Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 19 Martedì calendario

L’INDIFFERENZA E IL FRASTUONO

Soffro di indigestione di cattive notizie, non ce la faccio più a guardare i telegiornali con i reportages dalla Libia, da Lampedusa, e dal Giappone, che la tragedia ci fa sentire sempre più vicino. Un moto di ribellione impotente mi prende, le bombe, le case sventrate, le città distrutte, le auto incendiate, i morti e soprattutto i feriti, le sofferenze che non si vedono e quelle che non riusciamo neppure a immaginare, tutto questo è insopportabile, rende la vita insopportabile. Come si fa a vivere come prima quando vedi quei barconi stracolmi di disperati, quell’isola che sembra anch’essa un barcone, quelle persone ammucchiate dietro le reti come cani in un canile, come si può continuare a leggere libri, a scrivere parole e pensieri, a prendere un caffè a un tavolo in una piazza in queste belle giornate di primavera avanzante, come si fa mentre tanti disastri ci vengono sbattuti in casa e noi lì, seduti sul divano, a guardare chi ha perso tutto, la casa, la famiglia, tutto. Come si può sopportare?
In Giappone i ciliegi sono in fiore, dopo lo tsunami di nuovo come ad ogni stagione gli alberi si imbiancano, e la «neve sottile» che incantava Tanizaki torna a cadere dai rami. La Natura è così, con la stessa indifferenza distrugge e fiorisce, semina morte e poi ci dice che tutto rinasce. Tutto è lasciato al caso, nasce e muore per caso. Devo citare Leopardi? Anche la guerra e le vicende della guerra sembrano nascere per caso ed essere dominate dal caso. Prima la politica cercava di spiegare le cause, i perché di una guerra, le motivazioni, e se non ce la faceva se le inventava e le sosteneva con la propaganda, insomma c’era sempre una ragione che veniva scovata. Ma questa volta non si riesce a trovare niente. Perché siamo in guerra? Come va la guerra? Chi vince? Chi perde? Chi spara su chi? Cosa ci si aspetta mentre morti e feriti aumentano? Di questo nulla si sa. E delle rivolte in Egitto, in Tunisia, di quei giovani che chiedevano libertà e democrazia, cosa si sa?
Molti, moltissimi, se ne vanno via coi barconi, verso l’Europa, e la rivoluzione se la lasciano alle spalle. Come si fa a fare una rivoluzione andandosene via sul più bello, lasciando le cose come stavano? Anche questo non si capisce. Non credono più a quello che gridavano pochi giorni prima nelle piazze? Ma no, al Cairo ritornano a protestare, e in Libia Gheddafi guadagna terreno, e la situazione è sempre fluida, è sempre incerta, e nulla si sa. E nulla di preciso si sa della Siria, dello Yemen, del Bahrein, della Costa d’Avorio, nulla, solo morti e feriti, quelli sono certi, solo il loro numero è incerto.
Mentre tutto questo accade, mentre tutto questo noi vediamo in tivù, nella stessa trasmissione si parla di Ruby, di bunga bunga, ci accapigliamo, moralizziamo, pettegoliamo, facciamo gli spiritosi con le vignette, le barzellette, la satira, si ride, si applaude con conforme spirito partigiano, il battibecco sostituisce il dialogo, e tutti avvertono che il limite è stato superato, tutti dicono di abbassare i toni, e mentre lo dicono hanno le voci alterate, e mentre lo dicono di nuovo si accende la rissa. Pubblicità, devo interrompere, pubblicità...
Raffaele La Capria