Vincenzo Savignano, Avvenire 25/5/2011, 25 maggio 2011
BERLINO SALUTA L’ATOMO. COSI’
Ecco la rivoluzione verde, il nuovo piano energetico del governo di Berlino, che ha il suono di un mulino a vento e luccica come uno specchio al sole. Un programma ben articolato, che trasformerà la Germania nel Paese più rinnovabile d’Europa e forse del mondo. Un piano che prevede la rinuncia definitiva e senza appello al nucleare, investimenti straordinari nel settore delle energie alternative e una rivoluzione del mercato dell’automobile.
La Grüne Revolution che ha coinvolto, coinvolge e coinvolgerà l’intera società civile, il mondo politico ma anche industria e finanza, ha subito ultimamente un’accelerazione improvvisa e inattesa. «L’incidente alla centrale di Fukushima in Giappone ha cambiato l’idea sul nucleare di molti tedeschi e anche la mia e sicuramente non la ricambierò di nuovo». Con queste inequivocabili parole la cancelliera Angela Merkel, nel corso dell’ultimo incontro con la stampa estera, ha dato il suo addio all’atomo. Un commiato che durerà altri dieci anni: massimo entro il 2022 tutti i reattori tedeschi saranno staccati dalla rete elettrica, l’annuncio ufficiale sarà dato dalla stessa Merkel nei prossimi giorni, poi all’inizio di luglio il Bundestag approverà la nuova legge ( Atomgesetz) in cui si stabiliranno definitivamente i tempi e le modalità d’uscita dal nucleare. Finirà per sempre nel cassetto il piano del settembre 2010 che si prefiggeva il prolungamento del ciclo di vita operativo di tutti i 17 reattori tedeschi per una media di 12 anni. Quattro, i più vecchi, chiuderanno subito poi a seguire tutti gli altri, senza alcun ripensamento, «perché la Germania ha le capacità tecnologiche ed economiche per rinunciare al nucleare», ha aggiunto la Merkel alcuni giorni fa, presenziando all’inaugurazione sulla costa del Meclemburgo-Pomerania del parco eolico Balt1 che, grazie ai suoi 21 generatori, provvederà al fabbisogno energetico di più di mezzo milione di famiglie. La cancelliera ha colto l’occasione anche per annunciare un ulteriore investimento da parte del governo di cinque miliardi di euro nel settore delle rinnovabili. L’obiettivo minimo del nuovo piano è di ottenere entro il 2030, massimo 2040, il 50% del fabbisogno energetico esclusivamente da fonti alternative. Oggi, secondo gli ultimi dati forniti dal ministero dell’Ambiente di Berlino, la percentuale di energia rinnovabile sul totale prodotto ha toccato circa il 17% del consumo di energia primaria. Di questo, il 6,2% è costituito dal vento, il 5,6% dalle biomasse, il 3,2% dall’idroelettrico e il 2% dal solare. Il governo tedesco calcola di poter raggiungere quota 30% entro il 2020. Altri organi legati all’esecutivo sono dell’avviso che, se il trend sarà mantenuto, tra meno di quarant’anni l’intero Paese potrà approvvigionarsi senza l’uso di fonti convenzionali, liberandosi cioè del carbone, che oggi contribuisce ancora per circa il 43% del totale, del gas naturale (14%) e ovviamente del nucleare (22%).
La rinuncia in dieci anni all’energia atomica costringerà, tuttavia, la Germania a mantenere inalterata più a lungo la percentuale riconducibile al carbone. Il governo intenderebbe erogare i sussidi per le miniere, ormai fuori mercato, fino al 2018. Il ricorso al carbone, per rimpiazzare il nucleare, potrebbe determinare però un aumento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, ma il governo di Berlino ha già pronta la contromossa: ridurre drasticamente l’emissione di gas nocivi delle automobili. «Entro il 2020 in Germania circoleranno più di un milione di auto elettriche e ibride, 3 milioni entro il 2030», è l’ulteriore sfida verde lanciata dalla Merkel, dopo una riunione, svoltasi al cancellierato di Berlino, con i vertici delle principali case automobilistiche tedesche.
La cancelliera è ormai convinta: l’unica strada percorribile è la rivoluzione verde che, in realtà, non è una mossa a sorpresa, bensì un processo ben radicato nella società civile della Germania e anche nella carriera politica dell’attuale capo di governo.
Tutto iniziò, infatti, nei primi anni ’90 quando il cancelliere Helmut Kohl affidò al suo ministro dell’Ambiente, tale Angela Merkel, un piano pionieristico e senza dubbio lungimirante: investire soldi pubblici per lo sviluppo della tecnologia eolica e solare. Nelle verdi vallate tedesche iniziarono a spuntare le prime pale eoliche, contemporaneamente scattò il «programma 100mila tetti», ossia il numero di abitazioni private in grado di alimentarsi autonomamente grazie ai pannelli solari. Nel 1999 Schröder portò avanti il piano Kohl, varando il provvedimento per lo sviluppo delle energie rinnovabili (Eeg-Gesetz).
Oggi la Germania è con la Cina il principale esportatore mondiale di tecnologia fotovoltaica e solare. Nell’ultimo decennio ha vissuto un vero e proprio boom il settore dell’eolico, con la realizzazione dei primi impianti off-shore sfruttando le distese marine del Baltico e del Mare del Nord. Quindici turbine sono già attive dalla metà del 2009, 45 km a nord dell’isola di Borkum. Altre 1.500 saranno inaugurate nei prossimi anni. Grande rilevanza hanno comunque rivestito finora gli impianti on-shore concentrati tra Bassa Sassonia, Brandeburgo, Sassonia-Anhalt, Schleswig-Holstein e Meclemburgo-Pomerania anteriore. Stando ai piani dell’esecutivo tra il 2025 e il 2030 l’eolico off-shore dovrebbe invece arrivare e costituire circa il 15% del consumo primario di energia, mentre quello sulla terraferma aggirarsi intorno al 10%.