Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  agosto 01 Lunedì calendario

Zedda, il sindaco ragazzino che ha scelto l’austerità - Sarà pur stata un’impresa storica, ma la «presa» del palazzo Civico per il momento alimenta siparietti gustosi più che epici

Zedda, il sindaco ragazzino che ha scelto l’austerità - Sarà pur stata un’impresa storica, ma la «presa» del palazzo Civico per il momento alimenta siparietti gustosi più che epici. Come questo. Due del pomeriggio, in un tipico corridoio da Municipio primo Novecento - con i busti di antichi notabili e le pergamene alle pareti - avanza nella penombra il giovane sindaco di Cagliari. Vorrebbe entrare nel suo studio. Si appoggia alla maniglia, ma la porta non si apre. A Massimo Zedda non resta che chiedere un favore alla vice-sindaco Paola Piras: «Posso andare nel mio studio, passando dalla porta comunicante?». La professoressa sorride: «Ma certo!». Anche in questo caso la porta resiste, chiusa a chiave. Finalmente, grazie a qualche telecomando, la porta dello studio si apre, ma anche dentro c’è una sorpresa: computer spento, scrivania lucida, vuota. Sindaco, neppure una carta di lavoro? Zedda sorride: «È uno studio troppo pomposo, da rappresentanza, ci si lavora male, ho deciso di prendermi uno spazio al piano di sotto». Il sindaco sembra quasi un estraneo nel suo Municipio. Trentacinque anni, seguace di Nichi Vendola, eletto a sorpresa in una città iper-conservatrice e mai governata dalla sinistra come Cagliari, Massimo (lo chiamano tutti così) si aggira nel palazzo in punta di piedi e spiega questa estraneità senza compiacimenti antipolitici: «Non avendo mai amministrato questa città, è naturale che dobbiamo prendere confidenza con la macchina». Faccia da ragazzino, due braccialetti al polso, jeans, camicia aperta, scarpe Hogan, Zedda parla a voce bassa, senza ambizioni narrative o profetiche alla Vendola. Dice di sé: «Mi piace ascoltare, continuo a studiare, non mi dispiace il profilo basso». In carica da due mesi, le prime decisioni di Zedda parlano tutte la lingua dei gesti simbolici. La nuova giunta è rosachoc, formata come è da ben sei donne e quattro uomini. Politici di professione, neppure uno. Secondo: anziché tergiversare, aspettando che in ottobre gli scattasse il vitalizio da consigliere regionale di metà consiliatura, Zedda si è subito dimesso dalla Regione. Terzo: sindaco e assessori hanno fatto sapere che non useranno le auto blu. Quarto: il sindaco è andato di persona al teatro e, rinunciando all’abbonamento gratis, si è pagato l’intera stagione lirica. Atti che annunciano un vento di cambiamento? Sarà vera gloria o si tratta di fuochi fatui? Perché anche da Cagliari si può iniziare a capire se le nuove amministrazioni progressiste - sospinte al potere dai venti dell’antiberlusconismo e dell’antipolitica - a loro volta sapranno produrre un vento di cambiamento, in termini di mentalità, cultura politica, soluzioni di governo. In altre parole, con un Pd molto simile al Pds di 17 anni fa; con un Vendola figlio legittimo di Fausto Bertinotti; insomma con una sinistra nazionale sempre uguale a sé stessa, i sindaci progressisti sapranno loro produrre e comunicare una nuova politica? «Le prime decisioni del sindaco sostiene Francesco Abate, quarantaquattrenne scrittore cagliaritano tradotto in mezza Europa, scuderia "Einaudi" - possono apparire ed essere demagogiche, ma spiegano il suo successo e annunciano un possibile vento di rinnovamento. In città tutti conoscevano già Massimo: chi l’aveva visto in discoteca, chi in spiaggia col canottino, chi in piazza. Lui non si è presentato al mercato 15 giorni prima delle elezioni, perché quando ci è andato, lo hanno riconosciuto: "Massimo, allora?". Il rinnovamento che potrà incarnare è l’essere "uno di noi". Per questo la decisione più importante, paradossalmente, è stata quella di mettere le strisce pedonali tra la Rinascente e il Caffè svizzero. Da anni le vecchine protestavano invano, lui è passato all’azione». Dunque, nella stagione dei politici «nominati», la novità sarebbe un ritorno ai politici che sapevano stare in mezzo alla gente? Zedda annuisce: «Io come i politici di una volta? Conosco personalmente migliaia di cagliaritani e tutti loro sanno che con noi non ci saranno più iter privilegiati». Un approccio minimalista, si dirà. Certo, come sostiene un vignettista trendy come Fauno Banana, «dopo 10 anni di amministrazione degli Unni, bastano iniziative di buon senso per andare nella direzione giusta». Eppure, una volta esaurita la luna di miele e la cesta delle decisioni simboliche, si potrebbe scoprire che una giunta di dieci debuttanti (nessuno ha mai fatto l’assessore) e senza tessere di partito non costituiscono automatiche garanzie di efficienza. L’assessore all’Urbanistica, Paolo Frau, è uno stimato libraio, mentre Monica Puggioni, 32 anni, neo assessore alla Cultura, fino a pochi giorni fa lavorava a Monaco di Baviera e dunque, per dirla col sindaco «è un cervello che rientra», anche se in Germania si occupava di brevetti. Sostiene il professor Andrea Pubusa, docente di diritto amministrativo e animatore di un frequentato sito web: «È un bene che metà giunta non abbia ascendenza partitica, anche se questo di per sé non è risolutivo». Ma la domanda che tutte le riassume è questa: la giunta di Zedda saprà interpretare e dare un senso al vento di rinnovamento? Massimo Fantola, candidato sindaco sconfitto, una fama di gentiluomo: «Le prime decisioni avrebbero potuto essere persino più coraggiose, ma sono sacrosante. Però Cagliari come laboratorio per il centrosinistra francamente non ce la vedo. Nel Pd non si scorgono fermenti di rinnovamento». Predica giudizi sospesi anche Arturo Parisi, un sardo che la politica l’ha studiata e praticata al massimo livello: «Vedremo se con Zedda siamo ad un semplice ricambio generazionale, oppure ad un modo nuovo di stare in politica. Il sindaco è figlio di un dirigente del Pci, fa politica da quando aveva 16 anni e probabilmente pensa di farla per tutta la vita, ma esattamente come la generazione degli Orlando, Rutelli, Cacciari e Bianco, quella di Zedda e Pisapia è una classe di governanti investiti dai cittadini e non più dai partiti e che dunque può esporsi con più libertà e leggerezza al vento del cambiamento».