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 2011  maggio 24 Martedì calendario

«IO, SEDUTO SU 600 MILIONI CASH»

«Ho sempre associato una buona liquidità di cassa con i concetti di indipendenza e solidità. Non so se sia un retaggio della mia infanzia, ma avere fieno in cascina mi ha sempre fatto ritenere che io, l’azienda, i dipendenti e i fornitori potessimo dormire sonni più tranquilli».

Mentre gran parte delle aziende italiane combatte quotidianamente con il sistema creditizio, Giorgio Armani non ha debiti e, anzi, definisce «una buona liquidità» i 604 milioni cash su cui è seduto dopo averne investiti l’anno scorso 91 soprattutto per aprire negozi. Con tutto quel denaro, "king" George potrebbe mettersi a contare i bigliettoni come Paperon de’ Paperoni nel deposito, senza urgenza – a 77 anni da festeggiare il prossimo luglio – di quotarsi in Borsa o di vendere: magari al colosso Lvmh, che integrerebbe finalmente nel gruppo il leader di quel prêt-à-porter che manca nel suo portafoglio di prestigiosi brand, o ai partner dell’Oréal, forti di una licenza nei profumi e nelle fragranze da 600 milioni all’anno.

Non passa giorno che il mondo della moda e del lusso non si interroghi sul futuro di una delle aziende storiche del made in Italy. Ma nella sua biblioteca in boiserie foderata di migliaia di libri Armani, T-shirt e pantaloni in tela blu, sembra interessato solo a sfogliare i grafici «molto positivi» dei conti 2010, che presenta in esclusiva al Sole 24 Ore: ricavi in rimbalzo del 4,6% a 1.588 milioni di euro (il retail diretto +10,4%), Ebitda +47,5% a 322 milioni, utile netto +81,3% a 161 milioni. Una crescita del fatturato – che nell’indotto retail ha superato i 6 miliardi di euro – non troppo aggressiva rispetto ad altri big brand del settore, ma in linea con i trend storici dell’azienda, coniugata però con un significativo aumento della redditività: l’Ebitda è balzato al 20,3% del fatturato rispetto al 14,4% del 2009 e, soprattutto, al 18,7% dell’anno record per le vendite, quel 2008 in cui il crack Lehman cambiò per sempre i destini del mondo. Un 20,3% da valutare anche alla luce della segmentazione chirurgica delle collezioni, che spaziano dalla couture alle T-shirt per teenager.

Poi c’è il dato impressionante della liquidità: 604 milioni, record assoluto per il gruppo, in aumento del 35% sull’anno precedente, trainata – spiegano dal quartier generale di via Borgonuovo – da una generazione di cassa di un centinaio di milioni all’anno, da una corretta gestione delle scorte e del circolante, e dal netto incremento delle vendite a prezzo pieno. Anche le prospettive sono positive: il portafoglio ordini per l’autunno-inverno prossimo viaggia al +20% e proseguiranno le aperture di punti vendita, ma sempre con un severo controllo della qualità della distribuzione.

Signor Armani, voleva stupirci con effetti speciali?

Forse è un lusso potersi permettere questa "cintura di sicurezza" che con altri assetti proprietari non sarebbe consentita o, quantomeno, non sarebbe efficiente avere.

Se fosse quotato gli azionisti la costringerebbero a investirli...

Appunto. In questo modo, il vantaggio sta nel poter rimediare a situazioni impreviste o nel poter cogliere opportunità importanti, senza chiedere niente a nessuno. Un’opzione per dare il meglio di sé, senza condizionamenti.

Come userà questo denaro?

Continueremo a investire sul sistema che ruota intorno ai nostri marchi. Dalla progettazione al retail, il mio gruppo concepisce, produce e distribuisce abiti e accessori che vanno dalla prima linea Giorgio Armani ad A/X, passando per Armani Collezioni, Emporio Armani e Armani Jeans.

Dimentica la Privé.

Ovviamente quella è il fiore all’occhiello, capi couture che sfilano a Parigi, decine o centinaia di ore di lavoro artigianale, destinati a signore fortunate che possono permettersi simili capolavori.

Insomma, una gestione segmentata...

Questo sistema multimarchio all’interno del gruppo è un modello unico ed è una delle ragioni del nostro successo, ma richiede una "manutenzione" onerosa: investimenti impegnativi in talenti, comunicazione, ricerca, negozi. Tanto più che il tutto è declinato su varie categorie di prodotto e, praticamente, in tutti i mercati del mondo.

Retail diretto e comunicazione sono i due aspetti chiave per lo sviluppo di un brand?

Sì, e per me non è una novità. Lo spazio Armani/Manzoni 31, aperto più di dieci anni fa, ne era già testimonianza evidente. Però servono anche innovazione e qualità.

Ha intenzione anche lei di fare acquisizioni di aziende e/o brand nel breve-medio periodo?

Dopo dieci anni di acquisizioni industriali, oggi controlliamo la quasi totalità delle categorie di prodotto che rientrano nel perimetro aziendale. A eccezione delle grandi licenze – profumi, occhiali e orologi – che sono affidate con successo a terzi specialisti, per il resto ho già incorporato il sistema industriale a monte e anche la maggior parte dei mercati distributivi a valle.

Non ha risposto sullo shopping di altri marchi.

Non si dovrebbe mai escludere niente, ma sarebbe davvero una novità rispetto a quanto fatto finora. Per essere interessato a una eventualità del genere ci vorrebbe un’opportunità strategicamente determinante. Prendo il mio lavoro troppo sul serio per concedermi divertissement di un certo tipo.

Tralasciamo la frecciatina. E il futuro?

Sono interessato solo alle soluzioni che garantiscano continuità di successo: ci sono esempi di aziende in ottima salute alla terza generazione ed esempi di aziende altrettanto ben gestite dopo passaggi di controllo. Personalmente ho fatto delle scelte che hanno dato il via a un nuovo corso.

Ha aperto di più al management, ma pochi giorni fa è uscito il suo braccio destro, John Hooks, un po’ a sorpresa.

Sì, ma da due anni c’è un nuovo management team che opera in sintonia con me e che condivide la mia visione, proponendomi spunti e soluzioni e mettendo successivamente in atto le decisioni. Non sono più, quindi, quel "Re solo" che ero: almeno così venivo dipinto. Per il momento questo è di conforto per me e i miei collaboratori.

Si sente più stilista o, ormai, più imprenditore?

La mia estetica nasce da una ricerca continua di equilibrio tra eleganza e innovazione, rievocazione del passato e contemporaneità. Anche nella mia veste di imprenditore trovo stimolo nel sintetizzare prudenza e coraggio, visione e pragmatismo. Non c’è un conflitto tra le due funzioni per me. Mi comporto da stilista e da imprenditore nello stesso modo e con la stessa passione.