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 2011  giugno 28 Martedì calendario

Il giro del mondo che non buca il cielo (2 articoli) - Gli 80 giorni per il giro del mondo del celebre romanzo di Giulio Verne possono costituire l’ispirazione per una vacanza da una volta nella vita

Il giro del mondo che non buca il cielo (2 articoli) - Gli 80 giorni per il giro del mondo del celebre romanzo di Giulio Verne possono costituire l’ispirazione per una vacanza da una volta nella vita. In effetti, nell’era dell’aviazione, non c’è niente di più facile. Ma, per chi vuole fare qualcosa di diverso e intende seguire una nuova tendenza, diventa importante escludere la via più semplice, vale a dire l’aereo. Perché il giro del mondo si può ancora fare senza volare. In questo periodo sono consigliabili gli itinerari nell’emisfero settentrionale, climaticamente più favorevoli. Per esempio si può partire da Roma in treno con una Freccia d’Argento che in tre ore e mezza raggiunge Venezia. Nella città lagunare si trovano le carrozze cuccette dirette a Budapest. Partendo alle 21.20 si arriva nella capitale ungherese, il giorno dopo, alle 10.54. A Budapest c’è un po’ da aspettare per il vagone letto delle ferrovie russe diretto a Mosca, che parte alle 18.40 e arriva nella capitale rossa dopo due giorni di viaggio alle 9.55 del mattino. E’ a questo punto che inizia la più impegnativa esperienza ferroviaria, a bordo del Trans-Mongolian Express che va da Mosca a Pechino in sei giorni. La linea è in gran parte la stessa della mitica Transiberiana, almeno fino a Irkusk. Si lascia l’Europa, entrando in Asia, dopo tre giorni e 1777 chilometri. Poi il Trans-Mongolian Express discende verso Sud. Sosta ovviamente a Ulan-Bator, capitale della Mongolia e alla fine del sesto giorno raggiunge Pechino. Poi, con uno dei treni dell’alta velocità cinese, diventa facile raggiungere un porto, Shanghai oppure HongKong. E qui che si affronta la parte più incerta del viaggio, perché bisogna imbarcarsi su una porta-container che fa rotta per San Francisco. Esistono siti dove è possibile prenotare la traversata in anticipo. Ad esempio freighter-travel.com. Il viaggio nel nord del Pacifico su un cargo assorbe dai 18 ai 20 giorni. Arrivati davanti al Golden Gate si ritrovano i treni. Sono quelli della compagnia statale statunitense Amtrak. Ci si può imbarcare sullo storico California Zefiro, legato alla conquista del West, che in poco meno di tre giorni raggiunge Chicago. Da dove si prosegue con il Lake Shore Limited che in circa trenta ore raggiunge New York. E sulla Hudson si incontra l’ultimo transatlantico di linea, il Queen Mary II, che in sette giorni raggiunge il porto inglese di Southampton. Il finale del giro del mondo è ferroviario: Southampton-Londra con un treno locale, Londra-Parigi con l’Eurostar che passa sotto la Manica, e Parigi-Roma con il notturno Palatino. Spostando l’attenzione verso il periodo invernale la soluzione migliore per fare il giro del mondo è quella marittima. Sono una quindicina le navi che partono dall’Europa durante le feste natalizie per tornare a Pasqua. Le rotte puntano verso l’emisfero meridionale, alla ricerca del sole. Dopo anni di assenza c’è una nave con bandiera italiana, la Costa Deliziosa. Lascerà Savona il 6 gennaio 2012 per ritornare nel porto ligure il 16 aprile. Un giro del mondo da 100 giorni, puntando prima sui Caraibi, quindi, dopo aver attraversato il canale di Panama, le isole del Pacifico, la Nuova Zelanda, l’Australia, l’Indonesia, l’India e gli Emirati Arabi. Infine, oltre il canale di Suez, di nuovo a Savona. VINCENZO ZACCAGNINO *** La decisione più difficile? È sempre quella di partire Il libro di Eddy Cattaneo L’ emozione più grande ce la trasmise qualche anno fa l’autostoppista del mare Alberto Di Stefano, che dopo gli studi alla Bocconi ed un passaggio in Unicredit, fece un giro del mondo sfruttando passaggi su barche altrui: «Finita l’università, trovato un impiego sicuro, ogni cellula del mio corpo mi disse: parti!». All’inizio del suo libro, «Il giro del mondo in barcastop» (Feltrinelli), la citazione di Baudelaire: «I veri viaggiatori sono coloro che partono per partire: cuori leggeri, come i palloncini che vanno in alto, mai vorrebbero sfuggire al loro destino. E senza sapere perché, dicono sempre: andiamo». Da Fiumicino a La Spezia, passando per Algeri, Gibilterra, Canarie, Antille olandesi, Colombia, Galapagos, Polinesia, Fiji, Australia, Singapore, Sri Lanka, Corno d’Africa, Jeddah, Suez e Malta. 25 mila miglia. Ecco l’itinerario di Di Stefano. Perché «ci sono cinque porti nel mondo: Las Palmas alle Canarie, Panama, Margarita, Papete e Phuket dove è molto facile trovare passaggi gratuiti. I comandanti li incontri nei bar al molo, leggi le loro domande nelle bacheche e su Internet». Così si parte. «Che è sempre la decisione più difficile. In fondo l’unica». Come Eddy Cattaneo, ingegnere ambientale trasferitosi dal bergamasco a Recco sul mare della Liguria. Non ancora contento, dopo un’aspettativa (negata) si è licenziato «per sentire la terra cambiare sotto i piedi giorno dopo giorno», per unire «il vialetto di casa con la Via della Seta, le risaie sul fiume Mekong, le Ande e l’Himalaya, l’India, Machu Picchu, i templi buddisti e la Terra del fuoco». 467 giorni, 108 mila chilometri, senza prendere aerei. Il suo diario «scritto su tovaglioli, pezzi di giornale e anche di carta igienica» è diventato il complemento del libro dell’autostoppista del mare Di Stefano: «Mondo via terra» (Feltrinelli). «L’ho scritto per me spiega Cattaneo -. Ma certo può servire a chi sogna un’esperienza simile. Perché bisogna studiare prima di partire. Via terra purtroppo non tutti i confini sono uguali. Certi paesi non sono amici e ci vuole qualche base di diplomazia. Poi occorre molto spirito di adattamento e il resto s’impara per strada». Come per Goethe: «Se vuoi essere migliore di noi, caro amico viaggia!». FRANCESCO RIGATELLI