore dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti, l’elenco degli ammini­­stratori del Pd costretti a trovarsi un avvocato sta diventando imba­razzante. Le ultime inchieste - sull’Enac (l’ex responsabile dei trasporti ae­rei Franco Pronzato ha già patteg­giato, riconoscendosi dunque col­pevole), su Enzo Morichini e i suoi rapporti con la Fondazione Italia­nieuropei, e infine sull’ex coordi­natore della segreteria di Bersani, Filippo Penati - non segnano dun­que una discontinuità ma, al con­trario, sembrano confermare una tendenza consolidata. Per un parti­to che ancora di recente ha voluto rispolverare l’equivoca «questio­ne morale », di cui a suo tempo Enri­c­o Berlinguer si servì per rinchiude­re il Pci nel ghetto dell’antisociali­smo in cui ancora si ostina a vivere Rosy Bindi, qualcosa non torna. Caro Bersani,permettimi un po’ rudemente di metterla così: o c’è un grande complotto della magi­stratura contro il Pd, secondo sol­tanto a quello contro Berlusconi, oppure nel Pd c’è troppo malaffa­re. In entrambi i casi, sarebbe bene dirlo chiaro. Non perché lo chiedo­no i giornali di destra (ma anche quelli di centro e di sinistra, curio­samente risparmiati dai proclami di guerra), ma perché lo domanda­no sinceramente gli elettori. Che vogliono sapere, e ne hanno dirit­to, in che modo il Pd amministra la cosa pubblica, come seleziona i suoi dirigenti e i suoi amministrato­ri, quali rapporti intrattiene con la pubblica amministrazione e con l’impresa privata. Non basta pro­clamare di tanto in tanto la volontà di uscire dalle Asl o dalla Rai (senza peraltro metterla mai in pratica): prima di lasciarle è bene chiarire come ci si comporta, nelle Asl e in tutti gli altri gangli del potere pub­blico. La costruzione di un’alterna­tiva democratica in Italia passa per la trasparenza e il coraggio civile, non per l’ipocrisia e la propagan­da.