Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

BERLINO SALUTA L’ATOMO. COSI’

Ecco la rivoluzione verde, il nuovo piano energetico del governo di Berlino, che ha il suono di un mulino a vento e luc­cica come uno specchio al sole. Un programma ben articolato, che tra­sformerà la Germania nel Paese più rinnovabile d’Europa e forse del mondo. Un piano che prevede la rinuncia definitiva e senza appello al nucleare, investimenti straordi­nari nel settore delle energie alter­native e una rivoluzione del mer­cato dell’automobile.
La Grüne Revolution che ha coin­volto, coinvolge e coinvolgerà l’in­tera società civile, il mondo politi­co ma anche industria e finanza, ha subito ultimamente un’accele­razione improvvisa e inattesa. «L’in­cidente alla centrale di Fukushima in Giappone ha cambiato l’idea sul nucleare di molti tedeschi e anche la mia e sicuramente non la ricam­bierò di nuovo». Con queste ine­quivocabili parole la cancelliera Angela Merkel, nel corso dell’ulti­mo incontro con la stampa estera, ha dato il suo addio all’atomo. Un commiato che durerà altri dieci an­ni: massimo entro il 2022 tutti i reat­tori tedeschi saranno staccati dal­la rete elettrica, l’annuncio ufficia­le sarà dato dalla stessa Merkel nei prossimi giorni, poi all’inizio di lu­glio il Bundestag approverà la nuo­va legge ( Atomgesetz) in cui si sta­biliranno definitivamente i tempi e le modalità d’uscita dal nucleare. Finirà per sempre nel cassetto il piano del settembre 2010 che si prefiggeva il prolungamento del ci­clo di vita operativo di tutti i 17 reat­tori tedeschi per una media di 12 anni. Quattro, i più vecchi, chiude­ranno subito poi a seguire tutti gli altri, senza alcun ripensamento, «perché la Germania ha le capacità tecnologiche ed economiche per rinunciare al nucleare», ha aggiun­to la Merkel alcuni giorni fa, pre­senziando all’inaugurazione sulla costa del Meclemburgo-Pomera­nia del parco eolico Balt1 che, gra­zie ai suoi 21 generatori, provve­derà al fabbisogno energetico di più di mezzo milione di famiglie. La cancelliera ha colto l’occasione anche per annunciare un ulteriore investimento da parte del governo di cinque miliardi di euro nel set­tore delle rinnovabili. L’obiettivo minimo del nuovo piano è di otte­nere entro il 2030, massimo 2040, il 50% del fabbisogno energetico e­sclusivamente da fonti alternative. Oggi, secondo gli ultimi dati forni­ti dal ministero dell’Ambiente di Berlino, la percentuale di energia rinnovabile sul totale prodotto ha toccato circa il 17% del consumo di energia primaria. Di questo, il 6,2% è costituito dal vento, il 5,6% dalle biomasse, il 3,2% dall’idroe­lettrico e il 2% dal solare. Il gover­no tedesco calcola di poter rag­giungere quota 30% entro il 2020. Altri organi legati all’esecutivo so­no dell’avviso che, se il trend sarà mantenuto, tra meno di qua­rant’anni l’intero Paese potrà ap­provvigionarsi senza l’uso di fonti convenzionali, liberandosi cioè del carbone, che oggi contribuisce an­cora per circa il 43% del totale, del gas naturale (14%) e ov­viamente del nu­cleare (22%).
La rinuncia in dieci anni all’energia a­tomica costringerà, tuttavia, la Germa­nia a mantenere i­nalterata più a lun­go la percentuale riconducibile al carbone. Il governo intenderebbe erogare i sussidi per le miniere, or­mai fuori mercato, fino al 2018. Il ri­corso al carbone, per rimpiazzare il nucleare, potrebbe determinare però un aumento delle emissioni di CO2 nell’at­mosfera, ma il governo di Berlino ha già pronta la contromossa: ridurre drasticamente l’emissio­ne di gas nocivi delle au­tomobili. «Entro il 2020 in Germania circoleran­no più di un milione di auto elettriche e ibride, 3 milioni entro il 2030», è l’ulteriore sfida verde lanciata dalla Merkel, dopo una riunione, svol­tasi al cancellierato di Berlino, con i vertici del­le principali case auto­mobilistiche tedesche.
La cancelliera è ormai convinta: l’unica strada percorribile è la rivolu­zione verde che, in realtà, non è una mossa a sorpresa, bensì un pro­cesso ben radicato nella società civile della Germania e an­che nella carriera politica dell’at­tuale capo di governo.
Tutto iniziò, infatti, nei primi anni ’90 quando il cancelliere Helmut Kohl affidò al suo ministro del­l’Ambiente, tale Angela Merkel, un piano pionieristico e senza dubbio lungimirante: investire soldi pub­blici per lo svilup­po della tecnologia eolica e solare. Nel­le verdi vallate te­desche iniziarono a spuntare le prime pale eoliche, con­temporaneamente scattò il «program­ma 100mila tetti», ossia il numero di abitazioni private in grado di ali­mentarsi autonomamente grazie ai pannelli solari. Nel 1999 Schrö­der portò avanti il piano Kohl, va­rando il provvedimento per lo svi­luppo delle energie rinnovabili (Eeg-Gesetz).
Oggi la Germania è con la Cina il principale esportatore mondiale di tecnologia fotovoltaica e sola­re. Nell’ultimo decennio ha vissu­to un vero e proprio boom il set­tore dell’eolico, con la realizza­zione dei primi impianti off-sho­re sfruttando le distese marine del Baltico e del Mare del Nord. Quin­dici turbine sono già attive dalla metà del 2009, 45 km a nord del­l’isola di Borkum. Altre 1.500 sa­ranno inaugurate nei prossimi an­ni. Grande rilevanza hanno co­munque rivestito finora gli im­pianti on-shore concentrati tra Bassa Sassonia, Brandeburgo, Sassonia-Anhalt, Schleswig-Hol­stein e Meclemburgo-Pomerania anteriore. Stando ai piani dell’e­secutivo tra il 2025 e il 2030 l’eoli­co off-shore dovrebbe invece arri­vare e costituire circa il 15% del consumo primario di energia, mentre quello sulla terraferma ag­girarsi intorno al 10%.