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 2011  aprile 30 Sabato calendario

Superman volta le spalle all’America - Esiste qualcosa di più americano della Coca-Cola, della Cadillac e del cheeseburger messi insieme? Sì, certo, Superman; il quale però, nell’episodio intitolato The Incident , appena pubblicato sul numero 900 dell’albo Action Comics - laddove aveva fatto la sua comparsa nel lontano 1938 - «si dimette» da statunitense, rinunciando alla cittadinanza

Superman volta le spalle all’America - Esiste qualcosa di più americano della Coca-Cola, della Cadillac e del cheeseburger messi insieme? Sì, certo, Superman; il quale però, nell’episodio intitolato The Incident , appena pubblicato sul numero 900 dell’albo Action Comics - laddove aveva fatto la sua comparsa nel lontano 1938 - «si dimette» da statunitense, rinunciando alla cittadinanza. Roba da far strabuzzare gli occhi, anche perché alla Casa Bianca siede il democratico e multilateralista ObaBerlusconi ha ripercorso in tv la sua «speciale devozione» per Wojtyla e ha detto che il Parlamento non dovrebbe mai varare nessuna legge «contraria e negativa» rispetto ai valori cristiani. Roma, intanto, è pronta ad accogliere i pellegrini della Beatificazione. E tornano i Papaboys. ma che invece, stanco delle polemiche al riguardo, ha mostrato proprio in questi giorni il suo certificato di nascita sul suolo Usa, a Honolulu. La ragione dell’impensabile scatto d’ira del supereroe, uno dei simboli per eccellenza dell’orgoglio a stelle e strisce, è lo shampo che gli viene fatto dal governo dopo la sua partecipazione a una manifestazione di protesta (non violenta) a Teheran, contro il regime degli ayatollah. Ma come si permettono con chi ha sempre servito giustizia e verità (e che, al più, teme la kryptonite, e non certo una casta di politicanti)? Isupereroi sono un pilastro della cultura popolare statunitense, e possono essere più muscolari e repubblicani oppure più nevrotici e liberal, ma la loro fedeltà alla nazione non è mai venuta a mancare. American Heroes, innanzitutto, come per l’appunto il loro portabandiera, figlio, come dissero i suoi creatori Jerry Siegel e Joe Shuster, della filosofia quintessenzialmente statunitense di Ralph Waldo Emerson e della sua fiducia nelle capacità illimitate dell’individuo (compendiata nella vicenda dello spaurito Clark Kent che, infatti, evolve in formidabile superuomo). Ecco perché il rifiuto della nazionalità statunitense da parte di Superman suona come un’autentica rivoluzione (o un oltraggio, come dimostrano le reazioni di alcuni intellettuali neocon sui giornali). Nella stagione delle rivolte in Medio Oriente, insomma, la Realpolitik del Dipartimento di Stato ha giocato un brutto scherzo agli interessi Usa, perdendo alla causa la sua arma segreta più potente. Ma i tempi mutano, e dal cosmopolitismo, anch’esso molto All American Boys, del presidente Wilson, Superman sembra così passare al globalismo dei diritti umani e all’interventismo umanitario, «non più cittadino» di un’America orfana del suo ruolo, oscillante tra l’apertura da pari a pari al resto del pianeta globalizzato e i rigurgiti nazionalistici dei Tea party.