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 2011  aprile 30 Sabato calendario

«A passeggio con Agnelli e Saint-Simon» - Lo si direbbe, Oddone Camerana, un Bartleby subalpino

«A passeggio con Agnelli e Saint-Simon» - Lo si direbbe, Oddone Camerana, un Bartleby subalpino. Nel volto ampio, sabaudo, si distende l’uniforme dello scrivano di Melville: «Preferirei di no», riecheggiante un carattere indigeno - il piemontese sempre fermo al no - che non sfuggì al valdostano Natalino Sapegno. E’ un collezionista di «vite a riscatto», Camerana. A cominciare dalla propria. Fedele al copione toccatogli in sorte, dinastico copione - figlio di Gian Carlo Camerana, vicepresidente della Fiat, a lungo sarà responsabile della Direzione Pubblicità e Immagine della Fiat Auto - eppure fanciullescamente altrove, lesto a incunearsi nella feritoia verso il dominio misterioso, come il Grande Meaulnes. Nella galleria che questo poeta urbano ha via via allestito, a risaltare è il fondatore della Fiat, il senatore Giovanni Agnelli, il Cavaliere ahinoi oggi inesistente: L’enigma del Cavalier Agnelli , uscito da Serra e Riva nel 1985, ritorna ora da Passigli. Oddone Camerana, che ne è il pronipote, negli Anni Ottanta gli spalancò le porte della città, di Torino. Tra finzione e realtà. Storica - biennio rosso la chiusura della Fabbrica, immaginaria la vacanza che il solitario eroe del capitalismo di gobettiana memoria, «disoccupato», si concesse passeggiando fra lapidi e monumenti, corsi d’acqua e viali, conventi e campi volo. Lei nasce nel ‘37, il Cavaliere muore nel ‘45... «Sì, l’ho incontrato. Dopo la prima comunione, gli feci visita con mio fratello nella casa di via Giacosa. Ci offrì una scatoletta con due spazzole. Un regalo non religioso e maschile». Il Cavalier Agnelli nella Torino di Gramsci e Gobetti. «Figure per me non particolarmente significative. Certo, per documentarmi, li ho letti, dai gramsciani trafiletti di Sotto la Mole alla gobettiana Visita alla Fiat . E così altre testimonianze sul primo Novecento. Pagine che rimuginavo passeggiando in centro durante le pause prandiali - lavoravo nei dintorni di corso Matteotti -, a poco a poco calandomi nel Senatore». Tra la Fiat e la biblioteca... «Ho attraversato il Sessantotto immergendomi, quando non ero in ufficio, nelle Memorie di Saint-Simon, sette volumi della Pléiade, rigo dopo rigo, o nei moralisti francesi del Settecento. E’ il loro realismo ad attrarmi, inesorabili nell’identificare la pianta uomo, di ambiguità in spietatezza. Non dimenticando, fra le voci d’Oltralpe, Léautaud, sommo diarista pure lui». C’è un Virgilio che l’ha scortata nello scaffale francese? «Arrigo Cajumi, ovvero I pensieri di un libertino , un impareggiabile manuale di letture, francesi e inglesi». Cajumi, un critico «al veleno». Non meno acuminato, il pittore-scrittore Italo Cremona, protagonista di un suo romanzo, «I passatempi del Professore». «La sua Coda della cometa è un egregio conte philosophique . Me lo presentò un suo allievo, il fotografo di caratura internazionale Gianni Penati. Lo andavo a trovare il sabato pomeriggio, passandovi un’ora sulfurea. Mi capitò di essere accompagnato da Guido Ceronetti, un dubbio lo assillava: sposarsi o non sposarsi? Il Professore lo incoraggiò: “Ma si sposi, si sposi...Se uno dei coniugi muore in albergo, l’altro potrà mettere in salvo le valigie...”». Cremona, Ceronetti, gli scrittori torinesi e piemontesi che sente affini... «Il Ceronetti che prediligo è l’umorista della lingua, come si manifesta nelle ballate. Pavese mi interessa come diarista e come studioso dei miti. Fenoglio è remoto...». E Mario Soldati? «Ci si frequentava soprattutto a Tellaro, che raggiungevo da Lerici. Nell’ Enigma del Cavalier Agnelli apprezzò i silenzi, neanche un’automobile, unica eccezione la vettura che conduce il Senatore dove hanno inizio i diversi itinerari peripatetici». Cremona e il casalese Piero Ravasenga, citato nell’« Enigma», e il poeta-magistrato Giovanni Camerana, evocato in «Contro la mia volontà». Non difettano gli irregolari nel suo pantheon... «Ravasenga, a dire il vero, il Ravasenga di Le nevi di una volta , non lo conoscevo, me lo suggerì Mario Soldati. E Giovanni Camerana, un campione di pessimismo, l’autore di Oropee , morto suicida, era il fratello di mio nonno». Tra gli scrittori piemontesi da lei innalzati (un saggio fresco di stampa), Silvio Pellico, «Le mie prigioni». «Un’opera che ho accostato sulla scia di un intellettuale maiuscolo, René Girard. Nel classico risorgimentale sfolgora “la verità che brilla nelle prigioni” (un frammento di Il capro espiatorio ). Quale verità? Il fallimento della giustizia penale, ieri come oggi ruotante intorno al bisogno prioritario, direi esclusivo, di punire». René Girard... «Critico letterario e antropologo. Ci ha svelato la legge universale del desiderio mimetico. Desideriamo i desideri di coloro che ci “contagiano”. Tramite Girard ho “rispolverato” non pochi classici - Don Chisciotte , per esempio, l’hidalgo che si fa cavaliere errante imitando gli eroi dei romanzi cavallereschi - e rischiarato il mio stesso lavoro». La Pubblicità. Cioè? «Rammenta lo slogan geniale coniato da Cagnasso per il lancio della A112, ad amplificarne la malìa una Catherine Deneuve giovane? “Piace alla gente che piace”. Siamo nella sfera, nella dimensione, dei desideri senza oggetto, il desiderio è inoculato da un’entità diversa da noi, il desiderio copiato...». L’auto. Torino. E la capitale americana delle quattroruote (Ford, Chrysler, General Motors). «Fantasmi a Detroit» è il racconto che suggella la nuova edizione dell’« Enigma». «Una visita che risale alla metà degli Anni Settanta. Meditando un rapporto del medico Céline, il visionario del reale che fu. Nel 1925, su e giù lungo gli stabilimenti Ford e Westinghouse, s’imbattè in ciechi, epilettici, paralitici. Il ciclo produttivo era sminuzzato al punto che gli handicappati vi si potevano adattare perfettamente, lievissimo lo sforzo richiesto loro. Una rappresentazione nitida, immediata, plastica della fabbrica qual è: un ospedale». Dal medico Céline al - torniamo a Torino - medico Lombroso, tra i protagonisti del suo libro «Contro la mia volontà», l’estremo Ottocento spalancato al positivismo e all’occultismo... «Di Céline a rifulgere è la lingua, grondante rabbia, collera, un argot di speciale potenza, a noi ignoto. Grande scrittore è anche Lombroso: se ne leggano i profili criminali, sono un’incisiva commedia umana. Il suo pensiero? Pur sbagliando sostiene qualcosa di attualissimo. E’ inevitabile stabilire una liaison fra la certezza che lo accompagnava, secondo cui il volto di un uomo è la mappa del suo carattere, e il Dna, custode di ogni nostro segreto». Le prigioni di Pellico; di là delle sbarre, i futuri crani di Lombroso; reclusi i personaggi che Lei, di romanzo in racconto, ha modellato... «Vero. Il Cavalier Agnelli è un detenuto del lavoro in libera uscita. Il Professor OnoratiCremona è recluso per motivi di salute. Emma Frassati, sorella di Alfredo Frassati, in Contro la mia volontà è ostaggio del fidanzato. I Pattumeros del Centenario (i reduci di una fabbrica smantellata, in disuso) sono imbrigliati nel codice del passato, la malattia, la febbre, il virus, la convulsione che è (riecco la fabbrica ospedale). Le “vite a riscatto” subiscono - scontano - i modelli del capitalismo familiare. Forse non è un caso che tra i miei autori vi sia l’Hawthorne di La lettera scarlatta , un mondo soffocato, soffocante, persecutorio». Oddone Camerana apre I pensieri di un libertino , magari alla pagina dove riluce «il superbo motto» (vi si rispecchiava Cajumi) di Walter Savane Landor che potrebbe essere il suo: «I claim non place in the world of letters. I am alone, and will be alone, as long as I live, and after!». Solitario testimone «laico», sottobraccio al solitario Cavalier Agnelli...