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 2011  aprile 30 Sabato calendario

Il viaggio della navicella Voyager 1

Il Voyager lascia il sistema solare per incontrare alieni - La navicella Voyager 1 sta lasciando il sistema solare alla velocità di 17 chilometri al secondo e la Nasa, anche per dissimulare il mesto pensionamento dello Shuttle, si concede un po’ di retorica. «Siamo sulla soglia dell’ignoto dicono al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, California -. Aspettiamoci l’inaspettabile». Voyager 1 si trova oggi a 17,4 miliardi di chilometri dal Sole, un seicentesimo di anno luce. La stella più vicina è a 4,6 anni luce; diciamo che la strada è ancora lunga ma la navicella americana ne ha fatta quanto basta per dire che è entrata nello spazio interstellare. Mai un oggetto costruito dall’uomo si è allontanato tanto. Eppure sentiamo ancora la sua voce, benché i segnali radio impieghino 16 ore per arrivare fino a noi e la potenza sia quella di una lampadina. Il generatore a isotopi da 420 watt riuscirà a tenere i contatti con le gigantesche parabole del Jet Propulsion Laboratory fino al 2020. Un successo della Nasa dei bei tempi che non solo sopravvive allo Shuttle ma promette ancora un futuro di gloria. Con i suoi strumenti ora Voyager sta registrando la graduale uscita dal campo magnetico del Sole. È questo il segno dell’addio, l’abbandono della nicchia solare. Sulla rotta l’attendono migliaia di anonimi asteroidi dal diametro di qualche centinaio di chilometri (la Fascia di Kuiper), poi una moltitudine di comete surgelate che formano la Nube di Oort e un abisso buio che scavalcherà in 40 mila anni, fino ad arrivare nei dintorni di una debole stella della costellazione del Serpentario. L’avventura di Voyager 1 è iniziata il 5 settembre 1977 quando un razzo Titan III Centaur l’ha spedita verso Giove, pianeta che ha raggiunto nel marzo 1979, e Saturno, che ha sorvolato nel dicembre 1980. Al lancio pesava 722 chilogrammi, in buona parte strumenti scientifici che all’epoca erano il meglio della tecnologia mentre oggi ci sembrano primitivi. La tallonava la sonda gemella Voyager 2, partita 15 giorni prima (20 agosto 1977) ma un po’ meno veloce e con il compito di visitare, dopo Giove e Saturno, anche Urano e Nettuno, ciò che ha fatto puntualmente nel 1986 e nel 1989. Il bottino scientifico di Voyager 1 è ricco: una ventina di nuovi satelliti, l’osservazione di eruzioni vulcaniche su Io e la scoperta di un oceano sotto i ghiacci di Europa (due lune di Giove), piogge di metano su Titano (il più grosso satellite di Saturno), l’esplorazione dell’eliosfera. Ma la navicella della Nasa è famosa soprattutto per il messaggio ad eventuali alieni che le affidò l’astronomo Carl Sagan, il visionario planetologo degli anni Settanta. È un classico lp ma non di vinile perché deve sfidare i millenni e l’ambiente ostile dello spazio: un disco di rame dorato dal diametro di 30 cm con 90 minuti di musica, saluti in 55 lingue, suoni e 118 immagini della Terra, un messaggio del segretario delle Nazioni Unite. I brani musicali vanno dai Concerti Brandeburghesi di Bach a «Johnny B. Goode» di Chuck Berry. I suoni dal rombo di un razzo alle onde cerebrali di una donna in orgasmo. Per ascoltarlo il signor E.T. dovrebbe farlo girare a 16 giri al minuto. Ma quei vecchi giradischi ormai sono nei musei, e persino i cd sono al tramonto. Il messaggio di fratellanza immaginato da Sagan però rimane valido. Per noi terrestri.