Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 20 Mercoledì calendario

CUBA SBLOCCA LA VENDITA DI CASE

Adiós Fidel. A 84 anni, dopo una lunga, onorata e decorata carriera rivoluzionaria il lider maximo lascia l’incarico di primo segretario del Partito comunista cubano (Pcc). Se ne va appoggiando un corposo programma di riforme economiche. Se ne va, chi lo avrebbe mai detto, rilasciando dichiarazioni fortemente critiche. «Sono convinto che il destino del mondo - scrive Fidel Castro su Cubadebate.com - potrebbe essere molto diverso senza gli errori commessi dai capi rivoluzionari che hanno brillato per talenti e meriti». Se ne va, questo sì era prevedibile, con un’interminabile ovazione dei mille delegati presenti a L’Avana. Ora tocca a Raul, sarà lui a succedergli. Il burocrate, il cinese, el hermano, sono tanti i soprannomi che i cubani gli hanno affibbiato. Settantanove anni, una vita all’ombra di Fidel, ora è sotto i riflettori della politica internazionale caraibica ma non solo.

Si chiude così il VI Congresso del Pcc, con un cambio al vertice e l’annuncio di riforme economiche. Il sipario cala con l’inno dell’Internazionale socialista cantato dai delegati davanti alla commozione di Fidel. Lui non ha detto una parola, sono bastate quelle di Raul: «Fidel è sempre Fidel e non ha bisogno di nessuna carica per avere sempre un posto importante nella storia, nel presente e nel futuro del Paese». E poi ancora: «Finché avrà energia - e per fortuna è nella pienezza del suo pensiero politico - dalla sua modesta condizione di militante del partito e soldato delle idee continuerà a lavorare per la lotta rivoluzionaria».

Le riforme, appunto. I "lineamenti" delle riforme proposte dal Governo presieduto da Raul e approvati dal VI Congresso sono di grande impatto: apertura agli investimenti stranieri, pur sotto il controllo dello Stato, decentralizzazione del potere, maggiore autonomia alle regioni e alle province, drastici tagli della spesa pubblica, riduzione del numero degli impiegati statali, (si parla di un milione di posti di lavoro in meno) revisione dei sussidi elargiti dalla Stato. Sono più di trecento i provvedimenti contenuti nei "lineamenti".

Negli annunci anche la compravendita delle abitazioni tra i privati, una decisione che potrebbe smantellare la linea di trasmissione della proprietà dai genitori ai figli e procedere verso la realizzazione di un vero e proprio mercato immobiliare. Anche se, è stato specificato da Raul, non saranno consentite concentrazioni proprietarie.

Una vera revolucion, rifondata su principi che parrebbero liberisti. Sì, parrebbero, perché Raul ha ribadito di assumere la sua ultima carica di primo segretario con la ferma intenzione «di difendere e migliorare il socialismo e non permettere mai il ritorno del regime capitalista». La svolta, va ricordato, è stata proclamata da tempo, ben prima del settembre scorso quando lo stesso Fidel ha rilasciato un’affermazione pesante a un giornalista americano di The Atlantic: «Il comunismo non funziona più neanche a Cuba».

Di riforme si parla dai primi anni Novanta, all’inizio del periodo especial, la profonda crisi economica seguita al crollo dell’Unione sovietica. Da quel momento Mosca non ha più inviato aiuti a L’Avana. Negli ultimi anni sono state concesse 170mila licenze ai cuentapropistas, lavoratori autonomi, piccoli artigiani, ristoratori, barbieri, fruttivendoli. Il problema è la piena attuazione delle riforme, sempre incompiuta e schiacciata dagli occhiuti ispettori del regime. Questioni irrisolte, al di là dei proclami e dei congressi, finché governa la Castrocrazia, che paradossalmente deve risolvere un altro problema: la resistenza dei cubani ad abbandonare la libreta (la tessera annonaria che dà diritto al cibo quasi gratuito) e i servizi sociali garantiti da cinquant’anni.