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 2011  luglio 31 Domenica calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 142 - AL COSPETTO DI VITTORIA

Eun tipo simile sarebbe stato ammesso al cospetto della regina Vittoria.

Dossi, in un altro punto delle Note azzurre , racconta di una contessa B. da Udine, che, caduta in miseria, gli prostituì la figlia di 13 anni, « a quel re viziatore di vergini ». Sì, esatto, il problema della regina Vittoria. E adesso, a Parigi, il re sbavava per le francesi che non portavano niente sotto. Nel bel mezzo di un pranzo si mise a gridare: «Vanno in giro senza pantalons, per me ho visto il cielo azzurro!». A teatro s’era fissato di volersi portare a letto una piccola ballerina, poco più che una bambina. Non faceva che chiedere: quanto verrebbe? quanto verrebbe? Finalmente gli risposero: ebbene, cinquemila franchi. Ah, diavolo, è ben cara. Allora Bonaparte si girò a uno del seguito: «Mettetela sul mio conto».

Ma veramente...

Partirono per Londra. Cavour e Massimo d’Azeglio gli saltarono addosso, a scongiurarlo che con Vittoria si trattenesse, si controllasse...

La regina Vittoria era quella che copriva le gambe dei tavoli.

Beh, a Windsor fu invece tutta un’altra cosa. Intanto l’accoglienza della regina risultò straordinaria, un fasto inimmaginabile. Persino la servitù pasteggiò a bordeaux e champagne, mangiando in piatti d’oro. Anzi il re le risultò simpatico (la regina aveva un debole per i tipi strani, vibrava senza darlo a vedere quando si trovava davanti figuri che roteavano gli occhi e s’atteggiavano a tremendi). Vittorio fu a sua volta del tutto soggiogato da lei, al punto che, quando ci fu da leggere il discorso in municipio, glielo fece veder prima e voleva a tutti i costi che lei gli suggerisse i punti da cambiare. «Ma no, Maestà» disse Vittoria «va molto bene».

Il discorso gliel’avrà scritto Massimo.

E certo, nonostante un mal di denti terribile che l’aveva preso all’arrivo quando li avevano costretti a sfilare due ore in carrozza scoperta con un gelo che tagliava in due, lungo un percorso che non finiva mai (Westminster-Pall Mall-St James Street-Piccadilly-Hyde Park) e Massimo, bestemmiando, diceva: eh già, s’intende che i prìncipi, i grandi, i ministri son come i corpi gloriosi dopo la resurrezione, non soffrono né caldo, né freddo, né sonno, né fame, né sete...Sì, il re soprattutto sapendo quello che sarebbe stato capace di fare - davanti a Vittoria si comportò benissimo, a parte la gaffe quando gli chiesero cosa gli fosse piaciuto di più in Inghilterra e lui rispose: miss Flora MacDonald, che era una damigella d’onore della regina.

E Vittoria?

Fece finta di non sentire. Infine, partirono. Il traghetto prendeva il largo alle quattro del mattino e la sovrana si fece trovar pronta, con tutta la famiglia, per salutare il re di Torino. Era ben consapevole dei rischi che aveva corso, e mentre le carrozze si allontanavano disse a qualcuno che le stava vicino: «Tutto si è svolto nel migliore dei modi, vero? Che peccato che se ne sia andato!». Poco dopo cominciò a nevicare.

Politicamente? Un viaggio di puro piacere?

Politicamente il viaggio non fu granché fin quasi all’ultimo giorno. All’andata, incrociato Thiers, Cavour sentì che approvava la guerra, ma adesso voleva la pace. In tutta la corte parigina tirava quest’aria mezza pacifista. Era abbastanza disperante. Il conte s’era reso conto quasi subito che, benché volessero punzecchiare gli austriaci per convincerli a scendere in campo, non avrebbero mai superato certi limiti. Al loro arrivo, pur avendoli ricevuti magnificamente, non li avevano fatti passare per i boulevards. Gli osanna della folla avrebbero indispettito Vienna.

Ma Cavour non era riuscito a incontrare Napoleone III a quattr’occhi?

Avevano scambiato poche parole. Sì, l’imperatore voleva la pace. E l’Inghilterra? No, l’Inghilterra non considera ancora soddisfacenti i risultati ottenuti. Ma - disse Cavour - ammettiamo che non si arrivi alla pace. Allora - rispose Napoleone - io mi sforzerò di trasferire il teatro dei combattimenti, in modo da dare al conflitto uno scopo più alto, più conforme alla grandezza dei sacrifici di uomini e di denari.

Tutto qui?

Tutto qui. Mentre viaggiava da Londra a Parigi, sulla via del ritorno, Cavour sperava ancora di trar qualche profitto da quel viaggio. Sarebbero stati infatti un’altra settimana ospiti dell’imperatore. Ci fu infatti un pranzo, e alla fine Napoleone, con una buffa aria noncurante, si girò verso di lui. «Ebbene, caro conte, che si potrebbe fare per l’Italia?». Questo - pensò Cavour esattamente questo era quello che aspettavo. «La domanda è troppo seria - replicò - perché si possa rispondere subito. Ma appena arrivato a Torino sarà mia premura di sottomettere a Vostra Maestà una memoria...». Infatti, rientrati in patria, Massimo dovette mettersi al lavoro. Di memorandum, anzi, fu costretto a prepararne due perché quando ebbe finito di scrivere il primo gli austriaci si decisero a mandare un ultimatum allo zar e questo bastò perché i russi chiedessero di firmare la pace. C’era una bella differenza tra le richieste da presentare in tempo di guerra e quelle da presentare in tempo di pace.