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 2011  maggio 26 Giovedì calendario

ALLA SBARRA PER NON AVER PREVISTO IL TERREMOTO

Loro, i sette membri della Commissione Grandi Rischi, il 31 marzo 2009, appena cinque giorni prima del devastante terremoto che ha distrutto il capoluogo abruzzese, ci avevano messo assai poco, qualche decina di minuti, a decidere di tranquillizzare gli aquilani sulla sequenza sismica in atto da dicembre, invitandoli ad andare a dormire sereni e magari a farsi un buon bicchiere di Montepulciano. E ieri è bastata poco più di un’oretta al gup Giuseppe Romano Gargarella per stabilire che la valutazione del rischio è stata «approssimativa, generica e inefficace» e quindi rinviarli a giudizio con l’accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose. Così andranno a processo (la prima udienza è stata fissata per il 20 settembre) Franco Barberi, presidente vicario della Commissione e ordinario di Vulcanologia all’Università Roma Tre; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico operativo del dipartimento della Protezione Civile; Enzo Boschi presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, ordinario di Fisica all’Università di Genova; e Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico della Protezione Civile.
Due decisioni sbagliate. La prima nella forma. Perché un po’ di leggerezza, anche per liquidare le farneticazioni di Giampaolo Giuliani, un tecnico fai-da-te (poi denunciato per procurato allarme) che sulla base dell’emissione di radon aveva previsto un devastante terremoto (ma a Sulmona e il 29 marzo), nello stilare il verbale post riunione, che giudicava poco probabile un forte sisma, effettivamente c’è stata. La seconda nella sostanza. Perché, scientificamente, i terremoti non si possono prevedere e gli sciami sismici in Abruzzo, per fortuna non preludio di disastri, sono
all’ordine del giorno. Tanto che, giusto per fare due esempi, l’ultima scossa (3.2) all’Aquila c’è stata la sera del 21 maggio, mentre quest’estate, tra agosto e settembre nella zona di Montereale, Amatrice e Leonessa ci sono state oltre 400 scosse, con gli abitanti costretti a dormire in macchina o in camper. Che si sarebbe dovuto fare, evacuare tutto? E oggi gli aquilani sono pazzi a rimanere in città?
INTERROGATIVI
La magistratura, invece di buttare soldi in processi che difficilmente porteranno a qualcosa, avrebbe fatto meglio a controllare i materiali utilizzati nella costruzione delle tante case (recenti, non i palazzi storici) crollate il 6 aprile 2009; e ora farebbe meglio a concentrarsi sulle responsabilità di chi ha sulla coscienza i morti della Casa dello Studente.
«Penso di aver fatto sempre il mio dovere e credo che nessuno possa dire il contrario», ha commentato a caldo Boschi. «Non me l’aspettavo. Sono molto colpito», ha aggiunto. Incredulo anche il suo avvocato, Marcello Melandri: «Ero sicurissimo che sarebbe finita con un proscioglimento». Mentre il legale di Eva, Franco Coppi, ha annunciato battaglia in sede processuale: «Il rinvio a giudizio non è una sentenza definitiva, ora affronteremo la questione in dibattimento».
LE REAZIONI
Soddisfatto invece il medico Vincenzo Vittorini, fondatore dell’Associazione 309 Martiri, che si è costituito parte civile dopo aver perso moglie e figlia nel crollo della propria abitazione: «Non volevamo sapere la data o nl’ora del terremoto, ma volevamo la capacità di scegliere. E qualcosa si poteva fare». Ora chiede le dimissioni degli imputati dai loro incarichi («Affrontino il processo come comuni cittadini, come quelli che hanno di fronte») e promette di andare a fondo pure sulle responsabilità di Comune, Provincia e Regione. Si congratula con le toghe anche il senatore dell’Italia dei Valori Alfonso Mascitelli, che subito ne approfitta per denunciare «il silenzio omissivo del governo Berlusconi, che non ha mai fornito risposta sulla trasparenza dei comportamenti pre e post terremoto».
Resta il fatto, con tutta la comprensione per il dolore di chi ha visto morire in 30 secondi i propri cari, che per la prima volta nella giurisprudenza italiana vengono portati a giudizio i componenti di una commissione scientifica. E non ci sembra un bel segnale. Tantomeno, come lo definisce Giuliani, «un fatto storico, avvenuto in un momento in cui il mondo scientifico ci sta guardando». Il rischio, piuttosto, è che ci rida dietro.
Meglio sarebbe pensare alla ricostruzione del centro storico, in drammatico ritardo più per mancanza di idee che di risorse (ieri il sindaco Massimo Cialente e il commissario Gianni Chiodi sono tornati a battere cassa a Roma).