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 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

Prestiti rimborsati Fiat al 46% di Chrysler - C’è anche il plauso di Barack Obama nell’Independence day di Chrysler, il giorno in cui la casa di Detroit si è “liberata” del fardello di 7,6 miliardi di dollari del prestito dei governi Usa e canadese

Prestiti rimborsati Fiat al 46% di Chrysler - C’è anche il plauso di Barack Obama nell’Independence day di Chrysler, il giorno in cui la casa di Detroit si è “liberata” del fardello di 7,6 miliardi di dollari del prestito dei governi Usa e canadese. Una liberazione che avviene con sei anni di anticipo sulla tabella di marcia fissata nel 2009 quando la Chrysler sembrava condannata a fallire. Un’impresa che il presidente americano ha definito ieri «una pietra miliare» e un segnale che l’industria dell’auto si sta riprendendo. Sergio Marchionne, che della scommessa Chrysler è stato l’ispiratore, il promotore e l’artefice, ieri ha voluto celebrare l’evento della firma, che contemporaneamente porta Fiat a detenere il 46 per cento della casa Usa, avvicinando così l’obiettivo di salire al 51 per cento entro l’anno, presso l’impianto di Sterling Heights. In una telefonata a Marchionne anche il vice di Obama, Joe Biden, si è congratulato per la restituzione del debito e per il ritorno «alla creazione di posti di lavoro». Una scelta carica di significati: due anni fa lo stabilimento avrebbe dovuto chiudere, mentre oggi rappresenta l’emblema di una rinascita, con la produzione della berlina 200 protagonista dello spot da record con Eminem lanciato durante il Super Bowl. «Meno di due anni fa - ha detto l’amministratore delegato di Chrysler e di Fiat ci siamo impegnati a rimborsare i contributi americani e canadesi e oggi manteniamo la promessa fatta». Più in dettaglio Chrysler ha rimborsato 5,9 miliardi di dollari al dipartimento del Tesoro Usa e 1,7 miliardi di dollari alla Export Depelopment Canada, holding del governo canadese e di quello dell’Ontario. L’operazione di rifinanziamento consentirà alla Chrysler di risparmiare 350 milioni di dollari l’anno grazie ai più bassi tassi di interesse ottenuti con la nuova linea di credito che è stata negoziata con le banche. Ma i prestiti appena restituiti non hanno rappresentato per Chrysler solo una seconda possibilità, quella di dimostrare il proprio valore, come ha sottolineato Marchionne. È stata anche un atto di fiducia sull’alleanza italoamericana, sul fatto che Fiat e Chrysler potessero dar vita a qualcosa di migliore e duraturo. Una scommessa che ben pochi, due anni fa, sembravano disposti a sottoscrivere. «L’annuncio - ha detto Obama - consente a Chrysler di costruire sul proprio progresso e di continuare a crescere mentre l’economia si riprende. Sostenere il settore automobilistico ha reso necessarie decisioni difficili, ma non abbiamo abbandonato i lavoratori di Chrysler e le comunità che contano su questa iconica società. Avevo detto che se Chrysler e i suoi azionisti fossero riusciti a compiere passi difficili e necessari per diventare più competitivi, l’America li avrebbe sostenuti e l’ho fatto». Secondo il presidente americano c’è ancora molto lavoro da fare, «ma iniziamo a vedere vendite più forti, l’aggiunta di ulteriori turni e segni di forza nell’industria automobilistica e nell’economia». Di fronte al risultato ottenuto e a un attestato di stima come quello di Obama, la soddisfazione di Marchionne è più che comprensibile. Il manager italo-canadese col maglioncino nero esulta: «Yes we did it!» («ci siamo riusciti») e guarda già avanti. «Quello che conta adesso - ha scritto in una lettera indirizzata “alle persone della Fiat” - è che possiamo imprimere un’accelerazione fondamentale al disegno di creare un costruttore di auto mondiale, determinato a posizionarsi tra i leader del settore. Ci troviamo alla vigilia di una svolta unica. Ci sono tutte le condizioni per accelerare e consolidare, nei prossimi mesi, il grande progetto di integrazione industriale tra le nostre due aziende». Alla fine, per descrivere lo stato dell’arte fra le due aziende, Marchionne ha usato una metafora pittorica. «Come sanno bene i pittori, tutti i quadri, anche i più grandi capolavori, all’inizio non erano che macchie di colore su una tavolozza. E dare vita a un’opera d’arte non è solo una questione tecnica, è molto di più: è una questione d’ispirazione, di passione e di visione». Con un’avvertenza: «La maggior parte del colore è ancora da stendere e abbiamo un lavoro enorme davanti a noi».