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 2011  aprile 26 Martedì calendario

È RECORD DI BOND «SPAZZATURA»

High yield o junk bond? La platea degli investitori tenderà sempre a dividersi fra chi vede nelle obbligazioni societarie con rating più basso un’opportunità da non lasciarsi sfuggire, e chi invece teme di incappare nella classica mela marcia e di perdere così il proprio capitale. Le dispute sul nome da affibbiare ai titoli, bond ad alto rendimento o spazzatura, resteranno. La realtà invece, almeno per adesso, parla di un momento d’oro per questo genere di bond. Le emissioni, per esempio, sono a livello di record: in base ai dati raccolti da Bloomberg, nei primi quattro mesi del 2011 i nuovi titoli high yield collocati sul mercato Usa sono stati pari a 112,6 miliardi di dollari, il 18% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che già si era chiuso con il record storico per vendite sul mercato primario (287,6 miliardi).

Perché le società con merito di credito meno elevato facciano la corsa a raccogliere denaro e molte addirittura per la prima volta (sono 79 le «debuttanti» a stelle e strisce in questi ultimi mesi, anche questo è un record dal 1998) non è difficile da capire. Basta guardare ai prezzi che si pagano per finanziarsi sul mercato: l’indice BofA Merrill Lynch U.S. High Yield Master II indica che i rendimenti dei titoli sono scesi al 7,27% (e anche questo è un minimo storico). Un anno fa il costo per finanziarsi per queste società era all’8,27% e all’apice della crisi post-Lehman addirittura oltre il 20%, logico che da parte dei manager si cerchi di sfruttare l’occasione.

Tanta carta che finisce sul mercato trova dall’altra parte acquirenti ben disposti, almeno fino a questo momento. E anche in questo caso il motivo è chiaro e risiede nel livello ancora estremamente basso dei rendimenti dei titoli di stato: a conti fatti un junk bond Usa offre in media ancora oltre 4 punti percentuali in più rispetto a un Treasury di pari scadenza. Un extrarendimento che fa gola agli investitori, e al tempo stesso un rischio che ai loro occhi vale anche la pena di essere corso perché, di pari passo alla ripresa economica, il tasso di default di questo tipo di società tenderà secondo le previsioni di Moody’s a scendere entro fine anno all’1,8% dal 2,9% attuale e dal 9,5% dell’aprile 2010.

Sotto questo aspetto, alla roulette degli high yield vincono un po’ tutti: le aziende, che si possono finanziare a buon mercato; gli investitori, che in una fase di rendimenti ancora magri possono guadagnare qualcosa in più; e naturalmente le banche, che incassano soldi dalle operazioni di collocamento. Per il momento sono dunque tutti contenti, anche se la storia dimostra che sui mercati finanziari i «pasti gratis» esistono per un periodo limitato e che prima o poi i nodi vengono al pettine.

Gli ottimisti notano che il flusso di dati societari in arrivo in questi giorni con le trimestrali è rassicurante e che la corporate Usa viaggia ancora a passo spedito. Sul piano dei rendimenti si fa inoltre osservare che a metà 2007, con tassi nell’ordine del 7-8% per gli high yield, il differenziale sui Treasury era invece decisamente più basso (2,5%) e che i margini di discesa dei tassi (e quindi di crescita dei prezzi) non sarebbero esauriti.

Il 2007 è però un anno difficile con cui fare i conti, perché dai giorni della fiducia incondizionata a quelli della crisi del secolo il passo è stato breve. Oggi la situazione è sicuramente diversa, ma il rischio che da un momento all’altro il mercato non sia più in grado di «digerire» l’enorme quantità di titoli collocati è sempre concreto. Di sicuro, finché le banche centrali offriranno abbondante liquidità, gli investitori continueranno ad acquistare ogni tipo di attività rischiosa. Proprio per questo la conferenza stampa di domani sera di Ben Bernanke è attesa con una certa trepidazione: con un diverso orientamento della Federal Reserve potrebbe cambiare anche il vento per i junk bond.