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 2011  giugno 28 Martedì calendario

Clavarino Carlo

• Genova 6 dicembre 1960. Manager. Vicepresidente della Fondazione per l’Expo di Milano e presidente di Aon (leader mondiale del brokeraggio assicurativo) per Sud Europa, Middle East, Russia. Dal 2009 console a Milano della Norvegia • «[...] fiuto degli affari [...] fascino sulle gentil dame [...] da svogliato studente (solo nel 2006 ha preso una laurea, Honoris causa, a l’Aquila) a manager stimato da Pat Ryan, re di Chicago, amico dei Bush e di Obama, fondatore di Aon Corporation il colosso mondiale del brokeraggio [...] “Siamo quattro fratelli. Quello scemo, come dicono gli inglesi, lo si manda a fare l’assicuratore”, ride il broker che cominciò a lavorare dai genovesi Pratolongo. Avanti Clavarino! Nella fabbrica ristrutturata per Giorgio Mondadori da Gae Aulenti, ora quartier generale a Milano di Aon, tra sue foto con vari tycoon - Ryan, Warren Buffet, Berlusconi - Clavarino mostra una lettera autografa di Emanuele Filiberto, Duca di Savoia al suo avo, marchese Alfeo: “Il cammino del dovere e dell’onore che è gloria dei Clavarino”. A indicare a Carlo il suo cammino, in verità, fu una ragazza romana, Camilla Nesbitt, ora nota produttrice, che gli presentò il dovizioso cognato, Federici: la prima superpolizza della sua fortunata carriera. Ma è nella vivace Madrid Anni 80 che il giovane manager, gran amico di Giovannino Agnelli a quei tempi in Spagna, dispiega la sua poliedricità: sviluppa il business dei Pratolongo; incontra la futura moglie, lady Isabelle Harvie Watt e stringe preziosi rapporti con re di denari (da Juan Abello ai Botin) e con il principe Felipe (i Clavarino saranno invitati al suo matrimonio). Ai vertici di Nikols per volere dell’azionista Letizia Moratti quando Pat Ryan lancia una Opa non ostile sulla società, Clavarino continua la sua ascesa come “country manager” per l’Italia. Dall’Eni alla Ferrero diventa consulente per la gestione rischi dei più grandi gruppi. Utili triplicati, raffica d’acquisizioni: Ryan lo chiama nel board esecutivo del colosso di Chicago. [...]» (Chiara Beria d’Argentine, “La Stampa” 28/11/2009).