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 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

“Il disco volante di Roswell? Un falso creato da Stalin” - Le voci sui dischi volanti si sono rivelate realtà ieri, quando l’intelligence del 509˚ gruppo bombardieri, 8ª Air Force, della base aerea di Roswell, ha avuto la fortuna di impadronirsi di un disco

“Il disco volante di Roswell? Un falso creato da Stalin” - Le voci sui dischi volanti si sono rivelate realtà ieri, quando l’intelligence del 509˚ gruppo bombardieri, 8ª Air Force, della base aerea di Roswell, ha avuto la fortuna di impadronirsi di un disco...». Questo è l’incipit del comunicato più famoso nella storia degli Ufo e non si può liquidare come una sciocchezza, perché venne diffuso in forma ufficiale dalla base aerea di Roswell (New Mexico). Poi tutto fu smentito, le autorità militari dissero che si erano sbagliate, che quel che avevano raccolto erano solo i resti di un pallone sonda, ma ormai la frittata era fatta, le voci erano accreditate e da quell’8 luglio 1947 non hanno mai smesso di proliferare a dismisura. Le più insistenti riguardano il recupero dei cadaveri di piloti extraterrestri e le relative autopsie o persino la cattura di «alieni» vivi. Qui non vogliamo ricapitolare questa storia infinita, ma solo segnalare che si è aggiunto l’ennesimo capitolo, inquietante e anche con dei risvolti degni di un film horror. Ne parla il libro «Area 51» dell’americana Annie Jacobsen. L’Area 51 non va confusa con la base militare di Roswell, è invece un’altra struttura collocata nel vicino Stato del Nevada, ma è connessa con Roswell, perché risulta essere la destinazione finale dei resti del presunto Ufo. Quest’Area 51 è da sempre nel mirino dei dietrologi e dei cospirazionisti, perché le autorità americane la circondano di un ostinato e ridicolo silenzio, rifiutandosi non solo di dire che cosa venga fatto lì dentro, ma persino di ammettere che questa base esista, nonostante le sue dimensioni imponenti (26 mila chilometri quadrati). Annie Jacobsen è una giornalista che si occupa di sicurezza nazionale ed è inserita nell’ambiente anche grazie a ottime connessioni familiari; a svelarle per primo alcuni segreti sull’Area 51 è stato un suo parente acquisito, Edward Lovick, un fisico di una certa notorietà che ha collaborato per una vita col Pentagono (fra l’altro ai progetti degli aerei U-2, Sr-71 e F-117 Stealth). Ora novantenne, Lovick ha comunicato alla Jacobsen i nomi di diversi anziani superstiti dell’Area 51, legati a segreti pluridecennali. Hanno accettato di parlare, e uno ha dato una spiegazione per tutti: «Posso violare il segreto, perché alla mia età non ho più niente da perdere». Nel libro della Jacobsen molte cose su Roswell vengono confermate: una specie di disco volante è davvero precipitato nel 1947, e dai rottami sono stati davvero recuperati dei piccoli cadaveri simil-E.T. (anzi, forse c’erano corpi ancora vivi, per poco). Però la faccenda non ha a che fare con gli extraterrestri ma con la guerra fredda Usa-Urss. L’antefatto è in Germania. Alla fine della Seconda guerra mondiale i tedeschi sfornavano un’idea aeronautica e missilistica dopo l’altra, alla ricerca dell’arma segreta in grado di farli vincere per miracolo. Morto Hitler, i sovietici misero le mani sui progetti dei fratelli Horten, due brillanti piloti e inventori nazisti che stavano realizzando un caccia tutto-ala, che a vederlo sembrava proprio un disco volante. Secondo la Jacobsen, il dittatore sovietico Stalin non pensò di sviluppare questo progetto per fini militari seri (il trabiccolo gli sembrava inutilizzabile), ma decise di sfruttarlo nella guerra psicologica. In che modo? Costruendone qualche esemplare da contrabbandare negli Stati Uniti come disco volante, per creare confusione e paura fra la gente ma anche fra i leader politici e militari. L’idea era di saturare le difese aeree americane (radar e caccia intercettori), inducendo gli Usa a sprecarle alla ricerca di nemici inesistenti; così l’America si sarebbe trovata un po’ meno pronta se fosse scoppiata la guerra vera con l’Urss. Secondo il libro «Area 51», quello che precipitò vicino alla base di Roswell fu un aereodisco volante di progetto Horten realizzato dai sovietici. Era telecomandato, perché a bordo aveva sì delle persone, però incapaci di pilotarlo: secondo le raccapriccianti informazioni raccolte dalla Jacobsen, sul velivolo c’erano due ragazzini di 13 anni, truccati per somigliare a degli extraterrestri: erano probabilmente deformi dalla nascita, ma in più erano stati sottoposti a orrendi trattamenti medico-chirurgici tipo dottor Mengele, e per l’effetto combinato delle due cose si presentavano macrocefali, con gli occhi enormi, le membra sottili e deformi. Secondo il libro, il trucco era così realistico che gli americani, di fronte al relitto dell’aereo e ai cadaverini raccolti e sezionati, per breve tempo ci cascarono, e temettero davvero di essere minacciati da «alieni». Poi capirono (in fretta) come stavano le cose. Ma anziché strombazzarlo ai quattro venti, conservarono il segreto e provarono, a loro volta, a fabbricare nell’Area 51 dei falsi Ufo e falsi E.T., per fare trucchi vari contro i sovietici o contro altri nemici. Sarebbe questa la vera ragione di 60 anni (e oltre) di «cover up» e disinformazione, a detta della Jacobsen. Ma se invece a fare disinformazione (screditando gli Ufo) fosse lei?