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 2011  aprile 19 Martedì calendario

Libero e santo Il mercato è nato cattolico - Una leggenda dura a morire, magi­stralmente elabo­rata da Max Weber in alcune sue cele­bri pagine, indicherebbe nel­l’etica protestante la matrice dello «spirito» del capitalismo

Libero e santo Il mercato è nato cattolico - Una leggenda dura a morire, magi­stralmente elabo­rata da Max Weber in alcune sue cele­bri pagine, indicherebbe nel­l’etica protestante la matrice dello «spirito» del capitalismo. Anche se l’apertura al mercato delle società anglosassoni par­rebbe confermare tale schema, in realtà quella tesi è assai fragi­le, specie si considera il ruolo che negli ultimi secoli del Me­dioevo giocarono i banchieri e i mercanti delle maggiori città dell’Italia centro-settentriona­le e delle Fiandre. Il fatto, dun­que, che in due grandi Paesi cat­tolici come la Francia e la Spa­gna si sia avuto il trionfo di un assolutismo chiuso e anti-mer­catista, con conseguenze anco­­ra oggi rilevanti, appare più l’esi­to di una serie di contingenze che non uno sviluppo necessa­rio. Ben prima di Lutero, insom­ma, il mercato capitalistico si era imposto in varie parti d’Eu­ropa, e certamente sono medie­vali e tardo- medievali anche al­cune tra le riflessioni teoriche più interessanti sul tema. A det­ta di vari studiosi- da Raymond de Roover a Murray Rothbard ­uno degli autori che più ha favo­rito la comprensione dell’eco­nomia libera è stato proprio un santo, Bernardino da Siena, di cui è stata ora pubblicata una raccolta di scritti: Antologia del­le prediche volgari. Economia ci­vile e cura pastorale nei sermoni di San Bernardino da Siena (a cura di Flavio Felice e Mattia Fo­chesato, edizioni Cantagalli, pagg. 240, euro 14). Nei suoi scritti in lingua latina il grande predicatore toscano ha sviluppato analisi raffinate su fondamentali questioni col­locate tra teologia ed econo­mia, anche riprendendo le ri­flessioni di Pierre de Jean Olivi e aprendo la strada all’insegna­mento di sant’Antonino da Fi­renze. Se per lungo tempo que­gli studi sono stati dimenticati, da qualche decennio la prospet­tiva è cambiata. Soprattutto in Italia e negli Stati Uniti è emersa una nuova storiografia, che ro­vescia i cliché weberiani. Come rileva Fochesato nella Prefazione, il ricorrente utilizzo di metafore provenienti dall’at­t­ività dei mercanti mostra quan­to Bernardino fosse vicino alle esperienze dei suoi contempo­ranei impegnati nel commer­cio: non per celebrare l’esisten­te (e anzi i testi contengono più di un’invettiva contro i vizi dei senesi), ma perché l’amore per l’altro implica in primo luogo uno sforzo di comprensione e partecipazione. Valorizzare le relazioni economiche e celebra­r­e l’iniziativa umana non signifi­ca rinchiudere l’uomo entro questo orizzonte. Bernardino mette in guardia dalla tentazio­ne di amare i beni della terra più di quelli del Cielo, ma questo non comporta una perdita di in­te­resse per l’esistenza: è solo un invito a viverla con una diversa intensità. Da qui discende pure una specifica etica degli affari (legata al rifiuto di mentire al­l’acquirente o contraffare le merci),insieme a un modo dav­ver­o peculiare d’intendere la so­cietà. È allora in errore chi conside­ra il capitalismo cattolico come un capitalismo«indebolito»,so­lo perché in questo quadro tut­to quanto l’uomo possiede, in ultima analisi, è di Dio stesso e da ciò discende una decisa re­sponsabilità morale a carico dei possidenti. Nonostante i possi­bili fraintendimenti, da quell’as­sunto non viene un’attenuazio­ne del diritto di proprietà: per­ché­il fatto che tutto debba esse­re orientato a Dio non autorizza nessuno a ignorare i fondamen­tali principi giuridici ( non auto­rizza a espropriare e derubare). Anche il fatto che la valorizza­zione del lavoro creativo opera­ta da Bernardino non sfoci in un’assolutizzazione di tutto ciò non comporta affatto un affievo­limento dell’economia libera. Le esortazioni del santo rinvi­ano invece a un’antropologia ben più ricca di quella che s’è imposta all’interno della scien­za economica, dato che gli eco­nomisti moderni - in parte per ragioni che si possono com­prendere- hanno spesso costru­ito le loro riflessioni su assunti molto elementari. Queste predi­che quattrocentesche ci aiuta­no a capire come l’ordine socia­le da cui è sgorgato il progresso capitalistico di cui tutti siamo beneficiari trovò la propria legit­timazion­e in un quadro di valo­ri dove l’educazione era orienta­ta a fare della persona un sogget­to facile alla cooperazione e pronto alla concordia. Lo scena­rio è quello di uomini che non celebrano le istituzioni giuridi­che, ma si limitano a riconosce­re in esse le utili condizioni per lo sviluppo di rapporti davvero umani e, senza dubbio, della stessa virtù della carità. In un bel passo, Bernardino commenta i celebri affreschi di Ambrogio Lorenzetti e sottoli­nea che soltanto dove la guerra e i conflitti sono evitati è possibi­le che gli affari si sviluppino: «Voltandomi a la pace, veggo le mercanzie andare a torno, e veg­go balli, veggo racconciare le ca­se, veggo lavorare vigne e terre, seminare, andare a’ bagni a ca­vallo, veggo andare le fanciulle a marito, veggo le gregge de le pecore». L’enfasi sulla pace e sul suo rapporto con il libero mercato è un tema ricorrente nella riflessione teorica degli au­tori che più hanno valorizzato società libera e commercio: da Montesquieu a Constant, da Cobden a Bastiat, a Spencer e a molti altri. Ma quel nesso era già chiaro nella Siena del Loren­zetti e di Bernardino.