Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 30 Sabato calendario

POCHE PAROLE E NIENTE FOTO PER IL MAESTRO DELLE PR

C’ è chi l’ha definito «l’inventore del moto perpetuo». Certo, con le sue veloci mosse da uno schieramento all’altro, Fiorenzo Tagliabue, presidente dell’agenzia Sec relazioni pubbliche e istituzionali, ha spiazzato più di un candidato nelle assai incerte elezioni a nuovo sindaco di Milano. Prima mossa. Da sempre militante in Comunione e Liberazione, supertattico dei trionfi elettorali di Roberto Formigoni, il 4 volte governatore della Lombardia suo grande amico e coetaneo, Tagliabue lo scorso novembre con il suo team di ottimi comunicatori & creativi ha costruito alle primarie del centrosinistra il fenomeno Giuliano Pisapia, l’avvocato di Rifondazione comunista che ha battuto il candidato ufficiale del Pd, l’architetto Stefano Boeri. Ben conosceva Boeri le doti professionali di Tagliabue (i due, nei loro diversi ruoli, hanno collaborato con l’immobiliarista Manfredi Catella al progetto Garibaldi-Repubblica), ma lo credeva troppo formigoniano doc per accettare di occuparsi della sua campagna (paradosso nel paradosso, Stefano Boeri si affidò a Proforma, l’agenzia pugliese delle vittorie di Nichi Vendola). Seconda mossa. Onorato il contratto con Pisapia, a metà marzo, la Sec di Fiorenzo Tagliabue è entrata nella numerosa squadra che, da mesi e con molti mezzi, lavora alla rielezione della candidata di centrodestra, Letizia Moratti. Per Tagliabue una scelta professionale e, certo, anche più in linea con le sue radici politiche; per Giuliano Pisapia un brutto colpo: l’avvocato rifondarolo non si era infatti premurato di farsi dare dalla Sec un patto scritto di non concorrenza.

Risultato: Pisapia non commenta ma, nel suo entourage, c’è chi lamenta che Moratti può contare su uno spin doctor che conosce perfettamente i punti deboli dell’avversario. Reputazione di persona seria e di indefesso lavoratore, Fiorenzo Tagliabue è il genere d’uomo uso al potere senza mai apparire in prima fila. Dopo l’incontro della sua vita con il fondatore di Cl, don Luigi Giussani, Tagliabue, laureato in storia e filosofia e giornalista professionista, è stato forse il primo, vero imprenditore ciellino. «E’ un mix fra Tocqueville e Leone XIII, fra i principi del liberalismo e la dottrina sociale della Chiesa», disse anni fa per spiegare il «modello lombardo», ovvero la rete d’imprese cielline che operano nei più diversi settori, dal lavoro interinale all’ assistenza domestica. Erano gli anni di piombo e di dominio culturale della sinistra quando Tagliabue lanciò la sua sfida: dare voce alle istanze cristiane. Dopo aver creato, con Alberto Contri, Radio Supermilano, nel 1978 con Formigoni fonda il settimanale «Il Sabato», riuscito mix di grandi firme da Giovanni Testori ad Augusto Del Noce a Carlo Bo - e di promettenti giovani: Alessandro Banfi, Maurizio Crippa, Paolo Liguori, Antonio Socci; tra i finanziatori un imprenditore ancora poco conosciuto, Silvio Berlusconi. Segretario generale dal 1986 del Centro televisivo del Vaticano; per 3 anni amministratore delegato della società editrice di «Avvenire», nel 1989 Tagliabue fonda la Sec (acronimo di Societas europaea ad comunicationes).

Anno dopo anno, nella sua agenzia entrano come soci noti esperti in comunicazione, da Tiziana Biasini, ex Mediaset, a Gabriele Bertipaglia, ex San Raffaele, e, tra ottime commesse e ottimi clienti, la Sec diventa uno dei gruppi leader del settore. Nella Milano capitale del centrodestra, Tagliabue s’aggira lesto e invisibile come una volpe bianca. Dal 2005 siede anche nel cda della Scala. Mai una sua foto con Lor Signori alla Prima; agli atti 2 dichiarazioni in 6 anni. «Consapevole dei miei limiti, cercherò di dare un contributo partendo dalle mie esperienze», dice alla sua nomina. Quando è grande polemica per Robert Carsen, il regista del «Candide» di Bernstein che voleva mettere in scena un Berlusconi in mutande, Tagliabue taglia corto: «E’ inopportuno che un regista si sovrapponga all’originale». Non una parola in più, amen.