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 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

Profughi, ne muore uno su 4 - Come una tomba a cielo aperto. Che, tra onde e flutti, risucchia continuamente vite e speranze: sempre di più, un numero spropositato negli ultimi cinque mesi, come in vent’anni di sbarchi nel mar Mediterraneo non si era mai visto

Profughi, ne muore uno su 4 - Come una tomba a cielo aperto. Che, tra onde e flutti, risucchia continuamente vite e speranze: sempre di più, un numero spropositato negli ultimi cinque mesi, come in vent’anni di sbarchi nel mar Mediterraneo non si era mai visto. Almeno 1.408 uomini, donne, bambini hanno perso la vita al largo di Lampedusa, solo da gennaio ad oggi. Una strage silenziosa che, se si allarga lo sguardo a tutto il bacino del Mare Nostrum, comprendendo nel calcolo anche lo stretto di Gibilterra e le isole greche dell’Egeo, aumenta fino a 1.510 morti. Almeno: perché non è da escludere ci siano stati altri naufragi fantasma, di cui non sappiamo nulla e che non rientrano nella macabra contabilità. A diffondere questi dati sconvolgenti è l’osservatorio Fortress Europe, che monitora la stampa internazionale raccogliendo notizie su vittime dell’emigrazione nel Mediterraneo, rilanciati dall’agenzia giornalistica «Redattore sociale». Stando a questi numeri, aggiornati al 21 maggio, in questi primi mesi del 2011 sono scomparse più persone di quante non abbiano trovato la morte nel Mar Mediterraneo in tutto il 2008, quando le vittime furono 1.274 a fronte di 36.000 sbarchi in Sicilia. E i 1.408 morti contati finora nel canale di Sicilia sono il 93% dei 1.510 di tutto il Mediterraneo. Due sono le rotte verso l’Italia dei migranti dall’inizio di quest’anno: dalla Tunisia, con 25.000 sbarchi circa, e dalla Libia, con 14.000 arrivi. Di quelle 1.408 persone strappate ai barconi dal mare, solo 187 venivano dalla Tunisia e ben 1.221 dalla Libia. Una differenza notevole: nella drammatica lotteria delle traversate, una persona su 130 destinata alla morte sulla rotta tunisina, addirittura una su 11 su quella libica, qualcosa come dodici volte di più. Secondo l’analisi dell’osservatorio, c’è una spiegazione: mentre da Tunisi le partenze sono spontanee, con equipaggi che, pur improvvisati e mal addestrati, dedicano qualche attenzione alla sicurezza, dalla Libia, denuncia Fortress, i passaggi sarebbero spesso organizzati dal regime, pronto a «rastrellare» persone dai quartieri africani e costringerle a imbarcarsi, in condizioni pericolose e precarie, per inviare in Italia più migranti possibile, come ritorsione per i bombardamenti. Il «Redattore sociale» racconta l’esperienza Kingsley, camerunense giunto a Lampedusa il 1˚ maggio da Misurata e oggi accolto in un centro d’accoglienza del Nord: prelevato dalla sua casa, caricato su un camion container insieme ad altre centinaia di persone, trattenute per più di un mese in un’area controllata da militari «con la fascetta verde al braccio, erano di Gheddafi», circa 1.500 persone e tantissimi bambini, e infine imbarcati. «Ci hanno diviso: 320 su una barca, 280 sull’altra. Avevamo paura di morire in mare, ma non avevamo scelta, avevamo i fucili puntati addosso», racconta. E riporta la frase detta scherzando dai militari al porto, prima della partenza: che l’ordine di far partire verso l’Italia tutti gli africani arrivava dal raiss stesso. Kingsley è arrivato, ma lui e i suoi compagni di avventura facevano bene a temere: il peschereccio con 320 passeggeri a bordo, ricorda, è colato a picco portando con sé tuttiquanti. Dal 1994 a oggi sono 5.622 le persone morte nel Canale di Sicilia, lungo le rotte da Libia, Tunisia ed Egitto verso il sudest dell’isola, Lampedusa, Pantelleria, Malta. Negli ultimi anni, si sono contati 236 annegati, 413 nel 2003, 206 nel 2004. Il numero è più che raddoppiato nel 2007 (556 vittime), poi 1.274 nel 2008, per scendere dal maggio 2009, con l’entrata in vigore dell’accordo con la Libia che ha fatto diminuire gli sbarchi. Nel 2009 i morti sono stati 425, per diminuire sensibilmente nel 2010 (20 persone hanno perso la vita). Ma dall’inizio di quest’anno gli sbarchi sono ripresi nuovamente, e con loro uno stillicidio continuo di vittime.