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 2011  aprile 19 Martedì calendario

Il prezzo della libertà La primavera araba ci costa 174 miliardi - La rivoluzione ha un co­sto e dietro agli ideali che han­no portato in piazza milioni di persone in questi mesi, il dena­ro ha svolto fin dall’inizio un ruolo, all’origine e nei destini delle rivolte

Il prezzo della libertà La primavera araba ci costa 174 miliardi - La rivoluzione ha un co­sto e dietro agli ideali che han­no portato in piazza milioni di persone in questi mesi, il dena­ro ha svolto fin dall’inizio un ruolo, all’origine e nei destini delle rivolte. I paesi arabi, che in questi mesi hanno vissuto sconvolgimenti epocali, sono ora alle prese con numeri e per­ce­ntuali che raccontano un ar­resto economico rischioso per la regione ma anche per il resto del mondo. Durante il fine settimana, i vertici della Banca mondiale hanno fatto sapere che «un ag­gravarsi delle condizioni in Me­dio oriente e Nord Africa po­trebbe far deragliare la crescita mondiale» e costare centinaia di miliardi di dollari. Le rivolte popolari che tra gennaio e mar­zo hanno fatto cadere i regimi di Tunisia ed Egitto e diviso la Libia in due hanno avuto per ora un consistente effetto sol­tanto sulle economie locali e se la situazione rimanesse stabi­le, dicono gli esperti della Ban­ca mondiale, non ci sarà conta­gio. Secondo i dati dell’organiz­zazione, la crescita economica di Tunisia ed Egitto è scesa que­st’anno rispetto alle aspettati­ve di circa tre punti, attestando­si rispettivamente a 1,5% e 2,5%. Ma se la situazione politi­ca peggiorasse e «se i prezzi del petrolio dovessero aumentare fortemente e in maniera dura­tura, la crescita mondiale po­trebbe rallentare di 0,3 punti percentuali nel 2011 e di 1,2 punti nel 2012». L’impatto del­le rivoluzioni arabe in termini di minor ricchezza prodotta nel mondo potrebbe quindi tra­dursi in una perdita di 174 mi­liardi di dollari quest’anno. Per il ministro delle Finanze tunisino, Jaloul Ayed, che ha parlato pochi giorni fa a un fo­rum economico a Washin­gton, il destino delle rivolte de­mocratiche arabe dipende an­che dalla ripresa economica. Le rivoluzioni si fermeranno soltanto «se la democrazia si tradurrà in benessere», ha det­to. A innescare l’onda di dissen­so infatti è stata a dicembre la morte di un giovane venditore ambulante tunisino che si è da­to fuoco per protestare contro la confisca da parte delle autori­tà del suo carretto di verdure. Dopo la rivoluzione, l’econo­mia tunisina - dipendente dal turismo e dagli investimenti stranieri-crescerà soltanto del­l’uno o 2% entro la fine del 2011. L’anno scorso era salita del 3,7%, secondo il governato­re della Banca centrale nazio­nale, Mustafa Nabil. E in Egitto, dove ieri il popolare mercato di Khan el Khalili, regno dei turi­sti e dei vacanzieri, era semi de­serto, l’economia è cresciuta soltanto del 2,5% rispetto al 5,3 dell’anno scorso. In marzo, il turismo è crollato del 60% men­tre i prezzi del cibo sono saliti del 48%. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha già promesso lo stanziamento di 150 milioni di dollari in aiuti al Cairo. Le sorti della Libia in cui si sta combattendo una guerra tra le forze del colonnello Moam­mar Gh­eddafi e dei ribelli arroc­cati nella parte est del Paese so­no fondamentali per capire l’andamento del prezzo dei pe­trolio nei prossimi mesi. Il Pae­se è il più grande produttore dell’Africa ed esportava prima della crisi 1,6 milioni di barili al giorno. Se il prezzo del greggio è destinato a influenzare la cre­scita globale, come rivelato dal­la Banca mondiale, anche la battaglia sul fronte e l’interven­to della Nato hanno un costo preciso sulle casse dei Paesi al­leati. Il Pentagono ha rivelato la settimana scorsa che l’opera­zi­one in Libia è costata alla Dife­sa americana dal 19 marzo al 4 aprile 608 milioni di dollari. Per il nostro Paese, la crisi libi­ca ha un costo anche a causa dell’emergenza immigrazio­ne. Secondo gli ultimi dati del­le Nazioni unite, da quando è scoppiata la rivolta libica 500mila persone hanno lascia­to il Paese. Dall’inizio dell’an­no, dopo gli eventi tunisini, egi­ziani e libici, sono 25mila i clan­des­tini approdati sulle coste ita­liane. Ogni immigrato ospitato nei Cie sul territorio costa allo Stato 45 euro al giorno in vitto, alloggio e assistenza sanitaria. Il governo ha assegnato al Fon­d­o della protezione civile 30 mi­lioni di euro per far fronte al­l’emergenza.