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 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

IL RUOLO DEL PETROLIO NELLA POLITICA MONDIALE

La risposta che lei ha fornito al lettore a proposito dell’intervento in Libia mi sembra alquanto incompleta. Perché non fa presente che la Libia ha il petrolio e il gas e la Siria no?
Gabriele Ugolini
gabriele. ugolini@ugolinipartners. com

Caro Ugolini,
il petrolio ha avuto effettivamente una parte decisiva in alcune vicende internazionali del secolo scorso. Winston Churchill promosse la creazione di uno Stato iracheno, dopo la fine della Grande guerra, perché voleva che la flotta britannica, dopo il passaggio dal carbone al gasolio, potesse contare sui pozzi petroliferi di un Paese vassallo. Al ritorno dalla conferenza di Yalta, nel febbraio 1945, il presidente americano Franklin D. Roosevelt volle incontrare Ibn Saud, re dell’Arabia Saudita, su una nave da guerra americana nel mare di Suez. Fu l’inizio di un lungo rapporto che garantì alla dinastia dei Saud l’amicizia di Washington e agli americani il petrolio di cui la loro economia aveva bisogno. Il colpo di Stato anglo-americano contro l’Iran del leader nazionalista Mossadeq, nel 1953, fu certamente dovuto in buona parte al timore che la nuova politica petrolifera iraniana intaccasse il monopolio della Anglo Iranian Oil Company. Ma la situazione, negli anni seguenti, cominciò a cambiare. Enrico Mattei indebolì il fronte delle «sette sorelle» stipulando con i Paesi emergenti contratti che prevedevano una più equa distribuzione dei proventi. Lo stesso Mattei, quando l’Eni cominciò a comprare il petrolio sovietico, dimostrò che il mercato dell’energia poteva prescindere dagli imperativi della guerra fredda. I maggiori Paesi petroliferi crearono un cartello, l’Opec, che cercò di regolare i prezzi e controllare il mercato, ma non poté mai impedire che alcuni membri producessero e vendessero quote superiori a quelle fissate dal consiglio d’amministrazione dell’organizzazione. La crescita dell’economia occidentale e lo straordinario sviluppo di quella dell’Asia hanno creato una sete di petrolio che ha enormemente gonfiato le dimensioni del mercato. Sappiamo che un Paese ricco di idrocarburi può cedere alla tentazione di usare le sue risorse come arma politica (lo ha fatto ripetutamente la Russia nei confronti dell’Ucraina durante gli scorsi anni). Ma che cosa può fare un Paese del suo petrolio e del suo gas se non metterli sul mercato? Vi è un momento al di là del quale l’uso politico del petrolio diventa controproducente se non addirittura suicida. Questo non significa che il petrolio cesserà di avere una rilevanza politica. Significa tuttavia che una guerra per il petrolio è quasi sempre un errore e produce spesso risultati opposti a quelli desiderati. Non credo che la principale motivazione di George W. Bush, quando invase l’Iraq di Saddam Hussein, fosse il controllo dei suoi pozzi. Ma se quella fosse stata davvero la sua intenzione, l’America dovrebbe ammettere che la guerra ebbe l’effetto di rendere l’Iraq, per molti anni, il Paese produttore più inaffidabile del mercato petrolifero mondiale.
Sergio Romano