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 2011  aprile 20 Mercoledì calendario

LE PROFESSIONI LIBERALI E IL MANDATO PARLAMENTARE

Non condivido quanto da lei affermato sul Corriere dell’ 11 aprile: «È arrivato il momento di stabilire che l’esercizio di una qualsiasi professione privata non è compatibile con il mandato parlamentare» . Ma quale professionista affermato rinuncerebbe al suo lavoro per diventare parlamentare? Forse lei auspica un parlamento popolato di netturbini in aspettativa?! Quanto al conflitto di interessi, se la moglie del netturbino è un avvocato che assiste il presidente del Consiglio a difendersi con le leggi, dalle azioni giudiziarie che lo concernono, come risolviamo il caso? Forse eliminando dal Parlamento anche i netturbini? Sarebbe ora di finirla con queste patetiche discussioni. I conflitti di interesse sono diffusissimi in ogni campo. Pensi a quanti magistrati hanno sposato avvocati. È vero che non possono lavorare nello stesso tribunale, ma si conoscono tutti e hanno tutti consapevolezza della situazione.
Maria Teresa Dadduzio
larovere. mt@aliceposta. it
Cara Signora, nelle maggiori democrazie gli avvocati in Parlamento sono sempre stati numerosi e la loro presenza, insieme a quella dei membri di altre professioni liberali, garantiva alle istituzioni il continuo contributo della società civile. Anch’io sono convinto che la burocratizzazione dei partiti e la professionalizzazione della politica rendano i parlamenti meno liberi e i dibattiti più prevedibili. Ma dagli anni in cui i rappresentanti delle professioni arricchivano il dibattito politico, vi sono stati almeno due importanti cambiamenti. In primo luogo le condizioni economiche del parlamentare sono cambiate. Era giusto che fosse autorizzato a esercitare la sua professione quando aveva diritto, tutt’al più, a una modesta indennità. È meno comprensibile che possa continuare a fare il suo mestiere quando gli viene assicurata, per rappresentare il suo collegio, una larga gamma di benefici: salario, indennità per i collaboratori, rimborso di alcune spese, pensione. In secondo luogo i parlamenti, negli ultimi decenni, hanno enormemente esteso l’area dei loro interventi. Non vi è ormai materia, dall’edilizia alla sanità, dagli albi professionali ai contratti agricoli, dalla sicurezza nelle fabbriche al traffico stradale e ferroviario, dall’insegnamento alla formazione tecnica, in cui l’esecutivo e il legislativo non siano chiamati a intervenire con norme inevitabilmente destinate a limitare alcuni diritti individuali, a creare aspettative e a finire, prima o dopo, nelle aule dei tribunali. Sono materie che interessano, in un modo o nell’altro, avvocati, notai, ingegneri, professori universitari, architetti, pubblicisti e periti di varie competenze. In uno Stato corporativo questi sarebbero in parlamento quali rappresentanti delle loro associazioni professionali. In una democrazia parlamentare devono rappresentare i loro elettori, non i loro clienti. Sono queste, cara Signora, le ragioni per cui l’esercizio della professione dovrebbe, a mio avviso, essere sospeso per la durata del mandato. Lei ha ragione quando osserva che il conflitto d’interessi può manifestarsi anche attraverso i legami familiari. Ma il fatto che una legge non possa evitare tutti i conflitti d’interesse non dovrebbe impedirci dal cercare di evitare, per quanto possibile, quelli più gravi e visibili.
Sergio Romano