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 2011  maggio 24 Martedì calendario

Gli Usa e il caso Strauss-Kahn: roba da psicanalisi - La devastata storia di Dominique Gastone Strauss-Kahn fa acqua da trop­pi buchi, ma ha questo di buono: che fun­ziona come un test proiettivo in cui ognuno- persone singole e interi popoli - vedono quel che vogliono e si rinfaccia­no ogni genere di offesa: alla morale, al genere femminile, all’identità africana, ai malati di Aids (la vittima violentata da Dominique abita in un complesso riser­vato ai malati di questa malattia, ma nes­suno sa se sia o no malata lei stessa), e poi offesa alla Francia, agli Stati Uniti, alla memoria della liberazione dell’Eu­ropa, alla partecipazione armata dei bat­taglioni di Lafayette all’indipendenza americana

Gli Usa e il caso Strauss-Kahn: roba da psicanalisi - La devastata storia di Dominique Gastone Strauss-Kahn fa acqua da trop­pi buchi, ma ha questo di buono: che fun­ziona come un test proiettivo in cui ognuno- persone singole e interi popoli - vedono quel che vogliono e si rinfaccia­no ogni genere di offesa: alla morale, al genere femminile, all’identità africana, ai malati di Aids (la vittima violentata da Dominique abita in un complesso riser­vato ai malati di questa malattia, ma nes­suno sa se sia o no malata lei stessa), e poi offesa alla Francia, agli Stati Uniti, alla memoria della liberazione dell’Eu­ropa, alla partecipazione armata dei bat­taglioni di Lafayette all’indipendenza americana. E poi ancora offesa al buon senso (ma si può essere così cretini?...) e al­l’intelligenza (ma come: sei in fuga colpevole di stupro e chia­mi l’albergo per farti portare il telefonino all’aeroporto?)offe­sa al Partito socialista di cui Do­minique Gastone Strauss-Kahn era il candidato, e così via. Offese, menzogne, pregiu­dizi razziali e culturali. Gli ame­ricani sempre rozzi e puritani, gli europei sempre acculturati cinici e figli di buona donna. In Francia si grida al complotto ­più nei blog che sulla carta stampata,ma l’opinione è mol­to diffusa - ma lo sconcertante episodio del Vip stupratore francese a New York serve an­che e soprattutto per riafferma­re e contraddire, annichilire e rafforzare pregiudizi che navi­gano, andata e ritorno, dalle due sponde dell’oceano. Pregiudizio numero uno: gli americani sono «puritani», rompono le scatole ogni volta che c’è di mezzo il sesso, basta guardare al casino che armaro­no con il caso dello studio Ova­le e di Monica Lewinsky. Pre­giudizio opposto: voi europei siete «so full of shit» (letteral­mente: «pieni di merda», ma nel senso di ipocriti e mentito­ri) perché non avete rispetto per nulla e per nessuno, vedete una donna nera, una lavoratri­ce che si spezza la schiena per rifare i letti in un grande alber­go Sofitel e la trattate come una schiava sottoponendola a sevi­zie sessuali. Poi fate la valigia, pagate il conto e cercate di squagliarvela sul primo jet di li­nea. Dalla parte francese si te­n­de a entrare nel campo dei pesi e delle misure: la vittima (la vit­tima, il faut rappeler , è sempre colpevole) è alta un metro e 80 e pesa 90 chili. Come ha fatto Strauss-Kahn a imporle con la forza prestazioni sessuali umi­lianti? Controreplica americana: «Come on! He is so guilty! Look at him!», è totalmente colpevo­le! basta che lo guardiate in fac­cia: è scappato come una lepre dopo la sua bell’impresa con la povera cameriera della Gui­nea, è corso all’aeroporto e si è accorto di aver lasciato il cellu­lare in albergo. E allora che fa? Chiama l’albergo e chiede di portarglielo in aeroporto: è co­sì che la polizia lo becca e lo tra­scina giù dall’aereo dove si è già allacciato la cintura di sicu­rezza. Contro-controreplica france­se: ma voi americani siete dei maniaci. Dominique di cellula­ri non ne ha uno, ma almeno dieci e si è accorto di quello mancante soltanto mentre sta­va partendo e, avendo la co­scienza a posto e nulla da teme­re, ha chiamato in albergo, il che dimostra che è innocente e non aveva nulla da nasconde­re. Si può continuare. Si può commentare l’orrore che pro­voca la cauzione milionaria. O l’arroganza che ogni civiltà con­tinentale scarica sull’altra, di­rimpettaia («Voi, maledetti americani»,«Voi,maledetti eu­ropei »). Si può andare avanti sulla questione sessuale, fem­minile, razziale, finanziaria, borghese, rivoluzionaria, con­servatrice. Sarkozy, per esem­pio, sta facendo salti di gioia ma finge disappunto? Chi pren­de in giro? Sarkozy è indiziato. Secondo molti è stato lui, ha or­chestrato tutto lui con l’amico Obama, che però dovrebbe es­sere di sinistra mentre lui è di destra: Sarkò parla bene ingle­se e va in vacanza in America, vuoi vedere che ha chiesto a Ca­sa Bi­anca e Cia di far fare un ser­vizietto al suo possibile futuro antagonista Dominique Strauss-Kahn? Sì, perché, non dimentichiamo,l’uomo in cep­pi a Manhatt­an poteva diventa­re di qui a poco il prossimo pre­sidente della Republique Française . Che cosa c’è dietro? Chi c’è dietro? Tutto casuale? Non sarebbe più divertente se i fatti dicessero soltanto che i fat­ti andarono come andarono e che non c’è nulla da sospetta­re, da accusare, da rivoltare, di complottare? Oppure, versione opposta: sono gli americani che hanno deciso di silurare l’Europa. Si sa come sono quelli là, oltre la Quinta strada: vedono l’euro forte e gli viene l’orticaria,vedo­no i francesi sabotare la guerra in Irak e gettano champagne e le«French fries»,le patatine frit­te, nelle fogne al grido di «Ab­basso i formaggi che puzza­no! ». Potrebbe essere un risvol­to epocale dello scandalo. E, dall’altra parte, taisez-vous ignoranti cowboys liberati da Lafayette, non siete degni del vi­no che vi vendiamo. Domini­que Strauss- Kahn non trova ca­sa a Manhattan. Forse ha trova­to un residence, ma i cittadini non lo vogliono: peggio di ave­re per vicino un nazista incrimi­nato di genocidio. Gli hanno messo il braccialetto elettroni­co e il giudice, una donna catti­vissima come tutti i giudici americani, tale Melissa Jack­son, ha ordinato che si tenga nota anche di quando va al ba­gno. Inoltre ha voluto che Do­minique si pagasse di tasca sua un agente che lo sorveglia 24 ore al giorno e lo ha «charged», accusato, di reati dettagliati ma anche un po’ vaghi fra cui «atti sessuali e anali con un’altra per­sona per mezzo di costrizione violenta». Il presidente, ora di­missionario, del Fondo mone­­tario internazionale è servito, a calci nel sedere. Gli americani però in questa vicenda manten­g­ono un profilo basso e sono fie­ri di sé. E devo confessare, es­sendo per mia scelta molto americano anch’io, che siamo fatti così e ci piacerebbe anche un mondo fatto così: sulle gran­di questioni morali adoriamo la faccia dura e la linea dura. Ma siamo anche pronti alla trat­­tativa: Dominique rischia 74 anni di galera, questo è vero, ma possiamo trattare: certo, non se la caverà con poco, ma patteggiare è sempre possibile. Lo scopo della giustizia ame­r­icana è non celebrare i proces­si. Se uno che è colpevole si di­chiara innocente e costringe lo Stato di New York a mettere in piedi tutto l’ambaradan del processo per arrivare a scopri­re che il colpevole era davvero colpevole, l’ira del tax payer , l’onnipotente contribuente del ceto medio, si abbatterà su di lui e può finire con l’iniezio­ne letale. Se uno viceversa è col­pevole, allora ci sarà quasi sem­pre un giudice donna, possibil­mente nera e con occhi di fuo­co, che gli farà capire come stanno le cose, come gira il mondo da questa parte del­l’oceano: qui non siamo in Ita­lia, qui non siamo in Francia, qui siamo nella liberale Manhattan di Woody Allen, che però è anche la Manhattan delle femministe, delle lesbi­che, della libertà di essere gay, dei generi, delle origini, dei mangiari, della diversità, delle revolverate di notte nel Bronx, dei concerti jazz nelle trattorie italiane di Soho. E questo coa­cervo di identità ha prodotto la repressione dei repressori, è una religione, è un codice che non si può infrangere. Non puoi, come dire, farti da tergo una lavoratrice nera del tuo al­bergo, pesi pure 90 chili e sia for­te e grande come un armadio, e farla franca. Sei un uomo mor­to, Dominique, arrenditi: mi­ster Strauss-Kahn, you are screwed , lei è fottuto, è così che gira dalle nostre parti. Lo scandalo intanto fa l’on­da, dilaga, riverbera, tutti dico­no qualcosa, tutti pensano che le cose non stiano come appa­re, tutti negano e affermano qualsiasi sciocchezza. L’Euro­pa per ora perde uno a zero, ma l’America non si sente vittorio­sa. L’americano ha sempre un senso di colpa, di inferiorità, di rabbia nei confronti dell’euro­peo e dell’Europa. E quando a New York dicono Europa pen­sano Francia. E quando pensa­no Francia intendono Parigi, e quando dicono Parigi pensa­no sia Tour Eiffel che Elysée, la casa di Sarkò. Pensano anche che questa, in fondo, non ci vo­­leva, perché gli americani pur­troppo per un antico difetto ge­netico si sentono figli dei fran­cesi, anche se i francesi li ripu­diano. Ma nel conflitto fra padri e fi­gli, i figli americani non rinun­ciano all’uccisione del padre e per una volta che possono casti­gare il padre a sbat­terlo in gale­ra dopo averlo tirato giù dall’ae­reo, lo fanno. E mentre lo fanno si sentono in colpa e si sentono fieri, due sentimenti opposti, perché mentre lo riconoscono come padre, adorano metterlo alla gogna e coprirlo di sputi mediatici. Sì, perché la società americana - tutta in bianco e nero senza grigio- copre di spu­ti avvelenati e se poi si arrabbia davvero può spedirti una salva di missili. No, non è il posto giu­sto per prendere una camerie­ra africana di proporzioni king size e piegarla, in tutti i sensi, ai propri voleri. Qui non la passi liscia. Sorry.