Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 22 Sabato calendario

LA GUERRA DINASTICA DEI CARACCIOLO PER L’ESPRESSO

Dal “giornalismo partecipativo” di Agoravox, sito di cui è stato co fondatore insieme a Joël de Rosnay nel 2005, alla partecipazione in (importanti) giornali grazie alla firma della transazione che ha chiuso la vicenda dell’eredità di Carlo Caracciolo, di professione editore e principe per blasone. Per Carlo Edoardo Revelli, figlio naturale di Caracciolo, con passione per i media, si aprono così le porte nell’azionariato del Gruppo editoriale l’Espresso dopo due anni e mezzo di battaglia legale a fianco della sorella Margherita contro Jacaranda Caracciolo Falck, la figlia adottiva di Carlo, nata anch’essa da una relazione extraconiugale come i due Revelli, ma unica ad aver avuto un riconoscimento ufficiale nel 1996. A Carlo Edoardo andrà infatti il 2,81 per cento delle azioni della società che edita anche il quotidiano Repubblica e a Margherita il 2,59 per cento, per un totale del 5,4 per cento. A Jacaranda, che si è presa cura fino alla fine padre, resterà il 6,29 per cento di quell’11,7 per cento circa di azioni l’Espresso eredità del padre. Anche il 30 per cento di quote del quotidiano francese Libération, che fanno parte dell’asse ereditario, sarà suddiviso con le stesse modalità della quota de l’Espresso, e salvo ulteriori accordi di compravendita anche Oltralpe Carlo Edoardo, che vive a Parigi, metterà piede in un importante quotidiano d’opinione . Per la splendida tenuta di Torrecchia a Cisterna di Latina, altro pezzo forte del lascito, bisognerà invece attendere ulteriori accordi in quanto la proprietà è al momento rimasta indivisa. Ciò che era importante, in questa prima fase, era trovare una soluzione alla quota l’Espresso, quotata in Borsa che non trovava certo giovamento dall’incertezza sul futuro di queste azioni. Cosa ne sarà del consiglio d’amministrazione, dove una volta sedeva Carlo Caracciolo? Nei prossimi anni nessuno dei tre nuovi soci vi metterà piede.
L’AVVOCATO Maurizio Martinetti dello studio Ripa di Meana, “tutore” di quel pacchetto di azioni in attesa della definizione della battaglia legale, manterrà salvo novità dell’ultima ora il suo posto in cda anche nel prossimo mandato, per consentire a tutti una decisione più serena dopo la battaglia, Cir compresa cui spetta il ruolo di definire il consiglio. La questione non è da poco: in un’intervista sul mensile specializzato Prima Comunicazione, datata maggio 2010 e firmata da Chiara Beria d’Argentine, Jacaranda Falck in piena guerra aveva avuto toni abbastanza piccati verso il principale azionista Carlo De Benedetti: “Mi sarebbe piaciuto avere un ruolo nel Gruppo l’Espresso. Comunque, nessuno me l’ha offerto e capisco che, per come è oggi il gruppo, è molto difficile trovare uno spazio”, aveva detto l’erede, che al settimanale di punta della casa editrice aveva lavorato come giornalista dal 1991 al 2006. Chissà se sarà lei quella destinata ad un posto in consiglio, appena ci sarà la possibilità. Chi l’ha vissuta da vicino, la guerra, la racconta come molto aspra con un gelo e una freddezza da parte di tutti e tre i protagonisti, che nei lunghi mesi di trattativa hanno però ammorbidito le posizioni anche a livello umano. Uno sforzo che sarà costato molto soprattutto a Jacaranda, che non ha mai nascosto di essersi sentita molto ferita dalla rapacità con la quale i due Revelli, disposto anche ad un esame del dna per provare la loro discendenza, hanno aggredito quelle proprietà. D’altronde Carlo Caracciolo non ha mai lasciato un testamento che in modo univoco stabilisse l’esatta divisione e questo non ha giovato alla causa. Forse in questi casi noblesse non oblige.