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 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

MALPENSA, IL FLOP DOPO LE PROMESSE - MILANO

Il fuoco amico (o presunto tale) del centro-destra lombardo e nazionale affonda un´altra volta Malpensa. «Grazie al nostro lavoro abbiamo superato l´addio di Alitalia» aveva annunciato urbi et orbi un paio di mesi fa Letizia Moratti. Il sogno dell´hub? No problem – aveva vaticinato con rara preveggenza il 16 aprile scorso – «potrebbe farlo Lufthansa, il primo operatore del nostro aeroporto». Detto fatto: due giorni fa la compagnia tedesca ha annunciato la fine dei suoi sogni di gloria su Milano. Niente hub, spostati altrove i nove aerei della base meneghina, cancellati più di un centinaio di voli alla settimana. L´ultimo "regalo" ai cieli del Nord del tris di dottori – Silvio Berlusconi, Roberto Formigoni e Letizia Moratti – che dal 2008 si è seduto senza troppa fortuna al capezzale della Malpensa per salvarla, così garantivano, dalla cessione di Alitalia ad Air France.
Di acqua sotto i ponti, da allora, ne è passata molta: il Cavaliere – sulle ali della campagna per salvare lo scalo bustocco – ha riconquistato Palazzo Chigi. L´ex compagnia di bandiera (in effetti) non è finita direttamente a Parigi ma è stata parcheggiata pro-tempore nelle mani della cordata dei patrioti tricolori, con Air France in agguato come socio di minoranza. L´unico obiettivo fallito è quello cui Milano teneva di più: il rilancio della Malpensa. «Non ne permetteremo la desertificazione», tuonava allora Formigoni. «La Lombardia è il motore dell´Italia, da qui si deve poter partire per ogni angolo del mondo», garantiva Berlusconi. Peccato che tre anni dopo i numeri raccontino tutt´altra storia: lo scalo lombardo è un deserto dove nel 2010 sono passati 18,9 milioni di passeggeri, due in meno di quelli che transitavano dai suoi check-in dieci anni prima e il 25% in meno del 2007. Di più: a Linate, dove Alitalia non ha cancellato un volo, hanno viaggiato l´anno scorso 8,2 milioni di persone, il 18% in meno del 2007. Con buona pace della Lega che – malgrado gli interessi politici in zona – ha assistito senza batter ciglio all´eutanasia degli scali meneghini. Sacrificati, dicono le malelingue, sull´altare del federalismo fiscale.
Ognuno dei tre cavalieri arrivati in soccorso di Malpensa ha dato il suo valido contributo al flop. La prima coltellata alle spalle l´ha tirata lo stesso premier vendendo Alitalia a Roberto Colaninno & C. La cordata italiana, appena messa la mano sulla cloche, si è comportata esattamente come lo spauracchio Air France: scegliendo Fiumicino come hub e tagliando anche l´ultimo cordone ombelicale con Malpensa. Non solo: il presidente del Consiglio, per convincere gli imprenditori tricolori ad aprire i cordoni della borsa, ha sospeso per tre anni i poteri antitrust su Alitalia. Risultato: a Linate – in particolare sul Milano-Roma – l´ex compagnia di bandiera opera in sostanziale monopolio, malgrado sul tavolo della Sea ci siano richieste per operare 54mila slot da parte di tutti i colossi mondiali. La stessa Lufthansa aveva fatto domanda (respinta, va da sé) per volare tra il Duomo e la capitale, minacciando azioni legali. E secondo fonti vicine al vettore tedesco, gli investimenti su Milano, hub compreso, non sarebbero saltati se fosse stato aperto al vettore di Francoforte il city-airport milanese, il cui guai sono legati a filo doppio all´ombrello salva-Alitalia.
Non è comunque l´unica occasione persa. L´esecutivo, negli ultimi tre anni, ha messo in più occasioni i bastoni tra le ruote a Malpensa. Certo, il ministero degli esteri ha rinegoziato alcuni accordi bilaterali. Ma è l´unico squarcio di sereno. Sul tavolo di Giulio Tremonti (che ne pensa la Lega?) è fermo da tempo il decreto per l´aumento delle tasse aeroportuali necessario a finanziare gli investimenti per rilanciare lo scalo. Singapore Airlines ha chiesto da mesi al dicastero dei trasporti l´autorizzazione a collegare direttamente Milano con New York. Ma la domanda sonnecchia sotto un dito di polvere perché nessuno se la sente di aggiungere un altro concorrente sulle rotte transatlantiche a un´Alitalia che fatica a decollare. E Malpensa paga.
Qualche peccatuccio (non da poco) l´hanno pure Formigoni e Moratti. La Regione ha latitato per anni – salvo un timido colpo di reni di recente – sul fronte dei collegamenti tra Milano e il suo maggior aeroporto. Tanto che la stessa Lufthansa, un po´ esasperata, ha sottoscritto un accordo con un operatore di pullman privati per trasportare i passeggeri allo scalo prima di gettare la spugna.
Il sindaco invece – impegnato a svendere i gioielli di famiglia di Palazzo Marino per tappare i buchi del bilancio cittadino e pagare le sue promesse elettorali – sembra aver scambiato Malpensa per un bancomat. I conti della società di gestione, grazie al gran lavoro di taglio dei costi del management guidato da Giuseppe Bonomi, sono in utile. E così, approfittando della quotazione della Sea prevista il prossimo autunno, Moratti ha deciso di spremerne un altro po´ le casse, staccandosi un dividendo straordinario di 110 milioni di euro. Soldi che con questi chiari di luna (e con sul tavolo della Sea un piano di investimenti da 1,4 miliardi) avrebbero fatto molto comodo alla società di gestione degli aeroporti meneghini. Lo schiaffo di Lufthansa, ma c´era da immaginarselo, non ha cambiato i progetti del Comune. Pecunia non olet: «L´operazione resta in piedi allo stesso prezzo», garantisce l´assessore al bilancio Giacomo Beretta. Malpensa può attendere. Le elezioni incombono e con lo spettro di Giuliano Pisapia sulla soglia di Palazzo Marino bisogna trovare i soldi per condonare le multe ai milanesi.