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 2011  aprile 20 Mercoledì calendario

DA CHOPIN AI BEATLES COSÌ LA MUSICA CI EMOZIONA

Mentre Paul Simon stava provando una delle sue canzoni preferite, "Darling Lorraine", che parla di un amore che inizia rovente ma pian piano si raffredda, si è ritrovato a riflettere su uno schema ritmico di tre note, verso la fine, nel momento in cui Lorraine si ammala e muore. Simon ha detto: «La canzone ha come sottofondo continuo una successione di tre note, che prosegue per l´intero brano. Ma a un certo punto volevo che si interrompesse, perché la storia di colpo diventa molto seria. Interrompere un sound o i ritmi è importante. Se invece si lascia che la cosa continui all´infinito alla fine perde di efficacia».
Un´intuizione come questa può sembrare puramente soggettiva, distante da qualsiasi cosa uno scienziato possa essere in grado di analizzare e quantificare. Invece, alcuni studiosi si propongono di fare proprio questo: cercare di comprendere e quantificare che cosa renda la musica espressiva. I risultati delle ricerche stanno contribuendo a farci comprendere molto meglio il funzionamento del cervello e l´importanza che la musica ha nello sviluppo dell´essere umano.
A comunicare vera emozione potrebbero non essere la melodia né il ritmo, bensì i momenti in cui i musicisti apportano lievi modifiche ai loro schemi. Daniel J. Levitin, direttore del laboratorio per la percezione della musica presso la McGill University di Montreal, ha iniziato a porsi alcune domande sull´espressione musicale analizzando uno ad uno gli elementi dell´espressione musicale in modo scientifico. Ha fatto suonare a un pianista alcuni Notturni di Chopin su un pianoforte dotato di sensori sotto a tutti i tasti, per registrare quanto a lungo tenesse premuta ogni singola nota e quanto forte pigiasse ogni singolo tasto. I dati raccolti nota dopo nota sono interessanti, perché i musicisti di rado suonano la musica proprio come compare sullo spartito, ma la interpretano aggiungendo la loro personalità. La registrazione del pianista è diventata l´esecuzione considerata di base. Poi i ricercatori hanno iniziato a manipolarla in diverse versioni.
Ad alcuni soggetti, poi, sono stati fatti ascoltare i brani originali e variati in ordine casuale, facendo loro assegnare un punteggio in funzione delle emozioni derivate dall´ascolto. Tutti gli ascoltatori hanno trovato più ricca di emozioni la versione originale e molto meno emozionanti le altre. Tutto ciò ha senso per Paul Simon: «Trovo affascinante che la gente si accorga di quale sia la versione originale, e che quella sia il massimo. La gente avverte il tocco umano». I risultati dello studio di Levitin indicano che quanto più numerosi sono gli elementi sorpresa in un brano, tante più emozioni percepiscono gli ascoltatori, ma solo se i momenti particolari hanno una loro logica. Secondo la cantante Rosanne Cash le sperimentazioni hanno mostrato che l´emozione nella musica dipende dalle imperfezioni umane. La Cash racconta di aver imparato dal padre Johnny che «lo stile è una funzione dei tuoi limiti, più che una funzione delle tue capacità. Se come cantante hai dei limiti, forse sarai costretto a trovare una sfumatura in un modo al quale non ricorreresti se potessi cantare con un´estensione di quattro ottave».
Si è appurato che il cervello elabora le sfumature della musica in molti modi. Edward W. Large, musicologo della Florida Atlantic University, ha effettuato risonanze magnetiche al cervello di alcune persone mentre ascoltavano due versioni di uno Studio di Chopin, il primo inciso da un pianista, il secondo limitato alla riproduzione testuale di quello che scrisse Chopin, senza variazioni nel ritmo e nella dinamica. Durante la performance originale, le aree cerebrali connesse all´emozione si sono attivate molto più che nella versione priva di alterazioni.
Gli studi di Levitin e Lange hanno riscontrato che il ritmo delle note è più importante del loro volume. Paul Simon suona con ritmo costante. «Ho un sesto senso per il ritmo, e so quando è necessario dargli intensità e quando abbandonarlo». E Geoff Emerick, tecnico del suono dei Beatles, dice: «Spesso quando registravamo brani ritmati dei Beatles, capitava di commettere un errore. Quando lo si analizzava si scopriva che di fatto "suonava" bene e quindi proseguivamo tenendone conto. Quando tutto è perfettamente ritmato e a tempo, l´orecchio o la mente tendono a ignorarlo, proprio come si ignora il ticchettio della sveglia in camera da letto. Dopo un po´, non ci si fa più caso».
(Traduzione di Anna Bissanti
Copyright New York
Times-La Repubblica )