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 2011  aprile 20 Mercoledì calendario

L’ADDIO (IN TUTA) DI FIDEL: «BASTA CON I LEADER A VITA» —

E’l’immagine dell’eternità del potere, pitturata a fresco. I due fratelli seduti uno al fianco dell’altro, Fidel in silenzio a prendere appunti, tuta sportiva Fila su camicia scozzese grigia; Raúl in guayabera bianca, tirato come in un romanzo di García Márquez, loquace e sorridente. Gli eterni Castro, senza più l’uniforme verde oliva che hanno vestito per mezzo secolo: tanto era imperiosa sul corpo slanciato del líder máximo, quanto appariva truce nell’eterno numero due, capo dell’esercito dall’età di 29 anni, il duro del regime. Il cambio di look dei due ottuagenari non è casuale, visto che assomiglia molto alla ricetta presentata per la Cuba dei prossimi anni: il sistema non muta, il socialismo è «irreversibile» , ma ora è autorizzato a vestirsi di nuovo. Gli uomini della vecchia guardia restano tutti, fino a soluzione biologica, si teme, perché la ricerca di successori di valore non è finita. Fidel Castro lascia anche l’ultima carica, quella di segretario del partito comunista, ma resta padre nobile, «militante semplice e soldato delle idee» . Resta l’unico, naturalmente, a strappare il boato e le lacrime delle delegate di provincia quando appare a sorpresa alla sessione finale del Congresso del Pcc, e poi alza il braccio del fratello nel gran finale, mentre la platea canta l’Internazionale. Ma non dice una parola. Alle ovazioni è abituato, muove leggermente la testa, punta l’indice sul mento barbuto, in un suo gesto caratteristico. Ogni tanto borbotta qualcosa al fratello, che annuisce. Non dovrebbero, ma sembrano ancora ordini, come dal 1953 in poi. In mattinata, sul sito web del regime, Fidel aveva messo il timbro definitivo, approvando le riforme proposte da Raúl al congresso. Soprattutto, scrive l’ex presidente, vedo con molto interesse la proposta di limitare a due mandati di cinque anni le alte cariche dello Stato e del partito. Riforma della quale gli effetti sono rimandati. Il numero due del partito dopo Raúl è José Machado Ventura, e poi viene Ramiro Valdez, successione interna, senza alcuna sorpresa. I due hanno rispettivamente 81 e 79 anni, ed erano sulla Sierra Maestra con i Castro. Il Politburo (3 nomi nuovi su 15) e il comitato centrale restano zeppi di militari e anziani. Raúl ha ribadito che il ricambio avverrà nel prossimo quinquennio, stesso tempo indicato per le riforme economiche. Su queste Fidel Castro non ha speso una parola. Pare adeguarsi. Quando, dopo la caduta dell’Urss e con i cubani alla fame, fu costretto ad aprire all’iniziativa privata lo fece male e controvoglia. Ai piccoli ristoranti e agli affittacamere vennero poste tali limitazioni che la maggioranza chiuse in pochi mesi. Qualcosa di simile avvenne in molte joint-venture con gli stranieri. Raúl è sempre apparso più convinto e meno ideologico del fratello, ma la frase chiave della svolta di questi giorni proclama che «occorre aggiornare il modello economico al fine di dichiarare il carattere irreversibile del socialismo» . Gattopardismo tropicale? «Non possiamo fare miracoli dall’oggi al domani, le riforme andranno al ritmo che richiedono le circostanze oggettive» , dice Raúl. E’ancora marxismo-leninismo puro nell’enunciato, così come nelle espressioni che parlano di autocritica, critica costruttiva e rettifica. Ai cubani che vogliono sapere quando potranno comprare e vendere una casa e soprattutto quando smetteranno di guadagnare 15 euro al mese, per poi arrangiarsi illegalmente per mangiare e vestirsi, non sono arrivate risposte. Però il cambio del quadro normativo è innegabile e può innescare di tutto. L’iniziativa privata non è più l’eccezione, non è appena tollerata, ma diventa un braccio dell’economia a fianco di quella statale. Saranno benvenuti nuovi investimenti dall’estero. Quanto e come si vedrà.
Rocco Cotroneo