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 2011  maggio 26 Giovedì calendario

La vera partita, una torta da tre miliardi di euro - Diciassette società partecipate tra cui il 27,5% della multiutility A2A, l’84,6% di Sea, il gestore degli aeroporti di Linate e Malpensa, il 100% dell’azienda dei trasporti Atm e il 18,6% dell’autostrada Serravalle

La vera partita, una torta da tre miliardi di euro - Diciassette società partecipate tra cui il 27,5% della multiutility A2A, l’84,6% di Sea, il gestore degli aeroporti di Linate e Malpensa, il 100% dell’azienda dei trasporti Atm e il 18,6% dell’autostrada Serravalle. Un piede importante in Fondazione Cariplo e un altro nella scatola di controllo di Expo 2015. Chi lunedì vincerà le elezioni a Milano tra Letizia Moratti e lo sfidante Giuliano Pisapia, si prende con la poltrona di palazzo Marino l’intero tesoretto del Comune imprenditore, un parco societario che vale 13 mila dipendenti (esclusa A2A) e 3 miliardi di fatturato (sempre esclusa A2A). Se ne parla poco, sommersi dalle caricature di una Milano «Zingaropoli islamica», come urla il centrodestra (se vince Pisapia), ma sarà il cuore del giorno dopo perché i «danee» sotto la Madonnina contano eccome. L’intreccio è sempre stato forte. Nel 1961 la prima esperienza politica di centrosinistra al governo cittadino, poi esportata a livello nazionale, nasce su una gigantesca partita economica e di potere: la municipalizzazione del gas che segnerà la fine della «destra elettrica» capeggiata dal capo della Edison, Giorgio Valerio. Il tramonto della borghesia del «Clubino» farà non a caso da antipasto alla nazionalizzazione dell’energia elettrica del 1963. Negli Anni 80 delle Giunte rosse Salvatore Ligresti è il costruttore per eccellenza della città - non senza scandali (le aree d’oro) sotto l’ala protettrice della Mediobanca di Enrico Cuccia. Negli Anni Novanta il Pigmalione dell’imprenditore Albertini che scala Palazzo Marino è nientemeno che Cesare Romiti, così come negli ultimi anni sono stati gli immobiliaristi a spadroneggiare per i quartieri, lasciando spesso cantieri vuoti e debiti con le protezioni e i soldi delle banche, tutte le banche. Arrivando ovviamente ai Moratti, che vuol dire Marco Tronchetti Provera, ieri in Telecom, oggi in Pirelli. Lo stesso sfidante Giuliano Pisapia è anzitutto un avvocato di grido, legale di Carlo De Benedetti, appoggiato da uno stuolo di gente che conta nella finanza e nelle professioni, da Alessandro Profumo a Marco Vitale a Piero Bassetti. Nel 2006, alla vigilia del voto cittadino, il dossier economico più caldo era come difendere l’italianità di Edison, controllata a metà dal colosso francese Edf e dalla milanese Aem. La politica mise in piedi (nel 2007) la fusione difensiva di Aem con i bresciani di Asm per pesare di più dentro il colosso ma il risultato è che dopo 5 anni Foro Bonaparte è sempre più francese, le due anime lombarde litigano sulla faglia LegaCielle, la nuova nata A2A è piena di debiti (3,7 miliardi) e negli ultimi 4 anni ha pagato dividendi a Palazzo Marino per 281 milioni attingendo anche alle riserve. Sostenere altri pay out vicini al 90% degli utili affosserebbe azienda e investimenti. Cinque anni dopo, su questo ballottaggio elettorale pende invece la fuga di Lufthansa da Malpensa. I tedeschi dovevano diventare la nuova compagnia di riferimento dello scalo lombardo, tagliando la corda rischiano di desertificare un aeroporto che, nonostante le promesse di riscossa del centrodestra, viaggia con 5 milioni di passeggeri meno l’anno rispetto al 2007, quando c’era Alitalia. Spiazzando la stessa Sea che in autunno andrà in borsa (palazzo Marino scenderà al 51%). Nel 2011, da bilancio previsionale del Comune, dovrebbe garantire 160 milioni di dividendi di cui 110 straordinari da quotazione. Ma che succede se si svalorizza l’Ipo per via della fuga dei tedeschi? Paradossalmente Letizia Moratti al primo turno è caduta anche sul suo terreno, quello manageriale. I report dei revisori del comune parlano di controllate e partecipate utilizzate come bancomat per salvare i conti del comune e tamponare il taglio dell’Ici e dei trasferimenti statali, dividendi straordinari a getto continuo e riserve societarie che calano di anno in anno. Secondo i calcoli del Sole24 Ore, dal 2006 al 2010 Palazzo Marino ha staccato cedole dalle principali società collegate (A2A, Sea e Atm) per 885 milioni. I suoi critici ricordano spesso la vicenda di Metroweb, l’azienda che gestisce i 263 mila chilometri di fibra ottica interrati nel sottosuolo milanese. Nel 2007 Aem, con l’avallo del sindaco, vende Metroweb allo sconosciuto fondo inglese Stirling Square. Il prezzo viene fissato a sconto del 70% (28 milioni) rispetto a quanto l’azienda elettrica aveva pagato 3 anni prima per diventarne azionista unico. Qualche mese fa il fondo inglese decide di rivendere Metroweb su una base d’asta di 250 milioni. E Pisapia? Resta abbottonato. Lascia correre la suggestione della holding di partecipazioni a guida Alessandro Profumo, fa filtrare parole di apprezzamento per il management Sea guidato da Giuseppe Bonomi e promette, nel caso toccasse a lui, di imprimere un indirizzo strategico al tesoretto comunale. Di certo, se vincesse, si troverebbe davanti una patata bollente…