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 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

TE LA SENTI, CINZIA?

Ci vediamo la mattina prestissimo, nello studio milanese di suo marito, tra i faldoni dell’avvocato: ambiente spartano, di nessuna apparenza, freddino. «A casa, che dici?». «Meglio di no: fra il trasloco e la roba della campagna elettorale non ci si gira».
Con Cinzia Sasso ci conosciamo dal 1989, abbiamo lavorato insieme molti anni: inviata di Repubblica, 54 anni, veneziana, un figlio di 22 dal primo matrimonio, il 9 aprile proprio a Venezia, dopo «circa 20 anni» che stavano insieme ma ognuno a casa sua (Come, «circa»? «Non abbiamo una data precisa, in effetti»), ha sposato Giuliano Pisapia, avvocato di fama, ex parlamentare, candidato sindaco a Milano per il centrosinistra, che il 15 e 16 maggio ha sorprendentemente ottenuto il 48,1 per cento dei voti contro il 41,6 di Letizia Moratti, sindaco uscente e candidato del centrodestra. Domenica 29 ballottaggio, e Cinzia rischia di diventare first sciura.
Solare, pratica, vispa, energica, molto affettuosa, un anno fa si preparava forse a un secondo matrimonio tranquillo (le foto inedite che pubblichiamo, prese dall’album privato, sono state scattate da Andrea Pisapia, nipote fotografo dello sposo), ma poi è successo qualcosa - che racconta più avanti - e tutto è cambiato. «Giuliano ha domandato a me e a mio figlio: “Ve la sentite di imbarcarci in questa avventura?”. Ho pensato che magari, dal punto di vista pratico, sarebbe stato complicato. Ma quello dell’impegno in prima persona è il filo conduttore della sua vita, qualcosa di molto profondo. Per cui ci siamo imbarcati, sì, certo».

Lunedì 16 a caldo, coi risultati che neanche lui si aspettava, aveva detto: «L’importante ora è non commettere errori sull’ultimo miglio», intendendo ovviamente le due settimane fra primo turno e ballottaggio. Ansia o cautela?
«No, ansioso non è: ha messo in conto fin dal primo momento il peso della responsabilità nei confronti di Milano. Però quello che è successo, oltre 6 punti di distacco sulla Moratti, ha anche un altro valore, quasi storico se il successo venisse confermato: sarebbe la fine del berlusconismo».
Roba da togliere il sonno?
«Giuliano dorme sempre pochissimo… Anzi, paradossalmente negli ultimi tempi ha dormito di più, e la notte migliore è stata quella della domenica di voto. “Tutto quello che dovevo fare l’ho fatto”, ha detto, e ha dormito come un bambino».
E a te l’ansia ha tolto il sonno?
«No: io però metto la testa sul cuscino e parto, cosa che lo fa molto arrabbiare. Per me il sonno è una fuga meravigliosa, da sempre».
Se l’aspettava, Pisapia, quel risultato?
«No, perché è una persona prudente, che vuole vedere nero su bianco e numeri non ne dà. Però aveva capito che c’era davvero un’aria nuova, in città».
Prudente nel senso di cauto o timoroso?
«Nel senso che è il contrario di come siamo di solito noi giornalisti, approssimativi a volte. Lui è avvocato, è ponderato, ha i piedi di piombo per mestiere».
Prima di candidarsi, infatti, ha chiesto un parere a te e a tuo figlio. Non ha figli suoi: perché?
«Non ha figli, è vero, ma non ha neanche rimpianti: aver figli non è solo una questione biologica, di seme. Sente figli i figli dei suoi fratelli - guai a chiamarli nipoti, gli sembra di essere nonno -, sente figlio mio figlio Francesco, e non solo. Mai fatto le ferie da soli, io e lui: ricordo una vacanza in nave, nel 1993, con sei ragazzini di cui Francesco a 5 anni era il più piccolo. Ci facevano le foto e ci dicevano: “Ma che bella famiglia!”. Pensavano fossero tutti nostri, figuriamoci».
E non hai mai pensato di avere un bambino con lui?
«Quasi subito, diciamo da quando ci consideravamo una coppia stabile e solida, lui avrebbe voluto adottare, e infatti voleva che ci sposassimo per questo. Poi le cose sono andate diversamente».
Come vi siete conosciuti?
«Veramente della famiglia Pisapia ho conosciuto per primo suo padre, l’avvocato Giandomenico: era l’85, ero appena arrivata a Milano dal Veneto per lavorare a Repubblica, stavo agli Spettacoli e in Tv, a Indietro tutta, Arbore faceva la gag del “professor Pisapia”, che era diventata un tormentone. Intervistando il padre ho conosciuto Giuliano».
Colpo di fulmine?
«No, figurati, ero fidanzata. Ma mi ero innamorata di suo padre, diciamo così: mi aveva colpito questo autorevolissimo principe del Foro che girava col cappotto liso, i mezzi guanti d’inverno, portandosi da solo cartelle e faldoni quando altri colleghi giravano con l’autista o in Ferrari. Questo è il loro tratto, la sobrietà. Ancora oggi Giuliano fa una cosa che quasi mi commuove, anche perché la faceva mio padre: ogni mattina prende un fazzoletto pulito di batista. Ecco, quel fazzoletto candido che risparmia gli sprechi della carta lo rappresenta molto».
È un avvocato molto affermato, benestante: che rapporto ha coi soldi?
«Non sono certo lo scopo della sua vita: se fosse stato interessato al reddito da avvocato, non si sarebbe messo in questa avventura».
Quindi la genesi delle sue scelte dov’è?
«Nella famiglia, credo. Sua madre appartiene a una famiglia lombarda cattolica ma di etica quasi calvinista, severa, rigida persino, di quelle che pretendono tantissimo dai figli, da loro stessi, da tutti. “Hai avuto tanto, restituisci tanto”, potrebbe essere il motto. E suo padre, invece, venuto da Napoli a studiare, si era laureato prestissimo ed era diventato uno dei professori ordinari più giovani d’Italia. Si era fatto da solo».
Che cosa ha detto, della scelta di candidarsi, la madre di Pisapia?
«All’inizio: “Tu sei pazzo!”. Ma l’altro giorno, quando l’ha chiamata per dirle i risultati, gli ha detto: “Adesso devi vincere, se prendi un impegno lo porti a termine”. E poi lei non sopporta Berlusconi».
Tuo marito no?
«No: lo trova divertente e simpatico come intrattenitore, ma inadatto a governare. Strano che lo trovi simpatico? Giuliano è estremamente tollerante, non è prevenuto, e non giudica mai le persone. Ha un’eccezionale apertura mentale».
Lo dici pensando che sia la sua dote migliore?
«Le sue grandi doti sono due. Una capacità straordinaria di ascolto è la prima. Mi è capitato di assistere a riunioni in cui l’ultimo degli arrivati parlava parlava parlava e a me onestamente sarebbe venuto da dire: “Stai zitto che mi fai perdere tempo”. Invece Giuliano ascolta, e se su dieci cose ce n’è una buona, la fa sua. L’altra dote è l’affidabilità: se dice una cosa è quella, se prende un impegno è quello».
Santo subito? Troviamogli un difetto.
«Ma sì, ne avrà. È che non mi vengono in mente. Sai, poi con gli anni è migliorato molto: un tempo forse era poco espansivo; e pigro».
Un po’ poco: sforzati.
«Con le mani non sa fare niente, se ti si rompe qualcosa in casa è inutile. Poi non mi porta mai al cinema a vedere i film che piacciono a me: per lui, solo film da ridere. Per dire, non si è perso uno solo degli ultimi Vacanze di Natale: dice che già la vita è difficile, che almeno al cinema bisogna farsi quattro risate».
Poi?
«Faccio la moglie? Va bene, sistemiamolo: a me dà fastidio la luce accesa, lui va avanti a leggere fino alle 2 o alle 3 di notte e mi tocca ficcare la testa sotto al cuscino. Poi litighiamo per la tazzina sporca del caffè: lui la lascia lì, gliela lavo perché l’odore non mi piace, la cerca per berne ancora, non la trova e si arrabbia. Ed è disordinato: a letto legge i giornali e li butta dove capita, la mattina devo scavalcare un cumulo… E poi in casa nostra ormai non ci si gira, tra decine di scatoloni; e non si riesce neanche a mangiare, ogni tavolo è ingombro di carte. Se calcoli che io sono geneticamente una casalinga veneta, che tutto deve essere lustro e pulito, capisci. Lo ho anche messo a dieta: non nel senso che voglio dimagrisca, ma che sia più ordinato nel mangiare. Quindi, già che adesso siamo sposati, la mattina si fa colazione, visto che non si sa mai cosa ne sarà del pranzo: caffè, yogurt, banana, due fette biscottate con la marmellata. Ah, e poi non si sa vestire. Gli preparo io tutto, e litigo per le calze: lui le porterebbe solo scure, io l’ho vinta con quelle più colorate».
Già che hai parlato di casa: l’argomento si è dimostrato molto spinoso, quando è venuta fuori la vicenda delle case del Pio Albergo Trivulzio, una delle quali affittata a te.
«Aiuto! Ancora? Ho detto che il caso è stato montato per colpire Giuliano e lo ribadisco. Nessun altro inquilino - e ci sono molti giornalisti, anche dei quotidiani che danno lezioni di morale a buon mercato - è finito come me sui giornali. Anzi, mi risulta che stiano ancora tutti dove stavano. L’esito di “Affittopoli” è stato che un solo inquilino se n’è andato: io».
Perché non andarsene prima, perché non trasferirsi da lui, visto che stavate insieme da molto tempo?
«Per mio figlio. E per la mia educazione profondamente cattolica, quella che mi diceva che ci si sposa una volta, e quello è il marito e il padre dei tuoi figli, per sempre. Mi sono separata molto presto, e con tanta sofferenza. Pensavo - quanto mi sbagliavo, ma l’ho capito dopo e per questo lo racconto - che ai figli dei separati mancasse qualcosa di irrimediabile, e che fosse giusto preservare la loro stabilità, proteggere le loro abitudini, farli crescere dove erano nati, nella casa di mamma e papà. Invece ho scoperto che gli affetti puoi moltiplicarli, non solo dividerli: Francesco da anni ha due famiglie, e andiamo tutti d’amore e d’accordo».
Ma Francesco, di Giuliano, si sente un po’ figlio?
«No: il padre ce l’ha, e ha con lui un bellissimo rapporto. Però Francesco, che ha 22 anni, dopo la laurea in Scienze politiche si è preso un anno per lavorare a fianco di Giuliano: anche 15 ore al giorno. Tenendogli l’agenda, facendogli da autista: gli vuole molto bene, ne sono orgogliosa».
Nelle foto del matrimonio è accanto a tuo marito.
«È il suo testimone. E io avevo Marco, uno dei nipoti di Giuliano, che ha 25 anni. È stata una cosa meravigliosa: tolta mia sorella e suo marito, c’erano solo ragazzi, tutti e sei i nipoti di mio marito con morose o morosi, e gli amici più cari di mio figlio. L’unica estranea alla famiglia era Lucia Nadin, la mia vecchia prof di italiano delle magistrali. Io sono maestra, e ho anche insegnato: una persona meravigliosa, l’unica che quel giorno è riuscita a farmi piangere per la commozione».
Matrimonio in campagna elettorale: una scelta strategica?
«Ma va’! Ci avevamo pensato quando ancora le primarie erano lontane. Ormai tra di noi era tutto talmente a posto, mio figlio era cresciutissimo, e il nostro un amore davvero maturo… È capitato così».
Però lo sai che i fiori d’arancio fanno simpatia.
«Beh, l’immagine degli sposi col Ponte di Rialto alle spalle è imbattibile, effettivamente».
Lui era emozionato?
«In Tv ha detto che è stato il più bel giorno della sua vita. Lo ringrazio».
Porta la fede o fa come il principe William?
«Gli ho chiesto di portarla. È l’unica cosa che gli ho chiesto, in effetti. Mi piace, è un segno di appartenenza».
Dopo lo zucchero, torniamo al fiele. Qual è stato il punto più basso, finora, della campagna elettorale?
«Sono stati tre. Il primo, quel titolo del Giornale che diceva: Se i figli delle vittime difendono i carnefici, riferendosi ai figli di Tobagi, Alessandrini, Bachelet e Rossa “che stanno con Pisapia, amico dei terroristi che uccisero i loro genitori”: una barbarie. Il secondo, quando su Libero hanno insinuato che il suicidio di un suo fratello fosse legato a problemi di droga. È falso, è un orrore: ma il dubbio è stato seminato, no? Il terzo, l’attacco della Moratti alla fine del confronto Tv a Sky, quando ha detto che Giuliano, coinvolto in reati di terrorismo, se l’era cavata grazie all’amnistia. Tutto falso, ma l’ha buttata lì, immaginando che delle insinuazioni qualcosa rimanga addosso».
Eri in studio, immagino.
«Ho visto Giuliano restare di sale. Non ti potevi aspettare, da una che si presenta con quell’eleganza formale e quell’aria austera, che si comportasse con l’etica di un cecchino. Ma secondo me è stato bravissimo a reagire, e ha fatto bene a non darle la mano. Non credo che ci abbia ragionato: lui è buonissimo ma ha principi ferrei, inaccettabile per lui che si calpestino».
Ripensando adesso a come è andata al primo turno: ha vinto Pisapia o ha perso la Moratti?
«Sono vere tutte e due le cose. Loro hanno sbagliato tantissimo, soprattutto in cinque anni di governo. Ma lui ha avuto la capacità di unire, sotto la garanzia e l’affidabilità del suo nome, persone e pezzi di società milanese che sono diversissimi tra loro».
Perché ha deciso di candidarsi?
«Mio figlio gli ha detto: “Sei l’unico che può andare a parlare, ed essere ascoltato, sia al Rotary che a un’assemblea del Berchet (un famoso liceo classico milanese ndr), l’unico che può unire mondi molto diversi”. Poi sua nipote Alice gli ha segnalato una pagina di Facebook che lo candidava, e lui ha cominciato a ragionare su una cosa a cui non aveva mai pensato… Anzi, poco prima aveva addirittura deciso di rallentare, di godersi la vita dopo un periodo un po’ difficile».
Difficili perché?
«L’anno scorso ho avuto un cancro. È stato preso in tempo, e sto bene, ma la malattia è una di quelle cose che ti costringono a fermarti a riflettere».
Come l’avete affrontata?
«Lui è molto fatalista, io molto ottimista. Del tumore ho pensato: che fortuna, essersene accorti in tempo».
Pentita di non averlo sposato prima?
«No, questo era il momento giusto. Ogni giorno ci ringraziamo l’un l’altra di essere insieme e di sostenerci: con gli anni siamo diventati molto più buoni. E la sorpresa bellissima di vivere insieme è che ho scoperto che non ci rompiamo i coglioni. Ero molto preoccupata. Invece ci aspetta una magnifica vecchiaia».
Be’, nel frattempo ci sarà dell’altro. Dovesse vincere, farai la «first sciura»?
«Ma no! Finita la licenza matrimoniale, sono tornata in redazione: amo troppo il mio lavoro. E non rinuncerei mai al mio stipendio, che rischia di essere più alto di quello da sindaco».
Già oggi Pisapia è piuttosto popolare tra le donne. Gelosa?
«Minchia!».